Via Crucis dei cristiani Quattordicesima stazione: i 21 copti martiri (ISIS)
A febbraio 21 cristiani copti, tutti operai di nazionalità egiziana, sono stati decapitati in Libia dai combattenti dello Stato Islamico che li avevano rapiti alcune settimane prima nella città di Sirte. Sono morti invocando Gesù, il sigillo del loro martirio.
L'idea nasce nella diocesi di Ivrea: una Via Crucis dedicata ai cristiani perseguitati nel mondo, in cui ogni stazione corrisponde a un caso, a una comunità cristiana colpita, a un Paese. E noi vogliamo riprendere questa idea e proporre ogni giorno, fino al Venerdì Santo, una storia di un cristiano o di un gruppo di cristiani. Una storia di persecuzione, ma anche di testimonianza di fede. Perché così sperimentiamo la comunione con i nostri fratelli, possiamo pregare per loro e anche imparare da loro a vivere la fede nelle circostanze che Dio ci dona; e desiderare la nostra conversione più di ogni altra cosa.
A febbraio 21 cristiani copti, tutti operai di nazionalità egiziana, sono stati decapitati in Libia dai combattenti dello Stato Islamico che li avevano rapiti alcune settimane prima nella città di Sirte. Il video dell’esecuzione diffuso il 16 febbraio dai jihadisti li mostra vestiti con tute arancione, inginocchiati uno accanto all’altro su una spiaggia, ciascuno con alle spalle un uomo mascherato vestito di nero. La decapitazione è stata simultanea.
Una didascalia accompagnava il video per spiegare che erano stati condannati a morte a causa della loro fede: “Gente della Croce, seguaci dell’ostile Chiesa egiziana”. Dal movimento delle loro labbra, si è capito che alcuni sono morti invocando il Signore, Gesù Cristo. “Il nome di Gesù è stata la loro ultima parola – ha detto il vescovo di Giza, monsignor Antonios Mina – come i primi martiri della Chiesa si sono rimessi nelle mani di Colui che poco dopo li ha accolti. Quel nome, sussurrato negli ultimi istanti di vita, è stato il sigillo del loro martirio”. Il governo egiziano ha disposto la costruzione di una chiesa dedicata ai 21 martiri copti a Minya, la città da cui provenivano quasi tutte le vittime.
Lo Stato Islamico fondato da Abu Bakr al Baghdadi in Siria e Iraq si estende ormai ai territori di altri stati: il Sinai, in Egitto, il Jebel Chambi in Tunisia, le città di Derna e Sirte, in Libia, dove da mesi le nere bandiere del Califfato sventolano sugli edifici pubblici. Esponenti della comunità cattolica hanno deciso tuttavia di restare in Libia. “Siamo rimasti in pochi – diceva a febbraio all’agenzia Fides monsignor Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli – per la maggior parte si tratta di infermiere filippine che hanno deciso di rimanere perchè in città c’è estremo bisogno di assistenza medica. È per loro che resto. Come ho detto molte altre volte, finchè in Libia c’è anche un solo cristiano, io resto”.
- PRIMA STAZIONE: SALEM MATTI KOURK (IRAQ)
- SECONDA STAZIONE: KIM SANG-HWA (COREA DEL NORD)
- TERZA STAZIONE: ASIA BIBI (PAKISTAN)
- QUARTA STAZIONE: ZAKARIA JADI (NIGER)
- QUINTA STAZIONE: I CRISTIANI DI KO HAI (LAOS)
- SESTA STAZIONE: DOUGLAS OCHWODHO (KENYA)
- SETTIMA STAZIONE: HIKKADUWA (SRI LANKA)
- OTTAVA STAZIONE: WERNER GROENEWALD (AFGHANISTAN)
- NONA STAZIONE: SANJEEVULU (INDIA)
- DECIMA STAZIONE: BOGOR (INDONESIA)
- UNDICESIMA STAZIONE: MAIDUGURI (NIGERIA)