«Vi spiego i legami tra la Sindone e il Salvatore del Bernini»
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Due volti «sovrapponibili quasi perfettamente, anche nei segni delle percosse subite», come «lo zigomo gonfio, il naso distorto». Daniela di Sarra, specializzata in foto di opere d’arte, spiega alla Bussola come Bernini, per il suo Salvator Mundi, si sia ispirato alla Sindone.
Daniela di Sarra, fotografa e umanista, specializzata in foto di opere d’arte, è ormai nota per aver sdoganato una pista che lega Gian Lorenzo Bernini alla Sindone di Torino.
Bernini, il Salvatore e la Sindone (Gangemi Editore, 2023) è il testo che da poco ha dato alle stampe e con il quale Daniela di Sarra ha inseguito ambiziose ricerche al fine di dimostrare come il Bernini abbia potuto plasmare sui lineamenti del volto della Sindone il suo ultimo capolavoro, quello che restituisce “vivo” alla contemplazione del pubblico l’Uomo dei Dolori. La Nuova Bussola ha intervistato l’autrice del libro.
Daniela di Sarra, lei racconta come tutto sia iniziato nel 2016. Cos’è accaduto quell’anno?
Nel 2016, ero a San Sebastiano fuori le Mura, per una mostra fotografica. Il tema era la bellezza come via all’Assoluto. Ebbi l’occasione di osservare da vicinissimo il busto del Salvatore del Bernini. Due cose mi saltarono all’occhio: aveva un numero di espressioni stupefacenti per quello che è un viso di marmo, ma soprattutto mi sembrava di averlo già visto. Ne nacque una doppia ricerca: fotografica e storico-artistica.
Che cosa emerse?
Appurai che il volto della Sindone era il medesimo di quello rappresentato da Bernini. I due volti erano sovrapponibili quasi perfettamente, anche nei segni delle percosse subite e nella straordinaria bellezza regale, maestosa. Solo che il volto di marmo sembrava vivo. Del resto, Bernini era famoso per i “ritratti vivi”, i “ritratti che respirano”. Avrei poi scoperto che Bernini aveva avuto un forte interesse per la Sindone e che aveva avuto occasione di vederla.
Quali parti del volto della Sindone sono più chiaramente riscontrabili nel Salvatore di Bernini?
L’immagine sindonica è perfettamente sovrapponibile al Salvatore di Bernini. Nel marmo sono riscontrabili anche gli stessi segni delle percosse, lo zigomo gonfio, il naso distorto. All’inizio cercavo i punti di congruenza fra le due immagini, ma ne trovavo troppi. Per questo controllai l’intera sovrapposizione dei due volti, che del resto è una cosa facilmente verificabile da chiunque sappia cosa cercare. Rimasi scioccata constatando la sovrapposizione.
Possibile che il Bernini conoscesse la Sindone?
La ricerca che ho condotto e che si trova nel libro, al capitolo «Il viaggio», dimostra che Bernini era a Torino nel 1665, come ospite specialissimo - per la sua fama oltre che per la sua missione diplomatica nel contesto della grave crisi fra Santa Sede e Regno di Francia. In quella circostanza c’era un’ostensione straordinaria della Sindone.
Quale rapporto, allora, tra Bernini, il Salvatore e la Sindone?
Bernini era un uomo di altissima spiritualità. Aveva una forte devozione per la Sindone, che credeva fermamente essere il lenzuolo che aveva avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro. Quando riprese il Volto del Salvatore da quello sindonico, riteneva di fare il vero ritratto di Cristo vivo e risorto. Filippo Baldinucci, incaricato dalla Regina Cristina di Svezia di redigere una delle biografie dell’artista, disse che in esso «pose tutti gli sforzi della sua umana pietà». La stessa regina, nel suo testamento, la definisce «una delle opere più splendide del maestro» e la destina al Papa in quanto vicario di Cristo.
Cosa mise di più il Bernini nel busto del Salvatore rispetto ad altre opere?
Il Salvatore è l’apice della sua arte del ritratto. È riuscito a far vedere ampiamente come il regno di Gesù non è un regno di questo mondo, come aveva detto a Pilato, ma è un regno di luce, di speranza, di gioia, di verità, di vita. Gli angeli del basamento (perduto) che si velavano le mani con una sindone, rimandavano alla sacralità dell’immagine e al rapporto del Risorto con la Sindone e di Bernini con entrambi.
Com’è possibile che un’immagine bidimensionale su un antichissimo lenzuolo ingiallito e quella di una statua di marmo a tutto tondo di fine Seicento possano collimare perfettamente?
Bernini aveva già fatto almeno due ritratti in marmo, quindi a tutto tondo, riprendendoli da dipinti: i busti di Richelieu e del re Carlo I d’Inghilterra. Quindi questa condizione rappresentava per lui un problema già risolto in passato. Va anche detto che ai tempi del Bernini, la Sindone era molto più leggibile di oggi, perché il Telo era meno ossidato, e quindi conservava meglio il contrasto con l’immagine impressa, e anche perché era stato esposto per meno tempo ad agenti contaminanti come ad esempio il fumo di torce e candele. Bernini diede prova del suo strabiliante genio, della sua conoscenza della biometria e della fisiognomica, riprendendo il volto direttamente dal Telo.
Ci sono altre immagini del Volto di Cristo confrontabili con questa e con la Sindone?
Oh, sì. Molti hanno tratto spunto dalla Sindone per l’immagine del Volto di Cristo, che del resto è stato il viso più ricercato, il più amato e il più contestato di tutti i tempi. Ne troviamo esempi nelle monete bizantine, nei mosaici di Bisanzio e della Sicilia, nel Beato Angelico, in Benozzo Gozzoli, perfino in una croce gemmata del 1006: è una piccola scoperta del mio libro e che, con la sua data certa di fabbricazione, sconfessa anch’essa la datazione medievale della Sindone stabilita con il metodo del carbonio 14, che recentemente il gruppo di ricerca Casablanca, Marinelli, Pernagallo, Torrisi, presso l’Università di Catania, ha dimostrato scientificamente essere errata.
Sembra quasi che l’icona sindonica sia stata prodotta prevedendo un tempo in cui ci sarebbero stati la fotografia e il computer.
È assolutamente affascinante e dovrebbe spingere ognuno di noi a una profonda riflessione. Perché la Sindone si rivela solo ora a noi, figli di una società sconvolta nelle sue certezze? E ancora: perché pare che l’immagine si sia impressa – per dirla semplicemente – con un fortissimo e brevissimo flash di una luce intensissima, che ancora oggi non possiamo riprodurre? Perché il suo stupefacente negativo si è reso manifesto solo nel 1898 con la fotografia? Perché ha in sé elementi di tridimensionalità, rilevabili solo in via informatica? Quante scoperte ancora ci attendono!
Bernini si ispirò alla Sindone per scolpire il Re dei Re
La fotografa Daniela di Sarra aveva notato una sorprendente somiglianza fra il viso del Salvatore, del Bernini, e il volto dell'Uomo della Sindone. Sovrapponendo le due foto, ha dimostrato che le due immagini collimavano quasi perfettamente. Bernini si è ispirato alla Sindone per la sua ultima scultura, per prepararsi a una buona morte.