Verde, rosso e marrone: quei tre libretti di don Gius
Il compito del cristiano è testimoniare Cristo nella carità, nella missione e nella cultura, perché «la cultura cristiana indica il punto di vista definitivo sulla vicenda della nostra esistenza e del cosmo». Lo ricordava don Luigi Giussani ai suoi ragazzi, dai primi anni Sessanta in tre preziosi libretti: verde, rosso e marrone.
Caro direttore,
quando, nei primi Anni ‘60, padre Cocagnac venne invitato da Gioventù Studentesca a tenere a Milano un concerto delle sue belle canzoni, egli così si espresse circa l’esperienza che aveva incontrato: «la “Gioventù Studentesca” di Milano non è un gruppo di studenti come gli altri. É un miscuglio omogeneo di Pentecoste e di terremoto». E, in effetti, era proprio così. La presenza travolgente della persona del servo di Dio don Luigi Giussani provocava in molti un moto irresistibile di adesione ad una proposta che metteva in gioco la libertà di ciascuno, che si esprimeva nell’adesione entusiasmante alla comunità ed in un fervore operativo, che esprimeva senza mediazioni la gioia di avere incontrato Cristo e la Sua Chiesa.
Già nei primi libretti si dava ragione di questa esperienza. Il primo, che per noi era quello “verde”, si intitolava Gioventù Studentesca. Riflessioni sopra un’esperienza e venne pubblicato nel 1959. Fu per tutti noi un riferimento entusiasmante per ciò che stavamo vivendo. Esso iniziava con una parola missionaria: «il richiamo cristiano deve essere deciso come gesto, elementare nella comunicazione, integrale nelle dimensioni, comunitario nella realizzazione». Nello spiegare questi aspetti dell’impegno cristiano, don Giussani richiamava con insistenza i temi della libertà e della adesione personale, invitandoci ad aderire a quella presenza che vedevamo di fronte a noi. A proposito di libertà, veniva scritto che «è alla persona singola e inconfondibile che il richiamo cristiano si rivolge. Più precisamente, è alla sua libertà che esso si propone… Esso perciò deve voler andare diritto alla libertà di coloro cui si rivolge. E questo implica un’accanita esigenza di suscitare la loro consapevolezza e di provocare la loro iniziativa». E la vera comunità nasce da una adesione personale, perché «in un essere originalmente dipendente come l’uomo, la libertà inizia sempre come accettazione. Più si sa accettare, più si mette in moto».
Il secondo libretto, quello “rosso”, era intitolato Tracce d’esperienza cristiana e venne pubblicato nel 1960, dedicato «ai grandi che ci sanno parlare, ai piccoli che ci sanno ascoltare». In esso veniva indicato il percorso affascinante dell’incontro con Cristo, usando per la prima volta in modo organico il termine caratteristico dell’esperienza di don Giussani e cioè la parola “avvenimento”, precisando che l’incontro storico con l’uomo Gesù Cristo «costituisce l’incontro col punto di vista risolutivo e chiarificatore dell’esperienza umana… è proprio questo incontro che noi vogliamo di nuovo compiere». Dopo avere descritto Gesù come una presenza straordinaria, come il dominatore della natura, come colui che ci conosce e ci comprende, come il signore della parola e il pastore buono, il libretto chiarisce che l’impatto con questa presenza eccezionale ha una duplice componente: «innanzitutto il fatto di un incontro, l’incontro con la realtà di Cristo, occasione inevitabile, avvenimento ineliminabile nella vita dell’uomo cui accade. E in secondo luogo, l’attenzione a quel fatto, lo “starci” a quell’incontro, l’impegnarsi con esso: e questo non è inevitabile, è libero».
Il terzo libretto, quello “marrone”, era intitolato Appunti di metodo cristiano e venne pubblicato nel 1964, dedicato «al Papa dell’Ecclesiam Suam come espressione del meditato e fedele tentativo dei suoi studenti di Milano». Esso si poneva questa domanda: «in che modo la realtà di Cristo raggiunge gli uomini?». E la risposta era la Chiesa: «è attraverso questa che Gesù Cristo raggiunge gli uomini e li genera a una nuova mentalità e a una nuova vita…. la diffusione del cristianesimo nel mondo avviene attraverso la presenza del mistero della Chiesa, che coincide con il volto di Cristo in ogni determinato momento della storia». E la Chiesa si rende presente in ogni ambiente attraverso «l’unità, sensibilmente espressa, dei cristiani» e il «nesso con l’autorità, cioè col vescovo».
Dopo di che, approfondisce il tema dell’incontro sia come verifica, come grazia e come esperienza e poi il grande tema della comunione, che è «una vita che deve continuamente essere fatta crescere» in ogni ambiente, affinché sia reso possibile il compito di ogni cristiano che è la missione. «La forza missionaria della Chiesa è innanzi tutto nella potenza della sua unità e del fascino che ne fa sentire all’intorno». E la missione «è il modo originale del dialogo dei cristiani», dialogo che implica la maturità del cristiano, perché, «se non si tiene presente questo, sorge un pericolo grande: confondere il dialogo con il compromesso». Il compito del cristiano è testimoniare Cristo nella carità, nella missione e nella cultura, perché «la cultura cristiana indica il punto di vista definitivo sulla vicenda della nostra esistenza e sulla realtà del cosmo».
Caro direttore, la partecipazione concreta alla vita di Gs e la meditazione assidua di questi tre libretti fecero crescere in noi quella «ingenua baldanza» di cui avrebbe parlato don Giussani in occasione del quarantennale del movimento di Comunione e Liberazione. Ingenua baldanza che ha reso presente la realtà cristiana in ambienti fino ad allora impensabili. E ciò non poteva non sollevare la polemica da parte del “mondo”, come Gesù aveva previsto. Ingenua baldanza, che ha formato tante persone mature, capaci, a loro volta, di essere “presenti” in ogni circostanza della vita quotidiana e della storia.