Venezuela, o il paese cambia rotta o collassa
Oggi la comunità venezuelana in Italia manifesta a Roma gioia e preoccupazione. Gioia per la vittoria dell'opposizione democratica, che pone fine al quasi-ventennio di chavismo. Ma anche preoccupazione, per il timore che il presidente Maduro possa licenziare il parlamento. E mandare il paese in bancarotta.
Oggi, domenica 13 dicembre 2015, la Comunità Venezuelana scenderà in piazza a Roma, per celebrare il trionfo della coalizione d’opposizione, la MUD, in Venezuela. Un’iniziativa civile, di grande effetto emotivo, in solidarietà ai loro connazionali, visto che i venezuelani all’estero non hanno avuto il diritto di votare la scorsa domenica. L’evento si terrà alle ore 11:30 presso Piazza della Rotonda (Pantheon), un giorno dopo la grande manifestazione organizzata dalla MUD a Caracas.
La vittoria dell'opposizione democratica marca l’inizio della fine dell’era chavista: cade nel giorno dell’anniversario della prima elezione di Chávez, il 6 dicembre 1998. Una dura sconfitta per il presidente Nicolas Maduro, sancita dall’alta affluenza alle urne (74,3% su 19 milioni di elettori). Ma segna anche il probabile inizio di un duro conflitto di poteri. Da una parte, il nuovo parlamento si insedierà il 5 gennaio e, grazie alla “supermaggioranza” della coalizione MUD (21 partiti), potrà imporre controlli al governo di Nicolas Maduro, nominare nuovi rappresentanti dei poteri pubblici, promuovere un referendum “anti-Maduro” e cambiare la Costituzione Nazionale. Dall’altra l’erede di Chávez tenterà ancora una volta a seguire la strada del confronto per “difendere la costituzione” a tutti i costi.
Cosa potrebbe fare Maduro? Prima dell’insediamento del nuovo Parlamento, il presidente potrebbe farsi approvare dall’attuale una legge speciale per governare per decreto, cioè senza far passare le leggi dal Parlamento. Una pratica molto comune del “Parlamento chavista”: nel marzo del 2015 aveva ottenuto carta bianca per governare per nove mesi e Hugo Chávez ha avuto poteri speciali 4 volte. In Venezuela il potere Esecutivo ha approvato più leggi che il Parlamento stesso.
Ma la democrazia in Venezuela è solo un’illusione. Il Parlamento appena eletto potrebbe essere anche dissolto da Maduro: secondo la clausola 21 dell'articolo 236 della Costituzione, il Presidente della Repubblica può "sciogliere l'Assemblea Nazionale”. Un potere presidenziale che dovrebbe essere contestato duramente dalla comunità internazionale, perché “viola il principio di parità dei poteri delle istituzioni pubbliche: il Presidente, in casi eccezionali, può sciogliere l'Assemblea, ma la Costituzione non permette all'Assemblea di destituire il Presidente”, come commenta Jose Ignacio Hernández sul giornale online venezuelano Prodavinci.
Maduro inizia la corsa per blindare il suo governo. "Saranno nominati i giudici prima della fine dell'anno e saranno approvate le leggi necessarie per proteggere il nostro popolo", ha affermato il presidente dell'Assemblea nazionale, Diosdado Cabello, numero due del chavismo. Inoltre, la giudice Susana Barreiros è stata nominata venerdì scorso capo della Procura Nazionale ed è la stessa che ha condannato Leopoldo Lopez (leader dell’opposizione) a 14 anni di carcere. Il governo potrebbe rivolgersi al Tribunale Supremo del Venezuela (TSJ), una specie di Corte Costituzionale ancora in mano al partito di Maduro. IL TSJ, da quando esiste, non ha mai contraddetto una decisione della presidenza.
Il futuro del Venezuela appare ancora buio. Prima di tutto perché il paese è a rischio di default e necessita una cura urgente: dopo di anni di politiche economiche inefficienti il Venezuela si trova a un livello di miseria mai visto prima. I venezuelani all’estero vogliono manifestare tutta la loro preoccupazione per l’intenzione del presidente di continuare sulla strada del confronto politico, mentre il suo paese è ostaggio di una crisi economica dilagante: registra il tasso di inflazione più alto al mondo e nel 2016, secondo il Fondo Monetario Internazionale, dovrebbe arrivare al 200% con una contrazione dell’economia del 16%. Domenica 6 dicembre il popolo venezuelano ha urlato al mondo la necessità di un drastico cambio di rotta, ma la voglia di Maduro di restare aggrappato al potere potrebbe portare il paese al fallimento.