Venezuela, l'oltraggio ai simboli religiosi
Si moltiplicano le intemperanze contro
i cattolici. I vescovi sono circondati
da un clima di sospetto. E spesso
il governo non sa proprio che fare.
La rivista Oasis-La Bussola ha riportato la notizia lo scorso 7 giugno, dando conto degli oltraggi che subiscono in Venezuela i simboli religiosi: le immagini della Vergine della Divina Pastora di Barquisimeto (Stato di Lara), del venerato dottor José Gregorio Hernández, della Vergine del Rosario e di Santa Lucia a Sabana de Parra (Stato di Yaracuy), della Vergine del Valle a Puerto la Cruz (Stato di Anzoátegui) e il monumento della Vergine di Coromoto a Gauanare (Stato di Portuguesa).
Nel corso di un dibattito che si è svolto all’Assemblea Nazionale, la maggioranza di Governo ha definito gli atti di vandalismo come «pratiche fasciste di ultra-destra, destinate a creare confusione e terrore nella popolazione», mentre per alcuni deputati di opposizione si potrebbe trattare di azioni legate all'«ateismo dei comunisti». La condanna dell'accaduto è stata unanime e lo Stato ha deciso il restauro immediato delle immagini profanate.
In un comunicato diffuso dalla Conferenza Episcopale del Venezuela si legge che «gli attacchi degli ultimi giorn, assieme ad altri fatti simili accaduti negli ultimi anni, feriscono il sentimento cattolico della maggioranza del popolo venezuelano, non si addicono allo spirito del rispetto, della tolleranza e dell'affetto verso la sfera del religioso che è tradizionale tra di noi, attentano contro la convivenza pacifica, incidono negativamente nel clima della sicurezza civile e mettono in pericolo l'esercizio del diritto fondamentale della libertà religiosa e di coscienza, consacrato dalla nostra Costituzione».
Nel novembre 2009 l'Aiuto alla Chiesa che Soffre, basandosi su fonti vicine ai vescovi del Venezuela, lanciò un allarme rispetto alla possibilità che il Governo confiscasse chiese, scuole o proprietà ecclesiali con il proposito di «eliminare il lavoro della Chiesa». Un leader di un settore locale annunciò piani che miravano a espropriare numerose scuole che facevano riferimento alla Chiesa, con l’obiettivo di proteggere alcuni edifici di rilevanza nazionale. Si pensa che su queste ed analoghe prese di posizione, influì il fatto che la Relazione Annuale della Commissione Internazionale sulla Libertà Religiosa degli USA incluso nel 2009 il Venezuela, per il secondo anno consecutivo, nella classifica dei Paesi in “lista di osservazione”.
Nel 2009 il primate della Chiesa venezuelana, il cardinale arcivescovo di Caracas Jorge Urosa Savino, in un’intervista a Radio vaticana, dichiarò: «Nella misura in cui il governo è ostile, attacca e aggredisce l’episcopato si creano movimenti di persone che turbano la vita della Chiesa e la libertà religiosa in generale. Credo che quando un governo vuole controllare tutto, ogni forma di dissidenza, di manifestazione popolare non controllata dalle autorità è scomoda e quindi si verificano aggressioni e atteggiamenti negativi, come l’attacco alla nunziatura. Tutto questo configura una situazione difficile e credo sia importante stare attenti a difendere, tra i molti diritti del popolo venezuelano, quello alla libertà religiosa».
La maggioranza dei venezuelani è di fede cristiana e in particolare cattolica (oltre il 85%), seguiti dai protestanti (10%) e ortodossi (meno dell'1%). I musulmani rappresentano meno dell 0,5% sulla popolazione totale. Trascurabili le minoranze induiste, buddiste e di altre confessioni religiose.
Numericamente esigua, ma importante sotto il profilo economico e finanziario, è la comunità di religione ebraica presente nel paese. A Caracas è concentrato circa il 40% dei fedeli, ma gruppi più o meno consistenti si possono trovare anche a Maracaibo, Maracay, Puerto la Cruz, Porlamar ed altre città venezuelane. Dalla fine degli anni novanta del Novecento molti rappresentanti della comunità ebraica hanno lamentato atteggiamenti di intolleranza, se non proprio di antisemitismo, nei propri confronti. La responsabilità viene imputata al presidente Chávez, che da parte sua ha sempre respinto tali accuse giudicandole prive di fondamento.
La libertà religiosa è garantita dalla Costituzione, ma i rapporti Stato Chiesa sono spesso attraversati da tensioni legate alle posizioni anti-ecclesiali spesso espresse, anche in maniera verbalmente violenta, dal Presidente venezuelano.
Sono stati registrati anche atti ostili contro i Ministri del culto.
Nel settembre 2009, per esempio, è stato pubblicato su El Diario de Caracas, un articolo intitolato “L’errore amministrativo del cardinale”, nel quale si divulgava un messaggio di posta elettronica, attribuito al Cardinale Jorge Urosa Savino, arcivescovo di Caracas. che conteneva espressioni che avallavano il classismo e l’esclusione nell’istruzione. Il cardinale ha negato di essere stato l’autore del messaggio.
Personaggi vicini al Governo hanno accusato la Conferenza Episcopale Venezuelana di essersi trasformata in un partito politico che difende gli interessi di gruppi contrari “al popolo” e la Chiesa cattolica è stata anche accusata di cospirare, con gli USA, contro il governo.
Un altro esempio di intolleranza è rappresentato dalla brutta reazione delle autorità governative davanti alle dichiarazioni del presidente della Conferenza Episcopale, Mons. Ubaldo Santana, in occasione della visita ad limina apostolo rum nella quale aveva espresso a Papa Benedetto XVI la sua preoccupazione per la crescente polarizzazione politica che ha incrementato la violenza, l’insicurezza e l’odio, mettendo in serio pericolo la convivenza democratica del Paese.
Gli atti ostili a Ministri del culto si sono manifestati in attacchi contro la Chiesa, senza che il governo si sia mostrato solerte nell’identificare i responsabili. Nel gennaio 2009, alcuni membri dell’organizzazione “La Piedrita” hanno lanciato gas lacrimogeni contro la casa del Nunzio Apostolico: si è trattato del sesto attacco, nell’arco di due anni. Gli aggressori hanno lasciato sul posto delle brochure, con insulti ai sacerdoti che avevano criticato il Governo. Si ritiene che l’attacco sia stato causato dal fatto che la Nunziatura avesse concesso asilo ad alcuni membri dell’opposizione e ad uno studente, loro attivista.
Anche il patrimonio religioso e i simboli cristiani hanno subito diversi affronti, in questi ultimi tempi. Fra tutti spicca la notizia della profanazione delle immagini di Gesù e della Vergine di Coromoto, dipingendole con armi da guerra, nella città di Caracas, nel maggio 2010. Il vicepresidente della Conferenza Episcopale, Mons. Baltazar Porras, ha affermato che l’intervento effettuato su queste immagini “è un modo di seminare odio e morte” tra la popolazione.
“Aiuto alla Chiesa che soffre”, nel suo rapporto denuncia che nel Paese si è notato un giro di vite sull’attività missionaria, attraverso l’aumento della percentuale di visti respinti dal Governo, soprattutto di quelli richiesti dai missionari protestanti, i cui gruppi religiosi hanno la propria sede negli USA.
Il governo ha registrato pesanti problemi con la comunità ebraica, per alcune dichiarazioni
antisemite pubblicate su media locali e per atti ostili contro questa comunità. Come quelli verificatisi il 30 gennaio 2009, quando alcuni uomini mascherati hanno attaccato la sinagoga Tiferet Israel a Caracas, danneggiando i simboli religiosi e imbrattando i muri con graffiti antisemiti. La polizia ha catturato i responsabili e ha stabilito che si trattava di un furto di materiale informatico, mascherato da comportamenti antisemiti.
Il governo ha condannato l’incidente, ma non è riuscito a ristabilire un clima di sicurezza nella comunità ebraica; anche perché solo un mese dopo questo incidente, è stata attaccata la sinagoga Beth Shmuel. Senza contare che alcuni rabbini sono stati aggrediti, minacciati o molestati e altri ebrei hanno subito attacchi e minacce contro le loro attività commerciali. Ciò ha causato un forte calo del numero degli ebrei che vivono attualmente in Venezuela: dai 22mila del 1998, sono ora stimati tra 10.000 e 15.000. L’ostilità verso le componenti religiose del Paese ha investito anche la comunità musulmana, che nel marzo 2009 è stata vittima di un attacco contro la moschea Ibrahim al-Ibrahim.