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CASO ILVA

Veleni, politica, sentenze e silenzi

Intorno all'acciaieria di Taranto istanze sociali, interessi, poteri e ideologia. La magistratura sentenzia e i lavoratori aspettano la verità.

ilva.tromba

La questione centrale dell'ILVA, insieme a quella sulla sorte di 15 mila lavoratori e delle loro famiglie, è quella relativa all'incidenza tumorale nelle zone in cui grava l'attività del secondo polo siderurgico europeo. Su questa emergenza si sono fondati i provvedimenti della magistratura ed è quindi questo il dato dirimente.

Sono due gli studi più attendibili. Il primo, datato settembre-ottobre 2012, commissionato dal GIP del Tribunale di Taranto nel quadro di un incidente probatorio, è stato svolto da due docenti universitari - Annibale Biggeri, del Dipartimento di statistica “G. Parenti” dell'Università degli Studi di Firenze e Maria Triassi, dell'Università degli Studi di Napoli Federico II - e quattro componenti del Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio. Il secondo studio - svolto da cinque membri del Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS), da un membro dell'Ufficio di Statistica dell'ISS e da una docente universitaria, Roberta Pirastu, del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin, Università di Roma “La Sapienza” - utilizza la metodologia del Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), presentato lo scorso 18 settembre presso il Ministero della Salute, che ha valutato la mortalità della popolazione residente in 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche in un periodo di otto anni.

Da entrambi gli studi non si rilevano i nomi delle sostanze incriminate dell'aumento del numero dei tumori e, soprattutto, non si evince alcun nesso di causa e effetto tra la produzione dell'ILVA e la crescita del numero dei tumori. È questo un dato di grande rilevanza per chi voglia giudicare i fatti che si sono susseguiti negli ultimi mesi. Ci si può spingere anche più oltre ed affermare - come ha fatto ieri a Tempi Carlo Mapelli, docente di Metallurgia al Politecnico di Milano - che “non è stata stabilita alcuna correlazione tra le attività industriali compiute nell'area (che sono anche altre oltre a quella dell'Ilva) e le malattie più frequenti”.

La perizia ordinata dal GIP - che si occupa di dati statistici ed epidemiologici del periodo 1998-2010 riguardanti Taranto, Statte e Massafra - rileva che precedenti studi avevano già messo in evidenza un quadro ambientale e sanitario particolarmente compromesso, con eccessi di mortalità a livello comunale per malattie dell'apparato respiratorio, cardiovascolare e per diverse sedi tumorali. In particolare, dagli anni Novanta, anche a seguito di studi condotti dall'OMS, il Comune di Taranto e altri comuni della zona (Crispiano, Massafra, Statte e Montemesola) sono stati definiti “area a elevato rischio ambientale”. Successivamente sono stati inclusi tra i 14 siti a interesse nazionale che richiedevano interventi di bonifica (DPR 196/1998). Dall'analisi epidemiologica dei residenti nel Comune sono emersi tassi di mortalità per tutte le cause, tumore del polmone, della pleura e della vescica superiori a quelli regionali. Da uno studio pubblicato nel 2009 è risultato un aumento del rischio di incidenza per tumore del polmone, pleura, vescica e linfoma non Hodgkin tra gli uomini residenti a Taranto e un aumento del rischio di leucemie tra le donne di Statte. Gli autori hanno riconosciuto nelle esposizioni professionali un ruolo centrale e hanno anche ipotizzato un'associazione dei rischi osservati con gli inquinanti di origine industriale.

Lo studio attuale aggrava i dati di una situazione ampiamente conosciuta. Evidenzia un aumento della mortalità e delle ospedalizzazioni per malattie dell'apparato respiratorio, cardiovascolare e per tumori nei quartieri più vicini alla zona industriale anche dopo aver tenuto conto dei differenziali sociali. L'analisi è stata realizzata quartiere per quartiere e mostra un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalità totale, cardiovascolare, respiratoria e malattie dell'apparato digerente, con eccessi nelle classi più svantaggiate. Sono state registrate differenze anche per tutti i tumori nei maschi, in particolare per tumore dello stomaco, della laringe, del polmone e della vescica. Il differenziale maggiore nei maschi è stato osservato nel quartiere di Taranto Paolo VI, con eccessi importanti per tumori maligni (+42%), tra cui il pancreas e il polmone, malattie cardiovascolari, respiratorie e del sistema digestivo. Nel quartiere Tamburi (Tamburi, Isola, PortaNapoli, Lido Azzurro) si è riscontrato un eccesso di tumori maligni nei maschi (specie la prostata) e di malattie cardiovascolari, specie l'infarto del miocardio. Nelle donne di Paolo VI, gli eccessi sono dovuti alle patologie tumorali, in particolare del fegato, e alle malattie cardiovascolari e dell'apparato digerente. Sono risultati molto elevati nel quartiere Tamburi gli eccessi per cause cardiovascolari emalattie renali nelle donne.

La perizia sostiene, in conclusione, che “il quadro che è emerso dall'analisi della mortalità ha trovato sostanziale conferma per molte cause di ricovero e ha indicato chiaramente `Tamburi' e `Paolo VI' come i quartieri in cui lo stato di salute della popolazione è più compromesso, con eccessi compresi tra 20% e il 400% (pneumoconiosi nel quartiere `PaoloVI') rispetto al riferimento considerato”.

Dallo “Studio Sentieri”, dal quale si apprende che i risultati della mortalità per gli uomini mostrano eccessi per tutte le cause, tutti i tumori, le demenze, le malattie del sistema circolatorio, le malattie dell'apparato respiratorio e le malattie dell'apparato digerente. Nel periodo di osservazione piu recente, 2003-2009, si osservano eccessi per il melanoma, i linfomi non Hodgkin e la leucemia mieloide. Per le donne, l'analisi della mortalita mostra eccessi per tutte le cause, tutti i tumori, le malattie del sistema circolatorio, le malattie dell'apparato respiratorio e le malattie dell'apparato digerente. Nel periodo più recente, tra le donne si osserva un eccesso per mieloma multiplo. Eccessi si osservano nell'analisi di uomini e donne per le condizioni morbose di origine perinatale e per la mortalità per tutte le cause nella classe di età fino a un anno. “Questo quadro di mortalità - sostiene lo “Studio SENTIERI” - documenta uno stato di salute dei residenti nel SIN di Taranto sfavorevole rispetto alla popolazione regionale, in particolare per le patologie la cui eziologia ammette fra i propri fattori di rischio accertati o sospettati le esposizioni ambientali presenti nel sito”.

L'insieme di questi dati, certamente agghiacciante, ha portato i giudici di Taranto a intervenire nel luglio scorso e a disporre il sequestro e, con un nuovo provvedimento, sono stati sottoposti a sequestro preventivo dei prodotti finiti e semilavorati destinati alla vendita e al trasferimento negli altri stabilimenti del gruppo Riva, vietandone la commercializzazione. La misura sarebbe stata adottata perché l'ILVA avrebbe violato le prescrizioni del sequestro adottato dall'Autorità Giudiziaria, sugli impianti dell'area a caldo. Sequestro che non prevede la facoltà d'uso a fini produttivi degli impianti del siderurgico. Se non è dimostrata correlazione tra causa ed effetto, su quali ragionevoli basi è stato disposto il sequestro? Sulla base di ipotesi da verificare ulteriormente? Vero è che i giudici ci hanno abituato, in questo Paese, a prendere iniziative di supplenza ad altre competenze e responsabilità, ma in questo caso - un caso che coinvolge il lavoro e la vita di decine di migliaia di persone - c'è davvero da chiedersi se le loro decisioni sono state prese sin dall'origine sulla certezza della verificabilità.

Altra questione è quella legata agli arresti, agli avvisi di garanzia e ai sequestri operati due giorni fa, nei confronti di coloro che - come si legge nell'ordinanza - avrebbero costituito “un collaudato sistema criminale radicato nei vertici della proprietà e della dirigenza dello stabilimento ILVA, incentrato sulla rigorosa applicazione di logiche affaristiche e di profitto ad ogni costo”. Affermazioni pesanti che, se dimostrate, confermerebbero il cancro di questo Paese: il connubio stretto e indissolubile tra politica, in senso lato, e potere economico.

Intanto, restano i diritti dei lavoratori, delle loro famiglie, dei loro figli. I loro bisogni. Di lavorare e di sapere con certezza se continuare il lavoro in quella fabbrica, significa rischiare un tumore. Di certo, la risposta da dare loro non è quella del Ministro Clini - per oltre vent'anni Direttore Generale del Ministero dell'Ambiente, con competenze dirette sui siti industriali ad alto rischio - che sbandiera l'Autorizzazione Integrata Ambientale o il fantasma di produzioni estere che, nel caso di chiusura definitiva dell'ILVA, soppianterebbero la nostra produzione industriale di acciaio.

In questa situazione drammatica, invece, occorre semplicemente che qualcuno ricerchi la verità su quanto è accaduto e accade e la spieghi, se possibile.