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Veglie contro l’“omofobia”, via alla normalizzazione gay

Da Milano a Palermo, da Bergamo (con la presenza del vescovo Beschi) a Trapani, anche quest’anno diverse parrocchie hanno programmato fiaccolate e veglie per la Giornata internazionale contro l’omofobia, che mira a diffondere il linguaggio Lgbt pure all’interno della Chiesa, con il fine di sovvertirne l’insegnamento sull’omosessualità.

Ecclesia 17_05_2019

La parola d’ordine è normalizzare, coinvolgendo nel processo l’ultimo baluardo a protezione della verità sull’uomo: la Chiesa. Anche quest’anno è tutto un pullulare di veglie, fiaccolate, marce, preghiere, in programma intorno al 17 maggio, data ormai assurta a Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia.

Neologismi che secondo la cultura egemone dovrebbero esprimere la “paura” o l’“odio” verso omosessuali, bisessuali e transessuali - e anche qui bisognerebbe usare le virgolette perché siamo tutti semplicemente maschi o femmine - ma che in realtà sono parte di un vocabolario creato ad hoc dalle organizzazioni Lgbt per cooptare quanti più soggetti alla loro causa e silenziare coloro che non aderiscono al verbo arcobaleno. Verbo dal quale prendono le distanze, è bene ricordarlo, molte persone con un’attrazione omosessuale, che non si riconoscono nell’ideologia propagata dalle suddette organizzazioni e si sforzano di vivere in castità. Non c’è evidentemente in gioco, come la si vuol far passare, una questione di “rispetto” - che nessuna persona di buonsenso negherebbe mai al suo prossimo - bensì un pensiero preciso che rifiuta i significati del corpo e colpisce al cuore matrimonio e famiglia. Perciò il fatto che ci siano dei pastori, per quanto una minoranza, che assecondano o collaborano a quest’opera di distruzione dell’umano desta ancora più scandalo.

Bergamo, Bologna, Firenze, Genova, Lucca, Milano, Palermo, Ragusa, Roma, Trapani, Venezia, Vicenza sono alcune tra le principali città coinvolte nelle iniziative per la Giornata e che vedono in modo diverso la partecipazione di singoli sacerdoti, parrocchie, associazioni ed enti cattolici, coordinati dalla regia dei tanti gruppi di “cristiani Lgbt” sparsi sul territorio nazionale. A Vicenza la veglia di “preghiera” arcobaleno si è tenuta il 15 maggio ed è stata pubblicizzata con una locandina avente il logo del prossimo gay pride, caricata addirittura sul sito per la pastorale giovanile della Diocesi. Nel caso di Bergamo, ieri sera perfino il vescovo Francesco Beschi ha partecipato all’apposita veglia «per il superamento dell’omofobia e della transfobia» che si è svolta alla chiesa di San Fermo, con la partecipazione dei valdesi. Beschi è lo stesso vescovo che l’anno scorso fece annullare l’adorazione eucaristica in riparazione al gay pride cittadino, organizzato passando attraverso un sostanziale e vergognoso accordo con la Diocesi. Quale sarà il prossimo passo?

Già l’allora cardinale Joseph Ratzinger, nella magistrale Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, scritta nel 1986 e che andrebbe letta e riletta integralmente per quanto è attuale, parlando dei gruppi di pressione che agiscono all’esterno e all’interno della Chiesa avvertiva: «Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo».

Cattolici e valdesi insieme, dunque, a Bergamo e non solo, secondo uno schema “ecumenico” consolidatosi negli anni, che in queste veglie vede anche la partecipazione di battisti, luterani e metodisti, come si può leggere su Gionata, uno dei più noti portali che spingono per la normalizzazione dell’omosessualità nella Chiesa, a cominciare dal nome stesso, con cui si pretende di pervertire la Bibbia tramutando l’amicizia fraterna tra Gionata e Davide in una relazione omosessuale. Da un lato si chiedono artatamente “rispetto” e “accoglienza”, dall’altro ci si fa beffe della Sacra Scrittura, che più volte condanna in modo esplicito, tanto nel Vecchio quanto nel Nuovo Testamento, la sodomia. La Sacra Scrittura viene quindi parodiata e deformata per stravolgere l’insegnamento della Chiesa, ingannando molti di coloro che attraverso la lettura, in atteggiamento orante, della Parola di Dio potrebbero davvero avvicinarsi a Lui.

Esempio ne è il passo scelto per la Giornata contro l’omofobia di quest’anno: «Sei prezioso ai miei occhi» (Is 43, 4). Un passo, splendido, del profeta Isaia che non equivale però, e non potrebbe essere altrimenti, a un lasciapassare per gli atti peccaminosi. Dio ama cioè tutti - tanto da aver versato il suo Sangue per donarci la Salvezza, che possiamo accogliere o rifiutare come gli invitati al banchetto nuziale nella parabola evangelica - ma non ama tutto: in particolare non ama il peccato, che è la ragione per cui è dovuto morire in croce. Non c’è quindi alcun modo per essere “cattolici Lgbt”, che è una contraddizione in termini, essendo “Lgbt” un acronimo espressivo di un’ideologia che si oppone radicalmente alla Chiesa cattolica e a Colui che ne è lo Sposo: Gesù Cristo, «via, verità e vita».

Chi si professa cattolico non cerca di cambiare, come tentano padre James Martin e compagni, bensì segue l’insegnamento bimillenario contenuto nel Catechismo, che in accordo con la Tradizione dichiara che «“gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati”. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati» (CCC 2357). Al punto successivo il Catechismo ricorda che tutti coloro che hanno tendenze omosessuali «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» e queste persone «sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione» (CCC 2358). Così concludendo: «Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana» (CCC 2359).

Diversi ex-gay hanno testimoniato di aver trovato in queste parole la loro salvezza, e la vera libertà. Pensare di non insegnarle più non fa il bene di nessuno, né di chi dovrebbe riceverle né di chi è chiamato a trasmetterle.