Vattimo si riconosce in Bergoglio e spiega il "suo" cristianesimo
Il filosofo relativista Gianni Vattimo, padre del "pensiero debole", dichiara di riconoscersi in Papa Francesco, per le sue frasi sulle unioni gay. Ma di che cattolicesimo parla, però, il filosofo? Una religione priva della metafisica. E' cristianesimo?
Sarà pure che non ha nessun valore dal punto di vista del Magistero e che non impegna affatto i fedeli, ma la dichiarazione di Bergoglio sul riconoscimento delle unioni civili omosessuali ha indubbiamente avuto ripercussioni devastanti non solo dal punto di vista politico e culturale, ma anche sotto il profilo filosofico. Non è un caso, infatti, che il primo ad esultare sia stato proprio il filosofo Gianni Vattimo, “padre” del Pensiero Debole.
Secondo Vattimo, infatti, «le parole di Francesco hanno finalmente scardinato delle eredità spurie, sedimentate e persistenti da chissà quali epoche, ma di cui non si capivano le vere motivazioni», ed hanno «definitivamente smontato una barriera atavica che non ha nulla a che fare col cristianesimo». Si tratta, secondo il filosofo torinese, di una vera e propria evoluzione del pensiero bergogliano: «Papa Francesco aveva già detto che due persone che si amano vanno rispettate e quindi c’era già un’apertura, ma adesso si fa carico programmaticamente di tutto questo con una dichiarazione che corrisponde appieno alla sua immagine della Chiesa». Per Vattimo è come se si fosse avverato un sogno. Ora può finalmente vedere anche un Chiesa col Pensiero Debole. Lo dice senza mezzi termini quando parla di un «cristianesimo emancipato da tutti gli elementi metafisici che hanno rovinato la nostra situazione di essere finiti, facendoci illudere che esista un qualche ordine oggettivo anche dei valori etici, qualcosa che invece non era altro che l’ordine che la società ha creduto di imporre per tanti anni».
Vattimo è sempre stato convinto che «l’esito della modernità, secondo Nietzsche e Heidegger, ma anche secondo molti filosofi di altra tendenza, è la dissoluzione della metafisica: cioè dell’idea che ci sia una struttura stabile dell’essere, un fondamento ultimo che la ragione coglie e su cui fonda la propria conoscenza oggettiva del mondo». Secondo il padre del Pensiero Unico è stato proprio Heidegger a «porre le basi per considerare la metafisica come violenza: ogni pretesa di incontrare il fondamento ultimo è sempre anche una pretesa di tacitare le domande, di imporre una autorità che non si discute». A livello teologico, per Vattimo, «la dissoluzione della metafisica, dell’oggettività, dei fondamenti ultimi, a favore di un mondo dove la verità si fa nel dialogo delle culture e delle generazioni, sia in fondo solo uno sviluppo della dottrina cristiana dell’Incarnazione di Dio», perché «Dio, facendosi uomo, ha come consumato la propria trascendenza, si è mischiato alla storia, e ha indicato come via della salvezza proprio quella della consumazione, riduzione, indebolimento dell’essere». E da questo punto di vista, sempre secondo Vattimo, «anche la secolarizzazione (la progressiva presa di congedo dal sacro, nella vita individuale come nella società) appare come un evento provvidenziale: Dio si incarna davvero anche in quanto si allontana sempre più da quella figura di padre-padrone, signore del fulmine e del tuono, incomprensibile e imprevedibile giudice, sotto cui lo hanno pensato le religioni e le superstizioni naturalistiche», e quindi «accettare il cristianesimo vuol dire prendere sul serio il compito di proseguire sulla strada della dissoluzione del “sacro” svelato nel suo carattere autoritario e di imposizione violenta».
Si tratta di riprendere l’idea di una certa “teologia” secondo cui la secolarizzazione, eliminando le incrostazioni sacrali, superstiziose, naturalistiche che si sono depositate sul messaggio cristiano, consentirebbe di capire meglio la sua verità oggettiva e immutabile. Secondo questo filone teologico – pienamente condiviso da Vattimo – «il senso della storia della Chiesa starebbe tutto nel dissolvere le proprie strutture autoritarie, legittimate proprio dalla pretesa di disporre di un accesso privilegiato al nocciolo oggettivo e immutabile della rivelazione cristiana». In quest’ottica, «la fine del potere temporale del Papa sarebbe non solo un evento provvidenziale, ma anche un fatto altamente emblematico di un destino più ampio». Da questo punto di vista Vattimo non ha dubbi: «È difficile pensare che la Chiesa sopravviva senza “dissolversi” nel mondo come il lievito nella pasta, secondo la metafora evangelica. La frase di Agostino, “ama e fai ciò che vuoi”, indica il limite della secolarizzazione e anche la direzione in cui deve andare». Assai sintomatico è che proprio il padre del Pensiero Debole – peraltro omosessuale praticante – abbia affermato di riconoscersi pienamente in Bergoglio. La frase esatta è stata: «Con un Papa così non mi vergogno a dirmi cattolico». Un cattolico “sui generis” visto che nel 2003 accompagnò in Olanda il compagno con cui conviveva da undici anni, lo storico dell’architettura Sergio Mamino, malato di tumore ai polmoni, perché fosse sottoposto ad eutanasia.
Bergoglio e Vattimo da qualche anno si conoscono e si parlano. Il trait d’union è stato l’argentino Luis Liberman, fondatore e direttore generale della Cattedra del Dialogo e della Cultura dell’Incontro presso l’università di Neuquén. Liberman incarna perfettamente il pensiero bergogliano che va dall’ecologismo amazonico in stile Pachamama all’immigrazionismo scriteriato, passando per il dialogo interreligioso e il riconoscimento della diversità come valore. Purtroppo, è uno dei più fidati e influenti consiglieri di Bergoglio.