Variabili demografiche e pandemia
Età, popolazione urbana, densità demografica: tre delle molte variabili che possono incidere sulla diffusione del COVID-19 e sul suo tasso di mortalità
Molto si è scritto sull’Africa e sul fatto che continui a essere il continente meno colpito dal COVID-19 mentre all’inizio dell’epidemia tutti pensavano che più di ogni altro ne sarebbe stato devastato. Il bollettino dell’Oms aggiornato al 16 agosto riporta 21.260.760 casi accertati nel mondo, solo 945.165 dei quali in Africa; 761.018 morti, 18.432 in Africa. Inoltre ben più della metà dei contagi registrati in Africa, 583.653, e dei decessi, 11.677, si sono verificati in un solo paese, il Sudafrica. Quindi nel resto del continente i casi sono 361.512 e i morti 6.755 su una popolazione, sottratti 58,3 milioni di sudafricani, di circa 1,28 miliardi. Si avanzano diverse ipotesi per spiegare l’ “anomalia” africana, considerando diverse variabili tra cui l’età media della popolazione, dal momento che i giovani sono molto più resistenti alla malattia che nella maggior parte dei casi si presenta con sintomi lievi, la densità demografica e la percentuale di popolazione urbana, che se elevate possono favorire la diffusione del coronavirus rendendo più difficile il distanziamento fisico e il rispetto delle altre misure di contenimento, tanto più nelle situazioni di sovraffollamento e povertà delle grandi periferie urbane di Asia, Africa e Asia. Ecco i dati comparati relativi a queste tre variabili. Età media: Africa, 19,7 anni; America Latina e Caraibi, 31; America del Nord, 38,6; Asia, 32,0; Europa, 42,5; Oceania, 33,4. Percentuale di popolazione urbana: Africa 43,8 per cento; America Latina e Caraibi, 82,5; America del Nord, 82,6; Asia, 50,9; Europa, 74,5; Oceania, 67,8. Densità demografica per chilometro quadrato: Africa, 45; America Latina e Caraibi, 32; America del Nord, 20, Asia, 150; Europa, 34; Oceania, 5.