Utero in affitto reato universale: insidie e opportunità
È da salutare con estremo favore la proposta della Meloni sull'utero in affitto come reato universale perché, al di là degli esiti politici, smuove le acque e crea cultura pro-life. Ma occorre prepararsi ad attacchi su più fronti perché questa proposta verrà osteggiata e combattuta in ogni modo soprattutto dal fronte LGBT anche in Parlamento, dato che è una pratica che permette alle coppie gay maschili di diventare “genitori”.
La speranza davvero nasce dove non ti aspetti. Ieri ad esempio è spuntata in Parlamento. Per l’esattezza presso la Commissione Giustizia della Camera. Lì è stata adotta come testo base la “proposta di legge di Fratelli d’Italia per rendere l’utero in affitto reato universale, ovvero punibile in Italia anche se commesso all'estero”, come recita un comunicato stampa degli stessi FdI.
La proposta di legge, la cui prima firmataria è la leader di FdI Giorgia Meloni, consta di un solo articolo. La legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale punisce la pratica della maternità surrogata solo se avvenuta sul suolo italico. Se questa proposta diventerà legge, la maternità surrogata sarà considerata reato anche se effettuata all’estero da cittadini italiani. Le pene non sono lievi: reclusione da tre mesi a due anni e multa da 600.000 a un milione di euro.
Nella introduzione della Pdl si può leggere: “Le pratiche della surrogazione di maternità costituiscono un esempio esecrabile di commercializzazione del corpo femminile e degli stessi bambini che nascono attraverso tali pratiche, che sono trattati alla stregua di merci”. Si aggiunge, a mo’ di esempio, che in India “le «volontarie», reclutate nelle zone più povere, «producono» più di millecinquecento bambini all’anno per assecondare la domanda che viene dall’estero, attirata dai prezzi bassi, «appena» 25.000/30.000 dollari rispetto ai 50.000 che si spendono negli Stati Uniti d’America”. La tentazione per le donne povere di entrare in questo business è fortissima: la retribuzione di una sola maternità surrogata legale corrisponde a 10 anni di stipendio di un operaio non specializzato.
Nel testo della proposta poi si sottolinea che la madri surrogate non possono vantare nessun diritto sul bambino che portano in grembo e quest’ultimo, in genere, non potrà conoscere l’identità della donna che lo ha partorito e che potrebbe essere anche la propria madre naturale se quest’ultima ha venduto il suo ovocita.
Questa Pdl mira a far sì che la pratica dell’utero in affitto diventi reato universale, condannato e perseguito da tutte le nazioni. Un primo timidissimo passo verso questa direzione fu presa il 17 dicembre 2015 quando, nel corso dell’Assemblea plenaria del Parlamento europeo, fu approvata la Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014, sulla politica dell’Unione Europea in materia. Nella Relazione vi era un emendamento che appunto condannava la maternità surrogata.
Correttamente gli estensori della Pdl ricordano che la magistratura, stante l’impossibilità di perseguire penalmente chi porta in Italia un bambino nato all’estero da utero in affitto, ha le armi spuntate. E così spesso i giudici, in modo succedaneo, devono incriminare la coppia che ha fatto ricorso alla maternità surrogata per alterazione dello stato civile (567 cp) o per dichiarazioni mendaci rese ad un pubblico ufficiale (495 cp). In particolare, secondo la dottrina giuridica, per essere madre non basta aver fornito l’ovocita, ma occorre anche che la donna si sia fatta carico della gravidanza e del parto.
Il leader del Family Day Massimo Gandolfini in comunicato stampa auspica “che tutte le forze politiche convergano sulla proposta di legge. In una nazione che vuole essere capofila dei diritti umani non può essere tollerato alcun ostruzionismo teso ad affossare un atto di civiltà contro il moderno schiavismo. Un figlio non si compra e una donna non si affitta”.
Il 31 marzo scorso Elena Bonetti, ministro per la Famiglia e le Pari Opportunità, rilasciò un’intervista a Repubblica dove parlò anche di quei bambini nati in Ucraina da maternità surrogata e che non potevano essere dati alle coppie richiedenti italiane causa la guerra in corso. La Bonetti a tal proposito disse: “La maternità surrogata è una pratica giustamente vietata in Italia. Ma di certo quei bambini dobbiamo aiutarli, perché il diritto del bambino deve prevalere sempre”. Risposta volutamente sibillina. Il Ministro voleva dire che quei bambini, come fossero dei pacchi, devono essere restituiti a chi li ha comprati in Italia? Oppure che quei bambini devono essere cresciuti, perché loro diritto nativo, dai propri genitori biologici, laddove, naturalmente, questi fossero capaci di educarli? Se il Ministro avesse voluto far propria la prima risposta cadremmo in un bel paradosso: giusto vietare l’utero in affitto, ma se il bambino è ormai nato tuteliamo gli effetti della maternità surrogata.
Tornando alla Pdl della Meloni, auguriamo alla proposta medesima lunga vita, tanto lunga da diventare legge. Ma l’augurio non può che essere accompagnato da sentimenti di sano realismo: questa proposta verrà osteggiata e combattuta in ogni modo soprattutto dal fronte LGBT – anche in seno al Parlamento dove tale fronte trova molti alleati – dato che è una pratica che permette alle coppie gay maschili di diventare “genitori”. I sostenitori della Gestazione per altri affermeranno che occorre giustamente combattere contro l’utero in affitto, ma non contro l’utero in comodato d’uso, perché vi sono molte donne che svolgono questa pratica in modo gratuito. Ma, a parte il fatto che tali donne sono numerose come le dita di una mano di un falegname, anche qualora la maternità surrogata fosse a titolo gratuito la reificazione del corpo della donna e di quello del bambino rimane, perché la donna continuerebbe ad essere una fabbrica di bambini da regalare ad altri e un pacco acquistato o donato rimarrebbe sempre un pacco.
Gli amici LGBT poi rispolvereranno anche il frusto concetto di origine abortista che il corpo delle donne appartiene alle donne e che quindi se vogliono usare l’utero per uccidere un bambino o per darlo alla luce è affare loro. Ma anche se il corpo è mio (in realtà io non ho proprietà sul corpo, ma io sono anche il mio corpo), questo non comporta che posso fare tutto quello che voglio con il mio corpo, perché alcune pratiche sono oggettivamente contrarie alla dignità personale. E poi, ammesso ma non concesso che il corpo delle donne appartenga alle donne, di certo chi c’è dentro il corpo delle donne (il bambino) non appartiene né alla gestante, né alla coppia richiedente, perché nessuno può vantare nessun diritto di proprietà su nessun essere umano.
In conclusione, è da salutare con estremo favore la proposta della Meloni perché, al di là degli esiti politici, smuove le acque, crea dibattito, orienta le coscienza, crea cultura pro-life invertendo una direzione necrofila assai diffusa in Italia. Ciò detto, si deve però aggiungere che occorre prepararsi ad attacchi su più fronti perché, è proprio il caso di dirlo, la madre dei cretini è sempre incinta (e non serve nemmeno far ricorso all’utero in affitto).