Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Verso le elezioni

USA, i papabili vice di Harris sono uno più radicale dell’altro

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In vista del voto per le presidenziali di novembre, Kamala Harris è alle prese con la scelta del suo vice. Dal segretario ai Trasporti, Pete Buttigieg, al governatore Jay Robert Pritzker si tratta di figure radicalmente pro aborto e gay-friendly.

Esteri 05_08_2024
Kamala Harris, 29 mag 2024 (Ap via LaPresse)

Si scalda la campagna elettorale negli Stati Uniti. Kamala Harris, sempre più candidata dei poteri forti, dovrà scegliere il suo vicepresidente tra una schiera di abortisti, maschilisti, conniventi con gli abusatori di donne e promotori dei privilegi Lgbt. Non è per nulla certo se e quando ci sarà un dibattito tra Donald Trump e Kamala Harris, sempre più vicina anche formalmente alla candidatura meno democratica di sempre dei democratici. Lo staff dei Dem lo vorrebbero il 10 settembre negli studi della ABC News, emittente liberal-socialista; i repubblicani invece chiedono che sia il 4 settembre su Fox News, emittente moderata ma non certo vicina ai conservatori.

In ogni caso, al di là delle narrative partigiane della stampa europea, rimane un fatto: la vicepresidente Kamala Harris è rimasta due settimane senza tenere una conferenza stampa formale, da quando è diventata la presunta candidata dei Dem per le presidenziali. Era infatti il 22 luglio, quando aveva dichiarato di aver ottenuto il sostegno dei quasi 4.000 delegati alla Convention nazionale democratica. Da allora ha fatto campagna elettorale, ha parlato a vari eventi e ha persino chiacchierato con i giornalisti qua e là, ma non ha fatto sinora una conferenza stampa formale o un'intervista su un programma di governo. La senatrice democratica Elizabeth Warren si è vantata alla CNN, la scorsa settimana, che il «più grande successo» di Kamala Harris come vicepresidente sia stato quello di essere la prima vicepresidente in carica a visitare una struttura per aborti e, come abbiamo già descritto su queste pagine, gli americani dovrebbero essere particolarmente preoccupati per la sua appassionata attività politica a favore dell'aborto senza limiti e fino alla nascita.

Non meno preoccupati dovremmo essere tutti noi per la nomina del candidato vicepresidente che i Dem sceglieranno. Oltre allo scandalo che investe in questi giorni il marito di Kamala Harris, quel Doug Emhoff che sabato scorso ha ammesso di aver tradito la sua prima moglie, con la quale è stato sposato dal 1992 al 2009, e aver avuto un figlio con la tata di famiglia, quadretto per nulla rassicurante per le famiglie americane, nubi dense circondano la possibile scelta del vice della Harris.

Tra essi il segretario al Dipartimento dei Trasporti, Pete Buttigieg, già contendente per la nomination presidenziale dei democratici nel 2020, notissimo per il suo impegno a favore dell’aborto illimitato e delle pretese Lgbt, dalla “transizione” in età infantile alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Nei giorni scorsi lo stesso Buttigieg ha dichiarato che la completa liberalizzazione dell’aborto «rende gli uomini più liberi di quanto sarebbero senza di esso», dimostrando la propria irresponsabilità, la promozione dell’aborto come contraccettivo, la totale banalizzazione dell’omicidio dell’innocente nel grembo materno, l’uso della donna come oggetto di piacere.

Il principale governatore in campo è Josh Shapiro, della Pennsylvania. Shapiro ha preso provvedimenti non solo per ampliare l'accesso all'aborto, ma anche per limitarne le alternative, chiudendo un programma trentennale di aiuti pubblici per i centri pro life per la gravidanza; invece, ha promosso una piattaforma web che facilita i contatti tra i residenti e le cliniche abortiste. Durante il fine settimana, intorno a Shapiro sono emerse molte preoccupazioni e proteste da parte di diversi movimenti femministi e per la tutela delle donne per aver coperto gli abusi di un suo stretto collaboratore e pagato 295.000 dollari di soldi pubblici per mettere a tacere la denuncia di una dipendente.

Tra gli altri governatori democratici ci sono: il governatore della Carolina del Nord, Roy Cooper, noto per aver posto il veto nel 2019 a un disegno di legge che chiedeva ai medici di salvare la vita dei bambini nati vivi dopo un tentativo di aborto; in seguito, sempre Cooper ha posto il veto a un altro disegno di legge che vietava la maggior parte degli aborti dopo 12 settimane. Da ricordare anche il governatore del Kentucky, Andy Beshear, anch’egli favorevole alle proposte pro aborto del suo partito; la governatrice del Michigan, Gretchen Whitmer, favorevolissima a qualunque legislazione che promuova attivamente l’aborto illimitato e la transizione di genere a qualunque età, oltre a limitare la libertà religiosa di chiese e organizzazioni pro vita; Tim Walz, governatore del Minnesota, che vuole trasformare il proprio Stato in un "rifugio" per l'aborto e nel 2023 ha firmato una legge che facilita l’aborto per i cittadini provenienti da altri Stati; infine, il governatore milionario Jay Robert Pritzker dell’Illinois ha approvato una nuova legislazione che abroga sia l'obbligo statale di notifica ai genitori per i minori che cercano di abortire, sia il divieto di aborto a nascita parziale. Pritzker ha inoltre fondato un'organizzazione politica di raccolta fondi, chiamata Think Big America, con lo scopo principale di sostenere l'accesso all'aborto a livello nazionale.

Insomma, se Kamala Harris vincesse sarebbe un’ecatombe per i concepiti, tanto più con un vicepresidente tra quelli che abbiamo elencato.