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SUPERPOTENZA

Usa e mercato delle armi, la logica dell'America First

Gli Usa sono in posizione dominante nella produzione e nell'esportazione di armamenti. Ma anche perché sono estremamente protezionisti nei confronti delle produzioni degli alleati, da cui non comprano nulla. In compenso non esitano a colpire con sanzioni quei paesi che provano a comprare armi dagli avversari, soprattutto dalla Russia

Esteri 29_10_2018
F-35, ora li compra anche il Belgio

Saranno anche la patria della libertà economica e i primi ad aver dato ai mercati la prerogativa di stabilire i destini del globo ma, almeno quando si tratta di vendere armamenti, gli USA utilizzano ogni trucco per alterare gli equilibri e  i mercati e mantenere nelle mani delle loro aziende le commesse interne.

Già, perché raramente un prodotto progettato dagli alleati europei (che pure comprano tanti prodotti militari “made in USA”) riesce a imporsi nelle gare per i nuovi equipaggiamenti delle forze armate statunitensi come ha dimostrato anche la recente gara per un nuovo addestratore vinta da Boeing sull’italiana Leonardo che pure presentava un velivolo di maggiori prestazioni. Inoltre, nei rari casi in cui gli europei vincono devono però realizzare i prodotti in stabilimenti siti negli USA e con un completo trasferimento di tecnologie. Nulla di nuovo a ben guardare: già con l’amministrazione Obama vennero cancellate commesse di velivoli italiani per miliardi di dollari (l’elicottero presidenziale AW-101 e i cargo tattici C-27J) sull’onda dello slogan presidenziale “buy american”.

Il peso degli USA sul mercato della Difesa è stato confermato ulteriormente nei giorni scorsi, non solo in termini di quantità e qualità dei prodotti ma anche in termini di influenza sui governi indotti a “comprare americano, con la vittoria del cacciabombardiere americano F-35 in Belgio. Bruxelles ne comprerà 34 esemplari preferendolo agli aerei europei Eurofighter Typhoon e Dassault Rafale. Giusto per capire quanta aria fritta si celi dietro all’annoso dibattito sull’Europa della Difesa e lo sviluppo di capacità militari autonome continentali. "Airbus Defence and Space rimane fermamente convinto che l’offerta presentata dal Team Eurofighter, costituito dai partner industriali di Regno Unito, Germania, Italia e Spagna, avrebbe rappresentato una scelta superiore per il Paese sia in termini di capacità operative che di opportunità industriali” ha reso noto con un comunicato l’azienda partner del consorzio Eurofighter che conclude sottolineando “l’opportunità persa per rafforzare la cooperazione industriale europea in tempi in cui l’UE è chiamata ad aumentare i suoi sforzi di difesa congiunta.”

Valutazioni simili le ha espresse il presidente francese, Emmanuel Macron, per il quale la scelta del Belgio di acquistare i caccia americani F-35 invece che jet europei va “strategicamente contro gli interessi europei”.  Di fatto è inutile parlare di “Europa” e di rapporto bilanciato tra gli alleati NATO se gli americani comprano il “made in Usa” e gli europei fanno la stessa cosa invece di favorire le proprie aziende del settore Aerispazio&Difesa, uno dei pochi esempi efficaci di integrazione o quanto meno di cooperazione europea. 

Del resto gli USA puntano ad accaparrarsi quasi tutto il mercato mondiale degli armamenti (nell’ultimo anno gli USA hanno venduto armi per 55,6 miliardi di dollari, il 30% in più rispetto all’anno precedente, un risultato inferiore solo ai 69,1 miliardi del 2012) e per farlo non si fanno scrupolo a utilizzare il sistema delle sanzioni per chi acquista prodotti militari dai rivali russi. La commissione Difesa del parlamento russo ha infatti lamentato le misure minacciate da Washington nei confronti di molti paesi che acquistano armamenti russi nel nome delle sanzioni imposte a Mosca (anche dalla Ue) in seguito alla crisi ucraina e all’annessione della Crimea alla Russia, giudicata illegale a Washington. Il sistema delle cosiddette Countering America's Adversaries Through Sanctions Act (CAATSA), colpisce i paesi acquirenti di armi russe come la Cina che ha adottato il sistema antimissile S-400 e i caccia Sukhoi Su-35, ma potrebbe colpire anche la Turchia (ha comperato gli S-400 facendo arrabbiare Usa e NATO), l’India (S-400 più navi, aerei, missili ed elicotteri) e tanti altri stati quali il Vietnam (sottomarini e caccia Sukhoi), l’Indonesia e Algeria che sono da un lato amici di Usa e Occidente pur restando alleati militari anche a Mosca.

La tendenza degli USA di imporre sanzioni a Paesi con i quali non hanno un consistente interscambio commerciale (Russia, Iran, Corea del Nord….) salvo poi minacciare di rappresaglie gli Stati che non intendono sacrificare i loro affari adottando supinamente le sanzioni americane (è il caso dell’Europa con l’Iran), mostra tutta l’arroganza ma al tempo stesso anche i limiti di Washington. Molti degli Stati che dovrebbero finire sotto sanzioni CAATSA per aver acquistato armi russe sono in realtà alleati o partner importanti per gli USA. L’India ad esempio è un alleato fondamentale contro l’ampliamento dell’area di influenza cinese ma è anche il principale acquirente di armi russe: sanzionarla significherebbe per Washington rischiare di compromettere l’intesa strategica e bruciare i contratti per miliardi che riguardano la fornitura di armi americane a Nuova Delhi oltre a obbligare gli indiani a rinsaldare ulteriormente i rapporti con Mosca.Anche col Vietnam, l’ex nemico oggi partner di Washington per paura della Cina, l’adozione di sanzioni sarebbe un autogol per gli Usa così come per molti paesi arabi e persino le monarchie del Golfo, alleati di ferro dell’America ma anche acquirenti di armi russe. E’ il caso dell’Indonesia che ha ordinato di recente 11 caccia multiruolo Sukhoi Su-35 ma, secondo il quotidiano russo Kommersant, Mosca sarebbe costretta a posticiparne la consegna a causa delle complicazioni causate dalle sanzioni statunitensi.

Trump e il Congresso dovranno decidere se applicare le sanzioni a tutti gli acquirenti di armi russe o a concedere deroghe ad alcuni di essi, ridicolizzando così definitivamente il significato del CAATSA. Su questi temi non tutte le partite sono facili per gli USA come quella giocata in Afghanistan dove le forze di Kabul sono state costrette dagli statunitensi ad abbandonare armi e velivoli di origine russa, (robusti, affidabili e ben noti al personale afghano) per adottare prodotti americani più costosi, più complessi da tenere in manutenzione e meno adatti al contesto bellico afghano. Certo il governo afghano, che ha bisogno dei soldati Usa e Nato per sopravvivere, non esprime molta “sovranità” ma con altri Stati ben più autonomi e orgogliosi la musica cambia.

A favore delle deroghe alle sanzioni sembra infatti muoversi il segretario alla Difesa americano James Mattis (”quasi sfiduciato” qualche settimana or sono dal presidente Trump) che avrebbe chiesto ai membri del Congresso di rinunciare a sanzioni contro India, Indonesia e Vietnam, partner indispensabili alla strategia USA di contenimento della potenza navale cinese.