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il caso bergoglio

Uno, nessuno, tre papi: dai gay a Rupnik quante versioni

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Lo strano caso di Bergoglio e delle sue diverse facce. Dalle tre versioni sul recente ricovero alle benedizioni gay: prima dice no alla Cdf, poi "ni" ai tedeschi e infine sì ai belgi. Idem su Rupnik: il primo dice di non sapere, l'altro è garantista e l'ultimo decisamente "misericordista". 

Ecclesia 04_05_2023

Lo Scisma d’Occidente è tornato tra noi. Ormai è ufficiale: abbiamo due Papi, anzi tre. Una grave crisi all’interno della Chiesa, certo, ma che finalmente permette di spiegare le apparenti contraddizioni relative al Sommo Pontefice, al punto che qualcuno stava iniziando a pensare che abbiamo a che fare con un papa che dice le bugie.

Dunque, i tre papi. Il primo si è recato al Policlinico Gemelli, il 29 marzo scorso, «per alcuni controlli precedentemente programmati», secondo l’annuncio del Direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni. Il secondo, nello stesso giorno, è finito nello stesso ospedale – quando si dice la coincidenza… -, ma per tutt’altro problema: una brutta infezione respiratoria, che si rivelerà poco dopo una «bronchite su base infettiva», ma nulla a che vedere con il Covid-19. Il terzo, sempre in quello che sarà d’ora in avanti ricordato come il giorno nero dei papi (e degli antipapi), finisce nello stesso ospedale, ma messo ancora peggio: «polmonite acuta e forte, nella parte bassa dei polmoni», come ha riferito lui stesso. Il punto è che i tre sono praticamente identici, indistinguibili, se non fosse per le evidenti contraddizioni.

Il primo papa dev’essere quello che ha tenuto l’Udienza generale alle ore 9, nel piazzale antistante la Basilica. E’ evidente: oltre un’ora di Udienza all’aperto, con diversi interventi letti e mai un colpo di tosse (vedi qui). I controlli programmati avranno riguardato l’alluce valgo. Il secondo era chiuso nel suo appartamento, perché la bronchite mica ti viene all’improvviso; ma non è quello che poi è volato in Ungheria, dal momento che, durante il viaggio di ritorno in aereo, ha dichiarato ai giornalisti di aver avuto la polmonite un mese prima. Quest’ultimo ha poi comunicato di non aver mai perso i sensi. Dunque ad aver invece perso conoscenza dev’essere stato per forza quello con la bronchite.

Ma da quando si perdono i sensi per una bronchite? A dire il vero, nemmeno per una polmonite. Figuriamoci poi per una visita programmata, a meno che la tensione di scoprire l’alluce più valgo del solito non abbia fatto straripare l’ansia. Che ci sia un quarto papa, che invece ha avuto un malore, un infarto? Roba da complottisti.

Adesso risultano più chiare anche altre faccende ecclesiali. Per esempio quella delle benedizioni alle coppie gay. Un papa è quello che nel 2021 aveva concesso un’udienza all’allora Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, Mons. Giacomo Morandi, acconsentendo alla pubblicazione del Responsum del 15 marzo, che respingeva la possibilità di benedire unioni omosessuali. Il secondo è quello che si è indispettito con i vescovi tedeschi e il loro cammino sinodale, ma preferisce evitare il confronto, mandando avanti alcuni cardinali a sbrigare la faccenda. Il terzo è quello che ha incontrato i vescovi belgi e ha salutato la loro decisione di benedire le coppie gay come un bell’esempio di collegialità episcopale.

Poi c’è la vicenda di Rupnik.  Anche qui, ci devono essere almeno tre papi. Il primo aveva decisamente dichiarato ad Apnews di non saperne proprio nulla. Il che suggerisce che probabilmente questo papa viva lontano da Roma ed abbia uno stile di vita eremitico, simile a quello di papa Celestino, salvo l’eccezione dell’intervista. Una e una sola. Poi c’è il papa che sapere, sapeva, ma, con una spiccata nota garantista, ha deciso di lasciar cadere in prescrizione una decina di gravissime denunce da parte di ex-suore. D’altra parte, mica erano dei minori. Però non ha proprio idea di chi possa aver tolto la scomunica latae sententiae al gesuita sloveno. Infine, c’è quello più dispettoso di tutti (dev’essere quello con l’alluce valgo), che si è infilato alla chetichella nello studio di quello che qualcosa sapeva – perché il primo proprio non ne sapeva niente -, ha afferrato la notifica di scomunica della Congregazione e ci ha scritto sopra: da consumare entro e non oltre la fine del corrente mese.

Adesso non venite a chiedere se il papa che non sapeva niente di niente sia il medesimo di quello con la bronchite e lo stesso che ha parlato con Morandi; chiedetelo a Tornielli o a Bruni, che sono sempre ben informati. Ma che siano almeno tre è un fatto acclarato. E così si spiega anche l’elevato numero di interviste e di Motu Proprio.

Non abbiamo però solo tre Bergoglio, ma anche (almeno) due Verschueren. Uno è quello che, dal 2020, era superiore diretto di Rupnik, in quanto Delegato del Superiore Generale della Compagnia di Gesù per le case e opere interprovinciali di Roma. Era insomma quello che sapeva delle denunce ritenute credibili dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e della scomunica per assoluzione del complice; ed era quello che aveva imposto delle restrizioni al confratello sloveno. Poi c’è il suo sosia, che non batteva ciglio quando Rupnik andava in giro per l’Italia e per il mondo, aggirando così le restrizioni.

Il primo era quello che sapeva sicuramente che Rupnik, dal 2007 (vedi qui), detiene il 90% della srl Rossoroblu, che gestisce commissioni e pagamenti delle opere artistiche dell’Atelier del Centro Aletti. Eh sì, perché vuoi che un superiore non si interroghi di dove vadano a finire centinaia di migliaia di euro – mica bruscoli – ricavati dalla realizzazione dei mosaici del confratello? Anche perché, la società non aveva sede all’estero, in chissà quale paradiso fiscale, ma in Via Paolina 25, ossia al Centro Aletti. Sotto il naso di Verschueren, che si occupa, meglio ribadire, proprio delle case di Roma. Il primo. Perché invece Verschueren, il secondo, è cascato dalle nuvole: «È una notizia completamente nuova per me e anche abbastanza scioccante».

Eh già, perché Rupnik è un religioso che ha fatto il voto di povertà, e chi fa il voto di povertà non può possedere nulla di proprio, salvo dispensa dei superiori, non pervenuta; come aveva fatto quello di castità, e chi fa il voto di castità mica… lasciamo perdere. Ma evidentemente anche Rupnik è e non è, come i suoi due superiori immediati e i tre supremi. Ed hanno una caratteristica comune: tre e due, cinque, e due, sette: tutti gesuiti.