Uniti per sconfiggere tutti i terrorismi
Il terribile massacro contro la comunità musulmana avvenuto a Christchurch, in Nuova Zelanda, richiede a tutti, dagli Stati alle singole persone, un impegno contro ogni forma di terrorismo. L’estremismo razzista di Brenton Tarrant è da equiparare allo stragismo dell’Isis che trova fondamento nell’ideologia dei Fratelli Musulmani. Servono misure specifiche per contrastare la proliferazione dell’odio, a partire dalla chiusura dei luoghi dove questo viene seminato.
Uniti contro tutti i terrorismi. È quanto il terribile massacro avvenuto nelle due moschee di Christchurch, Nuova Zelanda, richiede agli Stati, alle organizzazioni, alle civiltà, ai popoli, agli individui, a tutti i componenti della comunità internazionale. Sebbene ci sia una sostanziale differenza nella vastità del fenomeno e nella rete organizzativa, l’estremismo razzista del ventottenne Brenton Tarrant, che ha lasciato sul campo decine di morti e oltre 20 feriti, è da equiparare allo stragismo tagliagole e suicida dell’Isis che trova fondamento nell’ideologia dei Fratelli Musulmani. Pertanto, le stesse misure di contrasto vanno adottate nei confronti dei gruppi e dei movimenti riconducibili all’estrema destra, anche se le azioni dei terrositi come Brenton appaiono solitarie.
In primo luogo, bloccare le fonti di finanziamento. Se il terrorismo jihadista trova la sua principale fonte di sostentamento nelle immense risorse finanziarie di Stati canaglia come il Qatar, da dove proviene il denaro con cui sono stati acquistati i fucili utilizzati da Tarrant? Inoltre, c’è la questione dei luoghi di “culto” e d’incontro per il proselitismo. Il militantismo radicale e jihadista dei Fratelli Musulmani viene veicolato attraverso una vasta rete di moschee e sale di preghiera (legali e illegali), centri culturali e di aggregazione sociale, sparsi in tutto il mondo. Bisogna allora procedere all’immediata chiusura dei luoghi dove avviene l’indottrinamento e il reclutamento. Ma allo stesso modo bisogna risalire alle fonti che generano il terrorismo di Tarrant. Così come è necessaria l’adozione di misure più efficaci in ambito cibernetico, volte a contrastare l’uso di Internet e dei social media da parte di questi stessi gruppi.
I parallelismi non finiscono qui. L’indottrinamento e il reclutamento di estrema destra avvengono anche in prigione e per i detenuti a rischio “radicalizzazione” in tal senso occorrono specifiche politiche carcerarie. Poi le narrative. Al pari dell’Isis e dei Fratelli Musulmani, il militantismo razzista poggia su concezioni della realtà e ricostruzioni storiche a dir poco artificiose, con i suoi miti ed “eroi”, i cui nomi Brenton ha avuto la maniacale cura di scrivere sulle armi imbracciate per uccidere gli “invasori”. Tra questi, l’immancabile Anders Breivik, l’autore del massacro di 77 persone a Oslo e sull’isola di Utoya nel 2011, e Alexandre Bissonnette, che ha appena ricevuto una condanna a 40 anni di carcere per aver ucciso sei fedeli in una moschea della città di Québec, nell’omonima provincia canadese. A ciò va contrapposto un discorso persuasivo ed efficace sia nella fase della prevenzione che della de-radicalizzazione, evitando approcci ideologici e strumentalizzazioni, in particolare su temi quali religione e immigrazione, che contribuiscono ad alimentare la tensione che sfocia nella follia di estrema destra.
L’attentato terroristico di Christchurch può rappresentare uno spartiacque. Il pericolo ora è che s’ingeneri una dinamica di botta e risposta, vendette e rappresaglie, che può dar luogo a nuovi attacchi ovunque nel mondo. Bisogna pertanto fermare l’escalation del terrorismo. I neozelandesi e gli occidentali non c’entrano, come non c’entrano le popolazioni arabe e musulmane nel loro insieme. Si tratta di minoranze incendiarie, che puntano alla destabilizzazione e non alla risoluzione dei problemi. Tutti uniti, dunque, per evitare nuovi pazzi alla Breivik, Bissonnette, Brenton, così come nuovi Charlie Hebdo, Bataclan, mercatini di Natale. E per difendere l’umanità dall’ascesa del male.