Un'invettiva antipopulista per la teologia dell'accoglienza
Papa Francesco a Bari per la chiusura dell'incontro sul Mediterraneo si è spinto nuovamente nel parallelo tra le nuove forme di populismo e i discorsi che seminavano paura negli anni '30. Un'invettiva che è parte integrante della sua teologia dell'accoglienza.
Nell'Italia alle prese con l'emergenza coronavirus, papa Francesco è arrivato a Bari per l'incontro "Mediterraneo, frontiera di pace". Il discorso del pontefice ha chiuso l'iniziativa promossa dalla Cei e che ha visto la partecipazione dei 58 vescovi e patriarchi dell'area interessata. Le parole di Bergoglio, che hanno preceduto la Messa celebrata in Corso Vittorio Emanuele II, hanno voluto sottolineare la storia ed il ruolo strategico del Mare Nostrum ("luogo fisico e spirituale nel quale ha preso forma la nostra civiltà, come risultato dell’incontro di popoli diversi") e al tempo stesso sono risuonate come un pesante j'accuse lanciato contro governanti e politici.
All'origine dell'invettiva papale, ancora una volta, il nodo migranti. Francesco ha rilevato che "il numero di questi fratelli, costretti ad abbandonare affetti e patria e ad esporsi a condizioni di estrema precarietà, è andato aumentando a causa dell’incremento dei conflitti e delle drammatiche condizioni climatiche e ambientali di zone sempre più ampie", prevedendo che questo fenomeno non è destinato ad arrestarsi a breve e deve, perciò, far trovare pronti le istituzioni statali e religiose.
Bergoglio se l'è presa con il diffuso "senso di indifferenza e perfino di rifiuto (...) di quanti si chiudono nella propria ricchezza e autonomia, senza accorgersi di chi, con le parole o semplicemente con il suo stato di indigenza, sta invocando aiuto". Secondo il pontefice, "si fa strada un senso di paura, che porta ad alzare le proprie difese davanti a quella che viene strumentalmente dipinta come un’invasione". Responsabilità, a suo dire, anche della "retorica dello scontro di civiltà" che servirebbe solo a "giustificare la violenza e ad alimentare l’odio". E il papa ha individuato proprio nella "debolezza della politica e il settarismo" le "cause di radicalismi e terrorismo".
A braccio, entrando ancora di più nello specifico, Bergoglio si è spinto nuovamente a dirsi impaurito dall'ascolto di "qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo" che gli fa tornare alla mente i "discorsi che seminavano paura e poi odio nel decennio ’30 del secolo scorso". Non è la prima volta che il pontefice scomoda un paragone così pesante per definire i cosiddetti populismi: lo aveva già fatto in un'intervista del 2017 al Paìs e in un incontro con giovani ed anziani all'Istituto Patristico Augustinianum nell'ottobre del 2018.
Francesco, inoltre, ha esaltato il Mediterraneo come "mare del meticciato", sostenendo che in tale veste trova nell'accoglienza e nella dignitosa integrazione la sua vocazione. "Non lasciamo - questo l'appello del papa ai vescovi presenti a Bari - che a causa di uno spirito nazionalistico, si diffonda la persuasione contraria, che cioè siano privilegiati gli Stati meno raggiungibili e geograficamente più isolati. Solamente il dialogo permette di incontrarsi, di superare pregiudizi e stereotipi, di raccontare e conoscere meglio sé stessi".
A tal fine, Francesco ha auspicato il "bisogno di elaborare una teologia dell’accoglienza e del dialogo che reinterpreti e riproponga l’insegnamento biblico", un terreno su cui si dovrebbe realizzare - a suo parere - anche "un incontro più vivo tra le diverse fedi religiose" nel solco del Documento di Abu Dhabi - da lui citato - facendo sì che non si escludano "i semi di verità di cui anche gli altri sono depositari". Dunque, per Francesco l'accoglienza dei migranti può diventare un punto comune nell'ambito dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso, in grado di arginare "estremismi e fondamentalismi".