Una voce profetica in Terra Santa
Per padre David Neuhaus, vicario del Patriarcato Latino di Gerusalemme, il problema mediorientale nasce dall'interpretazione ideologica della religione. Una visione in cui "Dio combatte il mio nemico, al mio fianco". Serve scardinare questa logica, come ha cercato di fare Papa Francesco.
«È essenziale disarmare la violenza, ma prima deve essere denunciata la strumentalizzazione della religione» ha detto questa mattina alla Radio Vaticana, nel radiogiornale in lingua francese, il gesuita padre David Neuhaus, vicario del Patriarcato Latino di Gerusalemme per la comunità cattolica ebreofona d’Israele.
Richiestogli quali soluzioni vedesse per far diminuire le tensioni e non lasciare posto alle strumentalizzazioni politiche, evidenti nei discorsi degli ultraortodossi ebrei, nei discorsi in campo musulmano, mentre la saggezza viene relegata a un secondo piano, ha subito chiarito che «il problema non è rappresentato dagli ultra-ortodossi ma dagli ortodossi nazionalisti, ultra-nazionalisti. Gli ultra-ortodossi, ad esempio, sono totalmente contrari a recarsi sulla Spianata (anticamente del Tempio ebraico, oggi delle Moschee, ndr). E noi cosa possiamo fare da subito ? Pur essendo una piccolissima comunità, abbiamo una forza che si può manifestare su diversi piani. A cominciare dal nostro parlare che però è un contro-discorso, in quanto va chiaramente controcorrente. Un magnifico esempio di questo discorso ce lo ha dato papa Francesco. Quando egli è venuto qui in visita, ha parlato con un contro-discorso; ha insistito cioè, come i suoi predecessori, nel recarsi dappertutto. E non ha fatto scelte, ha voluto visitare tutti. Negli incontri ha poi usato sempre la stessa parola, risuonata ovunque durante la visita: “Fratelli, fratelli miei ”. E non è stato un convenevole.
«Si è recato nella Spianata delle Moschee e ha detto ai musulmani “Fratelli miei”, è andato dagli ebrei e li ha chiamati “Fratelli miei”. Ed ha spiegato così quel che sottende questa parola: “Come posso vedere come nemico mio fratello?”. In Vaticano (l’ 8 giugno scorso, ndr) egli ha avuto da un lato il presidente palestinese, dall’altro quello israeliano ed ha spiegato: “Quando ci mettiamo davanti a Dio dobbiamo convincerci che è Lui il nostro Dio e il Padre di tutti noi. Lui non fa alcuna distinzione.
«Parlando della strumentalizzazione della religione, precisiamo intanto cosa sia: “è credere che Dio sta dalla mia parte e detesta il mio nemico come lo detesto io, che fa la guerra contro il mio nemico come la faccio io". E questa è la manipolazione più rozza della religione. Papa Francesco dice chiaramente di smetterla con questa ideologia: non è affatto la religione ma l’idolatria a creare un Dio al mio fianco e a negare che questo Dio possa essere anche il padre del mio nemico.
«Penso che la Chiesa di qui (di Terra Santa, ndr) abbia questa vocazione. Radicata com’è nella società palestinese araba e nella società israeliana ebraica, la Chiesa deve proclamare questa verità, proclamare che la religione in quest’epoca di violenza è voce profetica di pace e giustizia fondate su perdono e riconciliazione. E che non possa essere manipolata per rafforzare le passioni che insorgono in tempo di guerra».
Sarà che una chiave di incomprensione di queste tensioni risieda anche nel fatto che in molti Paesi occidentali – ha chiesto l’intervistatore a padre Neuhaus – la religione e gli affari religiosi siano considerati, per difetto di cultura, come qualcosa di estraneo? Ed infatti, giornalisti, media, ricercatori concentrano i loro interessi sulla politica, o sulla religione strumentalizzata dai politici, senza scoprire i valori delle parole del Papa, delle parole della gente di pace, le parole della Chiesa locale.
«Può darsi. Ma qui da noi la religione è centrale, forse troppo. È una religione che esiste in due forme; una considerata espressione di un apparato sporco, riprovevole per la violenza e il terrorismo da cui rifuggire. Mi rifugio in una moschea, nella sinagoga, in una chiesa per santificarmi. Ma questo è problematico, la religione deve essere attiva nel mondo per trasformare il mondo. L’altro tipo di religione abbastanza diffuso tra noi è la religione strumento ideologico: “Dio è dalla mia parte”.
«Francesco di dice no, la religione è una forza profetica, per trasformare il mondo. Forse questo si è perduto nel mondo occidentale, e penso che sia dovuto a una Chiesa che talvolta ha paura, che si chiude in se stessa, perché ha uno sguardo sprezzante verso il mondo.
«A noi occorre vincere questa paura, proclamare questo messaggio, uscire per fare questo discorso, uscire tra le nostre istituzioni, per trovare degli alleati nella società, tra i laici, tra gli ebrei, tra i musulmani, anche tra coloro che sono un po’ d’accordo con la nostra visione o che restano un po’ colpiti da un discorso che ha come base la ricerca del bene comune, non già degli interessi particolari».