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COP24

Una strana alleanza contro la lotta al global warming

Ieri mattina, a Katowice, in Polonia, è incominciata la 24ma Conferenza sul Cambiamento Climatico (Cop24) sponsorizzata dalle Nazioni Unite. E la conferenza parte zoppa. È infatti fallito il tentativo di introdurre nel negoziato l’ultimo studio pubblicato dall’Ipcc, a causa dell'opposizione di Usa, Russia, Arabia Saudita e Kuwait. 

Creato 11_12_2018
Emissioni

Ieri mattina, a Katowice, in Polonia, è incominciata la 24ma Conferenza sul Cambiamento Climatico (Cop24) sponsorizzata dalle Nazioni Unite. E la conferenza parte zoppa. È infatti fallito il tentativo di introdurre nel negoziato l’ultimo studio pubblicato dall’Ipcc, il gruppo internazionale di studio del cambiamento climatico. Ad opporsi al suo inserimento nell’agenda dei lavori è stata un’alleanza inedita, formata da Usa, Russia, Arabia Saudita e Kuwait. E fra questi, comunque, sono soprattutto gli Usa del presidente Donald Trump a opporre resistenza all’agenda ambientalista.

Lo studio dell’Ipcc, organo scientifico delle Nazioni Unite, aveva pubblicato un rapporto sull’impatto dell’aumento di temperatura globale di 1,5 gradi centigradi. Il documento aveva avuto un forte impatto politico immediato quando era stato divulgato a ottobre. Secondo il rapporto, il mondo è completamente fuori strada, mantenendo l’attuale ritmo di emissioni di CO2 e in generale il nostro stile di produzione e di vita, si arriverebbe a un aumento globale di temperatura di 3 gradi centigradi. Raggiungere l’obiettivo di un aumento di temperatura contenuto a 1,5 gradi centigradi significherebbe un “cambiamento rapido e profondo, senza precedenti, in tutti gli aspetti della vita sociale”. Se si vuole raggiungere l’obiettivo entro il secolo, le emissioni di carbonio devono essere praticamente dimezzate (45%) entro il 2030. Dunque un obiettivo estremamente ambizioso, con una scadenza che è dietro l’angolo.

Il voto contrario di Usa, Russia, Arabia Saudita e Kuwait, ha fatto sì che il documento dell’Ipcc non fosse più considerato come il “benvenuto”. Si è sostituita la formula di accettazione piena con una più neutrale, in cui si afferma che la Conferenza “tiene conto” dello studio. Oltre alla comprensibile frustrazione della maggioranza dei paesi europei presenti alla Conferenza, questo voto dell’inedita alleanza ha suscitato le ire degli scienziati e dei climatologi in modo pressoché unanime. Osservatori del negoziato affermano che Usa e Arabia Saudita avessero sostanzialmente sostenuto il rapporto lo scorso ottobre. Nei mesi successivi avrebbero invece cambiato linea dopo aver valutato le implicazioni politiche della sua piena accettazione nella Conferenza.

La Russia ha una storia complicata con le conferenze sul clima, a periodi alterni è contraria e favorevole sulle politiche di riduzione del riscaldamento globale, ma è comunque parte del Protocollo di Kyoto dal 2004, che è la base di tutte le politiche climatiche. Proprio la ratifica russa è considerata quella che ha salvato il Protocollo da un possibile fallimento. E anche l’Arabia Saudita e il Kuwait hanno firmato e ratificato. Gli Usa no. Nonostante la presidenza Obama e il suo attivismo ambientalista, gli Stati Uniti sono firmatari, ma non hanno ratificato il protocollo di Kyoto.

E sono soprattutto gli Stati Uniti, da quando è Donald Trump alla Casa Bianca, ad opporsi frontalmente al trend della politica sul cambiamento climatico. Con una scelta dalla forte carica simbolica e provocatoria, proprio a Katowice, mentre i rappresentanti degli altri Stati sono riunti a parlare di energie rinnovabili e di riduzione delle emissioni, Trump ha organizzato un incontro a margine, per promuovere il carbone pulito e altri combustibili fossili, bestia nera di tutti gli ambientalisti. Secondo quanto dichiara il Dipartimento di Stato, l’evento americano a Katowice “sarà l’occasione per mostrare l’uso dei combustili fossili nel modo più pulito ed efficace possibile, così come l’uso dell’energia nucleare, che è priva di emissioni”. Altra stoccata, considerando che i promotori dell’agenda climatica sono anche anti-nuclearisti, tendenzialmente. A partire dalla Germania che ha accantonato il suo sviluppo elettrico-nucleare dopo l’incidente di Fukushima, a seguito del terremoto in Giappone del 2011. Oltre all’anti-Conferenza sul Carbone, gli Usa stanno cambiando completamente l’approccio al tema energetico e climatico al loro interno. L’Agenzia per la protezione ambientale (Epa) ha infatti autorizzato la ricerca e lo sfruttamento dei petrolio in territori di milioni di acri che fino a questo momento erano protetti. Inoltre, sempre l’Epa ha annunciato la prossima rimozione di norme che imponevano la costruzione di nuovi impianti a carbone e le loro emissioni.

Gli Usa stanno lavorando per diventare la nazione più inquinante del pianeta? No, a quanto risulta dai dati, anche dopo l’inversione di rotta di Donald Trump, gli Stati Uniti sono la grande nazione industrializzata che più ha ridotto le emissioni di carbonio. Una diminuzione dello 0,5% in un anno, secondo le stime della British Petroleum nel 2018. (Di meglio ha fatto il Regno Unito, che registra una riduzione di -2,7% e altre più piccole nazioni europee, soprattutto quelle scandinave, ma non sono paragonabili, quanto a dimensioni. L'Europa, nel suo complesso, registra un aumento del 2,5%). E questo nonostante, nel 2017, si sia registrata anche una crescita del 3% del Pil. Le cause di questo apparente paradosso? Tecnologiche, dunque una produzione di energia più pulita dalle fonti fossili e soprattutto la rivoluzione di gas di scisti, che rende più disponibile energia pulita prodotta in maggiori quantità in territorio statunitense. Gli Usa, dunque, sentono ancora meno il bisogno di farsi legare le mani da nuove e costose regolamentazioni, anche perché ogni sacrificio compiuto in nome del clima ha un costo economico e sociale.

E’ soprattutto per questo motivo che Trump sta osservando con malcelata soddisfazione i moti dei gilet gialli scoppiati in Francia, la cui causa è un’eco-tassa imposta sul prezzo dei carburanti proprio nel nome della lotta al riscaldamento globale.