Una speranza che non delude
Nell'udienza generale del 10 aprile Papa Francesco ha proseguito le catechesi, iniziate da Benedetto XVI, sul Credo e l'Anno della fede. Dalla consapevolezza di essere figli di Dio nasce una forma particolarmente intensa di speranza.
Nell'udienza generale del 10 aprile 2013 Papa Francesco ha proseguito le catechesi, iniziate da Benedetto XVI e da lui proseguite a partire dal 3 aprile, sul Credo e l'Anno della fede.
La settimana scorsa il Pontefice aveva proposto una meditazione sulla Resurrezione come «evento», fatto storico realmente accaduto e non semplice racconto o simbolo. Senza la fede in questa dimensione fattuale della Resurrezione, aveva detto il Papa, non c'è propriamente cristianesimo.
«La nostra fede - ha proseguito Papa Francesco, riprendendo le conclusioni della precedente udienza - si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa».
La meditazione del 10 aprile è proseguita affrontando il tema della «portata salvifica» della Resurrezione. L'evento in cui il Signore è risorto è stato collegato al Battesimo, alla misericordia di Dio e alla speranza.
«Che cosa significa per la nostra vita la Risurrezione? E perché senza di essa è vana la nostra fede?». Per rispondere a queste domande, il Pontefice è partito dalla Prima Lettera di San Pietro: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce».
In questo brano, ha spiegato il Papa, san Pietro ci dice che anzitutto «con la Risurrezione di Gesù qualcosa di assolutamente nuovo avviene: siamo liberati dalla schiavitù del peccato e diventiamo figli di Dio, siamo generati cioè a una vita nuova».
San Pietro non ci propone questa affermazione in modo puramente teorico. La frase ha una portata sacramentale e liturgica, e allude al rito del Battesimo.
«In antico, esso si riceveva normalmente per immersione. Colui che doveva essere battezzato scendeva nella grande vasca del Battistero, lasciando i suoi vestiti, e il Vescovo o il Presbitero gli versava per tre volte l’acqua sul capo, battezzandolo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poi il battezzato usciva dalla vasca e indossava la nuova veste, quella bianca: era nato cioè a una vita nuova, immergendosi nella Morte e Risurrezione di Cristo. Era diventato figlio di Dio».
Anche san Paolo nella Lettera ai Romani allude al rito del Battesimo quando scrive: voi «avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: “Abbà! Padre!”». «Abbà» è una forma colloquiale che, più che con «padre», possiamo tradurre con «papà». «Così - ha detto il Papa - è il nostro Dio: è un papà per noi». È questo «è il più grande dono che riceviamo dal Mistero pasquale di Gesù»: «Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo.
Già nell’Antico Testamento, il profeta Isaia affermava che se anche una madre si dimenticasse del figlio, Dio non si dimentica mai di noi, in nessun momento».
A questo tema - la misericordia di Dio Padre, che ci aspetta e ci accoglie sempre -, autentico filo rosso che lega tutti i primi interventi di Papa Francesco, il Pontefice ha aggiunto un elemento ulteriore. Ha osservato che «questa relazione filiale con Dio non è come un tesoro che conserviamo in un angolo della nostra vita, ma deve crescere, dev’essere alimentata ogni giorno con l’ascolto della Parola di Dio, la preghiera, la partecipazione ai Sacramenti, specialmente della Penitenza e dell’Eucaristia, e la carità».
Non basta riconoscere che siamo figli di Dio, come se si trattasse di qualche cosa di puramente teorico, che non cambia la nostra vita. «Noi possiamo vivere da figli! E questa è la nostra dignità - noi abbiamo la dignità di figli -. Comportarci come veri figli! Questo vuol dire che ogni giorno dobbiamo lasciare che Cristo ci trasformi e ci renda come Lui; vuol dire cercare di vivere da cristiani, cercare di seguirlo, anche se vediamo i nostri limiti e le nostre debolezze». Non è scontato, e non è sempre facile. «La tentazione di lasciare Dio da parte per mettere al centro noi stessi è sempre alle porte e l’esperienza del peccato ferisce la nostra vita cristiana, il nostro essere figli di Dio. Per questo dobbiamo avere il coraggio della fede e non lasciarci condurre dalla mentalità che ci dice: “Dio non serve, non è importante per te”, e così via. È proprio il contrario: solo comportandoci da figli di Dio, senza scoraggiarci per le nostre cadute, per i nostri peccati, sentendoci amati da Lui, la nostra vita sarà nuova, animata dalla serenità e dalla gioia».
Dalla consapevolezza di essere figli di Dio nasce una forma particolarmente intensa di speranza. «Il Signore Risorto è la speranza che non viene mai meno, che non delude (cfr Rm 5,5). La speranza non delude». O più esattamente, parlando di speranza, «quella del Signore» non delude, mentre le speranze umane spesso falliscono.
«Quante volte nella nostra vita le speranze svaniscono, quante volte le attese che portiamo nel cuore non si realizzano! La speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele».
«A chi ci chiede ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15) - ha concluso il Papa - indichiamo il Cristo Risorto. Indichiamolo con l’annuncio della Parola, ma soprattutto con la nostra vita di risorti». Non è sufficiente annunciare senza vivere, ma neppure è sufficiente per vivere da risorti «seguire dei comandi». «Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui; è lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male e del peccato».
Il cammino è impegnativo ma la ricompensa è straordinaria: «la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere in Cristo, che è la vera libertà, quella che ci salva dalla schiavitù del male, del peccato, della morte!».