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EDITORIALE

Una regola per il web: nessuno può diffamare impunemente

Arriva in aula alla Camera la proposta di legge per disciplinare giuridicamente la Rete. Positiva la base di partenza, ma c'è una pericolosa ambiguità che riguarda la possibilità per i blogger di insultare chiunque.

Editoriali 04_08_2013
Il giudizio sul web

Il tema della disciplina giuridica della Rete e della possibile estensione a internet delle norme pensate per i media tradizionali continua ad essere al centro del dibattito tra gli utenti-navigatori e tra i giuristi. Occorre una regolamentazione flessibile che assicuri la tutela dei diritti della personalità dei soggetti coinvolti nelle informazioni che circolano, senza menomare la libertà d'espressione.

Le questioni sul tappeto sono diverse, e tutte collegate tra loro: l'obbligo di registrazione per i siti internet e per i blog; il dovere di rettificare le notizie inesatte che vengono pubblicate on line; le responsabilità per la diffamazione commessa attraverso la Rete.

A questi punti cerca di dare una risposta una proposta di legge approvata in Commissione giustizia alla Camera e che va contestualizzata nella discussione più generale sulla riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa. In commissione è passato un testo figlio delle “larghe intese” (relatori Enrico Costa, Pdl e Walter Verini, Pd) che equipara solo in parte la Rete ai media tradizionali, obbligando alla rettifica, oggi prevista solo per la carta stampata, anche le testate giornalistiche web regolarmente registrate e con un direttore responsabile. Restano esenti da quest'obbligo i blog, concepiti come diari in rete e curati da un blogger assolutamente non assimilabile ad un direttore di una testata giornalistica.

Questa disciplina, che ora dovrà essere discussa a Montecitorio all'interno del testo di legge sulla diffamazione, ha già ottenuto il gradimento dei due maggiori partiti, ma anche di Scelta civica e Lega, mentre Sel si è astenuta e il Movimento Cinque Stelle, che vorrebbe una Rete esonerata da ogni vincolo, ha votato contro.

Il testo Costa-Verini può considerarsi una buona base di partenza, anche perché accredita implicitamente la corretta interpretazione fin qui data alla legge 7 marzo 2001, n.62 sui prodotti editoriali. Inizialmente quella legge fu accolta da molti addetti ai lavori come una legge di equiparazione tra internet e carta stampata e fu vista come un bavaglio ai siti web, che insorsero con una singolare protesta in Rete. Poi fu chiarita la reale portata di quella norma, che non assimilava forzatamente e inopportunamente mezzi di informazione in realtà troppo diversi tra loro, ma semplicemente obbligava alla registrazione solo i siti internet aggiornati periodicamente, con un logo identificativo del prodotto editoriale, con una redazione giornalistica fatta di giornalisti professionisti o pubblicisti, una struttura economico-imprenditoriale e che aspirassero ai contributi pubblici previsti per i prodotti editoriali proprio in base a quella legge.

Il testo passato in Commissione giustizia dà per scontato che la norma sulla rettifica debba essere applicata solo a quei siti regolarmente registrati e con un direttore responsabile che possa essere imputabile per responsabilità oggettiva e omesso controllo, oltre che per fatto proprio.

In fase di confronto tra le forze politiche è invece stato cancellato l'emendamento Chiarelli, dal nome del proponente, che prevedeva il carcere e l'oscuramento dei siti web fino a tre anni, in caso di mancata rettifica o mancato pagamento della multa. E' tramontata l'ipotesi del carcere per diffamazione a mezzo stampa, mentre la sanzione passa da 5 a 10.000 euro e il risarcimento al diffamato resta senza tetto, perché un tetto sarebbe anticostituzionale.

La versione del testo che ha le maggiori probabilità di essere approvata prevede anche le rettifiche in riedizione per i libri e una particolare severità per le cosiddette “macchine del fango” sia attraverso i media tradizionali che attraverso la Rete: <Se l'offesa consiste in un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la coscienza della sua falsità, si applica la pena della multa da 20 a 60.000 euro>. Infine, i direttori potranno delegare funzioni di controllo a uno più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di vigilanza, per esempio i capiredattori.

Rimangono, però, alcune questioni aperte. I blog resteranno zone franche nelle quali sarà possibile diffamare chiunque con la certezza di rimanere impuniti? Il testo di legge attualmente in discussione sembrerebbe accreditare questa pericolosa lettura. Un conto è equiparare i blogger ai direttori responsabili delle testate giornalistiche, ipotesi alquanto bizzarra, altro conto, però è esonerarli da qualsiasi responsabilità e da qualsivoglia obbligo di rettifica e di rispetto della verità. In questo secondo caso si legittimerebbe un anarchico sciacallaggio in Rete potenzialmente lesivo della dignità e della reputazione dei protagonisti delle notizie. Sarebbe il caso di introdurre, anche in base al numero di visitatori di un blog, sanzioni che fungano da deterrente verso i cosiddetti “pirati” del web, che agiscono indisturbati offendendo tutto e tutti e facendola franca solo in nome dell'attuale vuoto normativo. Imbrigliare la Rete con obblighi ridondanti non può essere la soluzione, ma chi viene offeso su internet deve avere la certezza di poter essere risarcito e riabilitato allo stesso modo di chi riceve quel danno attraverso la stampa cartacea e i mezzi di informazione tradizionali.