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USA

Una foto salva la vita, la storia di Miriam e Sarah

Due amiche lontane. Una è attivista pro life, l'altra decide di abortire. Ma prima di entrare in clinica vede su Facebook le foto dell'ex compagna di classe che manifesta davanti al Planned Parenthood. E capisce che l'aborto non è un'opzione. La storia è virale negliUsa dove i pro life sanno usare al meglio anche i social. 

Vita e bioetica 30_07_2016
Il piccolo Edwin e Miriam che manifesta davanti al Planned Parenthood

Gli americani ci sanno fare e se la causa è la vita sanno sfruttare tutte le opportunità. Hanno una buona sensibilità pro life, anche a livello organizzativo. Non meno della abilità a utilizzare i social, che non a caso sono nati da loro. Mettete insieme queste due sensibilità e avrete storie commoventi che servono a cementare un popolo che crede in determinati valori: come quello della vita nascente.

L’ultima storia, strappalacrime e emozionante al punto giusto, è stata confezionata dall’organizzazione pro life e pro family Alleanza a difesa della Libertà che ha pubblicato una testimonianza di Miriam Harding, un'attivista pro life che ha raccontato come attraverso alcune pubblicazioni su Facebook sia riuscita a salvare un’amica di vecchia data che desiderava abortire.

Ecco la storia come l’ha raccontata nei giorni scorsi Aciprensa, ripresa da diversi media. Racconta Miriam: "Alcune settimane fa ho guardato con attenzione i post di una mia vecchia compagna di scuola con la quale avevo perso i contatti da tempo, ma che era mia amica su Facebook". Sarah è il nome dell’altra protagonista della storia. "Ho così appreso che era diventata mamma da pochi giorni. Così le ho iviato un messaggio chiedendole se avesse accettato un regalo da parte mia. Ricevetti un ritondo sì e così ci siamo messe d’accordo per vederci”.

Ma quando Sarah e Miriam si reincontrarono, quest’ultima non poteva sapere di come Dio avesse operato nelle loro vite qualche mese prima. Nel bel mezzo della nostra chiacchierata Sarah le disse: “Non posso credere come abbia potuto considerare altre opzioni”. Miriam le chiede a che cosa si riferisse e lei le raccontò dell’ostilità dell’ex compagno, il padre del bambino, che voleva farla abortire.

Così Sarah decise di programmare l’aborto. Ma nel giorno dell’aborto poco prima di uscire di casa, Sarah dà un’ultima scorsa alla sua home di Facebook e si imbatte, è il caso di dire miracolosamente, in alcuni post pubblicati dalla sua compagna di classe di vecchia data, Miriam: denunce al Planned Parenthood, blog, articoli pro vita dell’Alliance Defending Freedon. Più si avvicinava il momento dell’aborto più quelle immagini entravano nella mente di Sarah. E lavoravano.

Ma quando vide la foto della sua amica Miriam che protestava davanti ad una clinica del Planned Parenthood con un cartello che aveva da un lato l’ecografia del figlio e dall’altro il bimbo appena venuto alla luce, Sarah tirò fuori l’ultima ecografia fatta nel centro medico. “Si fermò guardando il piccolo bambino in bianco e nero e si chiese come si sarebbe visto ad appena un mese di vita”.

Dopo qualche giorno Sarah comprese che l’aborto non era un’opzione. I post della vecchia amica lontana l’hanno aiutata a cambiare opinione sull’aborto. Il bambino di chiama Edwin e “solo il nostro padre celeste – ha detto Miriam – avrebbe potuto orchestrare questi eventi”. E’ proprio vero. Non possiamo immaginare come i nostri gesti possano rivoluzionare la vita di chi ci sta intorno. E se Facebook ci mette lo zampino per una causa buona, viva i social.