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L'EDITORIALE

Una campagna fuori tema

Incombono i ballottaggi amministrativi e certamente la sguaiatezza del confronto quotidiano sta disorientando molti. Soprattutto sembra però che si voglia parlare di tutto tranne che della cose davvero importanti. Persino in campo cattolico.

Editoriali 26_05_2011
Letizia  Moratti e Giuliano Pisapia

L’importanza data dalla politica al prossimo ballottaggio a Milano per la conquista di Palazzo Marino rischia di creare una cortina fumogena sotto la quale i temi veramente importanti sono persi di vista. Al fumo promosso per opposti motivi dalle due aree politiche in campo sembrano adeguarsi anche uomini di Chiesa e, in generale, molti cattolici mentre, proprio quando le situazioni si fanno strumentalmente fumose bisognerebbe tenere ben fisso lo sguardo sulle poche cose che contano.

Il Pdl aveva sbagliato campagna elettorale, ma per recuperare in questi quindici giorni il terreno perduto ha fatto degli errori ancora più grossi. Aveva sbagliato campagna perché non si era reso conto di un distacco emotivo tra la Moratti e i milanesi, non aveva tenuto conto che l’ecopass e, ancora di più, i litigi e i ritardi per il tanto sbandierato Expo avevano freddato il rapporto con i cittadini, aveva dato per scontata la rielezione automatica e non c’è niente che faccia infastidire di più l’elettore che considerare scontato il suo voto, non aveva tenuto conto che le campagne elettorali non si fanno solo con le cifre dei risultati acquisiti ma anche con l’entusiasmo e la tensione ideale. Infine, non hanno tenuto conto che a Milano c’è ancora una vasta area di intelligenzia radicale avventurista figlia degli anni Settanta disposta a votare a sinistra, soprattutto quando il candidato non è la proiezione della segreteria dei partiti.

Ma ha sbagliato ancora di più in questi quindici giorni, con l’eliminazione dell’ecopass fuori tempo massimo, con la promessa del condono per le multe e con l’indicazione dai contorni non ben definiti di una no tax area per certi prodotti a Milano. Ciliegina sulla torta lo scontro con la Lega sui ministeri al nord. Se una cosa proprio non ci voleva era presentare all’elettorato delle fratture tra Pdl e Lega.

Ha avuto così buon gioco la sinistra a presentare Letizia Moratti come il “vecchio”, Silvio Berlusconi come estremista arrogante, Giuliano Pisapia come il “nuovo” che si pretende di bloccare utilizzando strumentalmente il suo passato e l’appuntamento di domenica prossima come la “Stalingrado d’Italia”, occasione di lotta casa per casa contro la reazione e l’arroganza.

Tutto questo ha fatto dimenticare gli elementi del programma di Pisapia più pericolosi e dannosi, quelli riguardanti la destrutturazione della famiglia, per esempio. Giuliano Ferrara su Il Foglio ha posto ad ambedue i candidati una domanda netta: cosa farete per il Centro di aiuto alla vita della Clinica Mangiagalli? Ferrara sembra aver soffiato la domanda al Segretario generale della CEI Mons. Mariano Crociata. Che invece, aprendo i lavori della 63a Assemblea Generale della Cei, in corso in Vaticano, si è limitato a ribadire che i cattolici scelgono in coscienza per l’uno o l’altro degli schieramenti, alla luce dei loro valori, e non coinvolgono in questo la comunità cristiana. Quindi, in merito alla vessata questione  relativa all’idea di costruire a Milano una moschea, mons. Crociata ha evocato il «diritto fondamentale della libertà religiosa e di poter disporre di luoghi di culto», puntualizzando comunque che, non essendo una moschea solo un luogo di culto ma pure di «aggregazione sociale, culturale e di incontro», è importante che dettA costruzione risponda «alle esigenze di vita sociale e comunitaria secondo la nostra comunità civile, la nostra Costituzione e le leggi che in Italia regolano la convivenza».

Però alla domanda cruciale di Ferrara, i due candidati rispondono in modo molto diverso, e su un tema drammaticamente fondamentale come quello della vita. Sotto il fumo dell’islamizzazione e della zingarizzazione di Milano, fumo sollevato da ambedue le parti per opposti motivi, sono andati perduti i criteri fondamentali del discernimento. Gridare al lupo dell’islamizzazione è sbagliato, però è anche semplificatorio ridurre il problema della costruzione delle moschee all’affermazione astratta del diritto alla libertà religiosa e senza distinguere a questo proposito il ruolo della Chiesa e quello della politica.

La sguaiatezza di questa fase politica ha confuso molte idee. La Chiesa, però, dovrebbe in questi casi concentrarsi sulle cose che contano e le prime cose che contano sono quelle relative alla vita e alla famiglia. La doverosa denuncia della sguaiatezza non dovrebbe limitarsi a ciò. Né tale denuncia equipara tutti i candidati in corsa, se nei loro programmi sono presenti proposte programmatiche contrarie all’insegnamento della Chiesa e al vero bene comune. Ormai su questi criteri di discernimento abbiamo accumulato una lunga esperienza. Ci sono azioni che non possono essere mai fatte, in quanto sono intrinsecamente cattive. Ce ne sono altre di positive su cui ci può essere una varietà di soluzioni accettabili a discrezione.

Non si può dare la stessa importanza a tutto. Riconoscere giuridicamente “nuove forme di famiglia” e abbandonare i bambini alla condanna di avere due padri o due madri anziché un padre e una madre non ha lo stesso peso che organizzare in un modo o nell’altro l’accesso degli zingari al territorio. Da questo punto di vista credo che le parole pronunciate dal Cardinale Bagnasco in apertura dell’Assemblea dei vescovi italiani in corso in questi giorni a Roma siano state fraintese dai più. Il cardinale, definendo “inguardabile” la politica non ha voluto esprimere un giudizio qualunquista, che equipara tutto e tutti, né ha voluto dare allo stile politico e all’uso delle parole un’importanza maggiore che ai contenuti.