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NESSUN BAVAGLIO

Una buona legge che mette fine alle intercettazioni trash

Con il via libera della Camera alla riforma del processo penale, è arrivato il semaforo verde per le nuove regole sulle intercettazioni. Ora il ddl passa al Senato e non è detto, quindi, che tutto fili liscio. Grande stampa, sinistra e Associazione magistrati parlano già di “legge bavaglio”. Ma non è così: ecco perché.

Politica 26_09_2015
Protesta dei grillini contro la legge sulle intercettazioni

Con il via libera della Camera alla riforma del processo penale, è arrivato il semaforo verde per le nuove regole sulle intercettazioni. A favore hanno votato Pd, Scelta civica, Area popolare, Psi, Pi-Cd. Contrari Movimento Cinque Stelle, Lega Nord, Fdi, Sel, Alternativa Libera. Forza Italia si è astenuta. Ora il ddl passa al Senato, dove i numeri,si sa, sono più incerti, e non è detto, quindi, che tutto fili liscio. Nell'ambito della materia complessiva del processo penale, resta quindi nevralgico il tema degli ascolti e della loro pubblicazione, che sarà affrontato in una legge delega. L’esecutivo, cioè, ha in mano la delega che permette di fissare prescrizioni sull’uso che i giudici possono fare delle registrazioni, eliminare l’udienza-filtro, durante la quale magistrati e avvocati decidevano quali conversazioni registrate utilizzare, ed escludere la pubblicazione delle intercettazioni di persone occasionalmente coinvolte nelle indagini. 

La grande stampa si è subito schierata contro il provvedimento. Il Corriere della Sera ha parlato di pericolo per la democrazia, la Repubblica di “privazione di difesa per ogni contradditorio”, il Fatto Quotidiano di "bavaglio". Reazioni politiche altrettanto veementi. «Si vota una norma liberticida, che davvero richiama i peggiori periodi della storia italiana», ha tuonato Alfonso Bonafede del Movimento Cinque Stelle. A rincarare la dose il leghista Nicola Molteni: «Con tutti i problemi che il Paese ha, abbiamo perso quattro giorni a parlare di intercettazioni come se fosse la massima priorità». Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando ha dovuto precisare che l'iniziativa del governo non introduce alcun bavaglio all’informazione né tanto meno ostacoli alle indagini.

Tra le principali novità del testo, compare la sostituzione dell’udienza-filtro dedicata alla selezione del «materiale intercettativo» con una più generica previsione di una scansione procedimentale «per la selezione di materiale intercettativo nel rispetto del contraddittorio delle parti, e fatte salve le esigenze di indagine». La delega dovrà poi stabilire disposizioni atte a garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni, telefoniche e telematiche, che sono oggetto di intercettazione. Le riprese o registrazioni ottenute in maniera fraudolenta potranno essere utilizzate a patto che abbiano una certa rilevanza ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca. È punita, invece, con la reclusione fino a quattro anni, «la diffusione, al solo fine di recare danno alla reputazione o all’immagine altrui, di riprese audiovisive o registrazioni di conversazioni, anche telefoniche, svolte in sua presenza ed effettuate fraudolentemente». 

Nessuna punibilità per le registrazioni o le riprese che vengono utilizzate «nell’ambito di un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o di cronaca». L'asse del delicato equilibrio tra privacy e diritto all'informazione sembra dunque spostarsi in favore della prima. L'utilizzo dei mezzi fraudolenti (telecamere nascoste, registratori non visibili, ecc.) da parte dei giornalisti rimane lecito, purché si riveli indispensabile ai fini della completezza della notizia e consenta di divulgare informazioni d'interesse pubblico. É quanto peraltro già prevede l'art. 2 del Codice deontologico dei giornalisti del 1998, spesso disatteso da molti cronisti a dir poco disinvolti e malati di "scoopismo". Ma a prescindere dal merito del provvedimento, che,come detto, non è ancora definitivo, va anzitutto precisato che spesso i governi hanno lasciato decadere la delega ricevuta, e non è detto che alla fine il governo Renzi, per quieto vivere, non decida di soprassedere e di non inasprire il clima già teso sul versante dei rapporti tra politica e magistratura.

L'Associazione nazionale magistrati e la Federazione nazionale della stampa italiana hanno, infatti, già minacciato barricate contro la presunta "legge-bavaglio" e quindi non va affatto escluso che anche questo tentativo di provvidenziale regolamentazione della privacy nelle intercettazioni si areni. Quandanche quelle disposizioni vedessero definitivamente la luce, bisognerebbe poi capire come la magistratura le interpreterebbe, magari aggirando i divieti introdotti per ciò che attiene all'utilizzo delle telefonate come strumento di indagine. E per i giornalisti potrebbe accadere altrettanto, nel senso che il confine tra interesse pubblico e voyeurismo o spionaggio dal buco della serratura in moltissime situazioni appare assai labile. Gli abusi negli ultimi anni sono stati tuttavia numerosi, sia da parte dei magistrati che da parte dei giornalisti. 

Alcune intercettazioni non dovrebbero neppure arrivare al processo e non dovrebbero uscire dagli uffici del Pubblico Ministero. C'è una parte della magistratura che ha sovente dato l'impressione di utilizzare gli ascolti, anche quelli più inutili, per cercare la notorietà, con l'aggravante di trasmettere quei brogliacci di conversazioni a giornalisti compiacenti, che non vedevano l'ora di renderli pubblici. Se utilizzare le intercettazioni come prove e non come strumenti d’indagine diventa la prassi, è evidente che si produce un vulnus allo Stato di diritto. Se anziché fare le inchieste, alcuni cronisti si limitano a pubblicare integralmente telefonate di dubbia interpretazione e in larga parte irrilevanti, abdicano al loro ruolo di mediatori e di cani da guardia. In moltissimi Stati stranieri un’intercettazione falsa o comunque non verificabile, come quella del caso Crocetta, non sarebbe mai uscita. Bisognerebbe vietare la pubblicazione di intercettazioni prive di rilevanza penale e lasciare fuori dalla pubblicazione delle trascrizioni quelle riguardanti soggetti terzi non coinvolti nelle indagini ed entrati solo incidentalmente in contatto con gli indagati. È una questione di civiltà giuridica, prima ancora che di libertà d'informazione.