Una brutta notizia e tre buone per la scuola paritaria
Con i numeri non si discute, c’è poco da fare: nell’ultimo biennio ben 349 scuole paritarie hanno chiuso i battenti. Oltre 30mila alunni in meno solo nell’ultimo anno, a conferma di un il trend al ribasso che non accenna ad invertire la rotta. I soliti “vietcong” esulteranno, ma è una sconfitta per tutti. Anche per loro e per lo Stato.
Con i numeri non si discute, c’è poco da fare: nell’ultimo biennio ben 349 scuole paritarie hanno chiuso i battenti. Oltre 30mila alunni in meno solo nell’ultimo anno, a conferma di un il trend al ribasso che non accenna ad invertire la rotta. I soliti “vietcong” esulteranno, ma è una sconfitta per tutti. Anche per loro. Oltre a un danno economico, dato che gli studenti frequentanti la scuola statale costano oltre dieci volte di più di quelli che scelgono le paritarie.
Quali le cause? La crisi economica che ancora morde (nonostante l’annunciata ripresa del Pil…), la denatalità, il problema irrisolto di una parità scolastica monca che si traduce nell’impossibilità, per le famiglie meno abbienti, di scegliere liberamente la scuola. Oltre alla miopia di una legge sulla “Buona scuola” che ha condannato ancora una volta le paritarie a recitare il ruolo di Cenerentola. Eppure, a dispetto di ogni apparenza e di ogni perdurante opposizione ideologica, ci sono alcuni dati in controtendenza che dovrebbero farci riflettere.
Il primo è che in non poche scuole paritarie, diversi docenti chiamati nello Stato grazie alla massiccia infornata di assunzioni prevista dalla Legge 107 (“Buona scuola”), hanno scelto di rimanere, ben sapendo di percepire uno stipendio inferiore e di non avere le medesime garanzie di stabilità del posto di lavoro. Perché? Probabilmente perché insegnare in una buona scuola paritaria offre maggiori gratificazioni professionali e umane: stringente lavoro in team con i colleghi, condivisione e chiarezza sull’orizzonte educativo, molteplicità di occasioni formative, senso di appartenenza ad una comunità educante in cui insegnanti, dirigenti, genitori e personale non docente remano tutti nella stessa direzione, avendo a cuore innanzitutto il bene degli alunni. Bisogna anche dire, poi, che mica a tutti piace fare i funzionari dello Stato: partecipare all’intrapresa di una scuola paritaria ha un certo fascino.
Il secondo è che sempre più famiglie con figli disabili scelgono le scuole paritarie, e questo nonostante non abbiano da parte dello Stato alcuna copertura finanziaria per i maggiori costi che vanno a sostenere. In dieci anni, la presenza di alunni con disabilità certificata è cresciuta nelle scuole paritarie di oltre il 60%, a testimonianza di una attenzione e di una cura della persona che evidentemente non hanno prezzo… Cosa accadrebbe se tutti potessero permetterselo? Per concludere, come ciliegina sulla torta, vale la pena accennare all’inaugurazione della sede di Sassuolo della scuola Vladimiro Spallanzani, cui ho partecipato sabato 3 ottobre, alla presenza del vescovo di Reggio Emilia, monsignor Massimo Camisasca, del sindaco di Sassuolo Claudio Pistoni e del vicedirettore dell’Ufficio scolastico regionale Giovanni Desco.
Date le considerazioni iniziali, una scuola che apre è proprio una notizia tipo “uomo morde cane”; ancora di più, perché l’ultima apertura di una scuola media nella diocesi di Reggio Emilia risale a 40 anni fa! Eppure, per quanto piccola e apparentemente marginale, la storia di questa scuola rappresenta una eccellenza per il territorio in cui si colloca e per tutto il sistema di istruzione italiano. La scuola Spallanzani, che ha iniziato il suo cammino 40 anni fa a Sant’Antonino di Casalgrande (7 km da Sassuolo), ha attraversato i marosi della storia proprio grazie alla grande passione educativa del suo fondatore prematuramente scomparso (“Miro” – Vladimiro Spallanzani) e dei suoi amici che ne hanno continuato l’opera, condita da un entusiasmo –tradotto in attenzione alle persone degli alunni, particolarmente di quelli più in difficoltà- che non è mai venuto meno. Entusiasmo contagioso, che si trasmette a tutta la comunità educante. La presenza festosa di tantissimi genitori, docenti e alunni, che hanno accompagnato e sostenuto con ripetuti scrosci di applausi gli interventi del vescovo, delle autorità e del presidente della cooperativa Don Magnani (ente gestore della scuola), lo ha documentato in modo inequivocabile.
E a quelli che, quando gli si racconta di come lì si lavora, rispondono «ma a chi vuol darla a bere costui? Non può esistere una scuola così!», come pure ai “vietcong” che esultano (magari sforzandosi di non sorridere, ma esultano, come ha fatto Repubblica nei giorni scorsi), diciamo: di scuole come questa, in Italia, ne esistono ancora tante, ma fanno sempre più fatica ad andare avanti. Abbandoniamo le contese ideologiche e sosteniamole, perché questa è una strada buona da percorrere se abbiamo davvero a cuore l’educazione dei nostri giovani e vogliamo risollevare un po’ le sorti del nostro sistema di istruzione.