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SINODO

Un vescovo che va troppo Forte

Quanto accaduto con la Relatio e con il dibattito successivo ha messo in evidenza la fuga in avanti del segretario del Sinodo, il teologo Bruno Forte, sul tema dell'omosessualità. Come può l’interprete di un sinodo forzare la mano nella redazione di un testo che dovrebbe esserne lo specchio, ed andare ancora oltre in interviste pubbliche?

Ecclesia 17_10_2014
Monsignor Bruno Forte

Alcune narrazioni sono rassicuranti: va tutto bene, grande armonia tra i padri, grande convergenza di idee… Si cambia tutto, ma con serenità ed unanimità. È ben evidente, oramai, che la realtà è altra. Svariate dichiarazioni di padri sinodali lo testimoniano. Non pochi di essi, su posizioni moderate, disponibili anche ad alcune “aperture”, si stanno però ritraendo, scandalizzati. Perché qualcuno spinge troppo sull’acceleratore, infischiandosene allegramente del vero dibattito. Dicendo che accade ciò che si vuole che accada. 

Il maggiore imputato è monsignor Bruno Forte, vescovo e collaboratore del quotidiano finanziario Sole 24 ore. Forte è segretario speciale per il Sinodo sulla famiglia; in questa veste ha redatto almeno parte della ormai celeberrima Relatio, ed è chiamato a proseguire il suo lavoro: raccogliere in unità, insieme ad altri padri, di tendenza in massima parte kasperiana, la relazione finale. 

Ma le voci sulla inopportunità che continui nel suo ruolo, che dovrebbe essere super partes, aumentano. A scandalizzare è stata la sua evidente parzialità. Proprio la presentazione della Relatio, infatti, ha rivelato un modus agendi poco limpido. Il presidente del Sinodo, cardinal Erdö, infatti, ha preso le distanze da parte del documento, in particolare dai passaggi sull’omosessualità, scaricando su Forte la responsabilità del testo: «Lo hai scritto tu, rispondi tu ai giornalisti». Si tratta di un fatto inaudito. Ma c’è altro.

Dopo la Relatio monsignor Bruno Forte - che tutto fa pensare abbia espresso nella Relatio non il pensiero maggioritario dei padri, ma il suo personale -, ha fatto dell’altro. In una intervista a Vatican Insider, commentando i passaggi sui gay della Relatio, ha fatto una ulteriore aggiunta, andando assai oltre il testo da lui stesso redatto: «..Detto questo, mi sembra evidente che le persone umane coinvolte nelle diverse esperienze hanno dei diritti che devono essere tutelati. Dunque il problema è anzitutto non la equiparazione tout court, anche terminologica, ma naturalmente questo non vuole affatto dire che bisogna allora escludere la ricerca anche di una codificazione di diritti che possano essere garantiti a persone che vivono in unioni omosessuali. È un discorso - credo - di civiltà e di rispetto della dignità delle persone». 

Forte, intervistato in qualità di segretario di un Sinodo, è arrivato dunque ad affermare che bisogna codificare i diritti delle relazioni omosessuali. Sposando così, in tutta evidenza, la lotta delle lobby gay per arrivare, via unioni civili, al matrimonio omosessuale. La cosa non è sfuggita ai giornali laici, che hanno esultato, né a Matteo Renzi, che, libero oramai da qualsiasi freno, ha rilanciato: faremo le unioni civili gay!

Il problema è tutto qui: come può un vescovo chiamato a farsi interprete del pensiero dei padri, forzare così il dibattito, sino al punto di presentare una visione del tutto minoritaria, come la visione della Chiesa? Come può l’interprete di un sinodo forzare la mano nella redazione di un testo che dovrebbe esserne lo specchio, ed andare ancora oltre in interviste pubbliche? Come può un vescovo che si dice cattolico, sposare una posizione contraria al diritto naturale e alla teologia cattolica? Come si può, infine, dimenticare che non molti anni fa, la Cei, con il sostegno di papa Benedetto XVI, e oltre un milione di cattolici, scesero in piazza proprio contro il tentativo di equiparare il matrimonio con le unioni civili, gay e non?