Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ONU

Un seggio per "l'Africa" nel Consiglio di Sicurezza non ha senso

Ascolta la versione audio dell'articolo

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riflette gli equilibri internazionali del 1945. Guterres propone di ammettere due seggi permanenti "per l'Africa". Proposta che non è realizzabile.

Esteri 20_08_2024
Antonio Guterres (La Presse)

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è un organo esecutivo costituito nel 1945. Ha l’incarico di mantenere pace e sicurezza e a tal fine ha facoltà di intervenire su controversie e situazioni suscettibili di creare attriti a livello internazionale e raccomandare soluzioni, intraprendere azioni militari contro possibili aggressioni, suggerire sanzioni economiche e altre misure non violente per prevenirle o fermarle. Si compone di cinque membri permanenti e dieci con mandati di due anni, eletti tra i paesi membri dell’Onu. I cinque membri permanenti hanno diritto di veto e sono: Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti.

Da molti anni si discute del fatto che la composizione del Consiglio di Sicurezza andrebbe modificata, ed eventualmente ampliata, per rappresentare l’attuale assetto globale. I cinque membri permanenti, infatti, rispecchiano gli equilibri e i rapporti internazionali determinatisi alla fine della Seconda guerra mondiale e inoltre uno, la Russia, ha ereditato lo status di membro permanente dall’Unione Sovietica. Tanti sono i criteri proposti, le rivendicazioni, le ipotesi, tutti pensati con la buona e giusta intenzione di rendere il Consiglio di Sicurezza un organo più equilibrato, davvero rappresentante di tutte le attuali aree geopolitiche e per questo più legittimato e quindi più autorevole ed efficiente. Le difficoltà sono tante, prima fra tutte quella di rispecchiare una realtà che però è in costante evoluzione. Sta di fatto che la sua composizione continua a essere quella originaria, immutata, salvo che per l’aumento dei membri non permanenti, da 6 a 10, deciso nel 1963 in considerazione del numero maggiore di Stati membri delle Nazioni Unite, all’epoca 117 rispetto ai 51 soltanto del 1945 (adesso sono 193). 

Però periodicamente, specie quando il veto posto da uno dei cinque membri permanenti impedisce di approvare delle risoluzioni anche se la maggioranza dei componenti sarebbe d’accordo a votarle, si ritorna sulla necessità di riformare il Consiglio di Sicurezza. Nei giorni scorsi lo ha fatto il Segretario Generale dell’Onu Antonio Guterres. In un momento così critico, contrassegnato da conflitti che potrebbero coinvolgere l’intero pianeta, si sarebbe dovuto trattare di una proposta pensata per rispondere al problema reale, urgente, di come rendere davvero utile un organismo che, se male strutturato, meglio sarebbe non esistesse, dato il ruolo che gli è attribuito.

Invece Guterres ha scelto di farsi portavoce, come ormai succede quasi sempre, della narrazione che presenta un continente, l’Africa, come eterna vittima di torti che è ora di raddrizzare e di ingiustizie storiche che è tempo di sanare. Così il 12 agosto, sollecitato dal presidente della Sierra Leone Julius Maada Bio, ha dichiarato che il Consiglio di Sicurezza necessita di una riforma urgente perché ha una struttura obsoleta dal momento che l’Africa non vi è rappresentata, cosa che ne mina la credibilità e la legittimità globale. «Nel 1945 – ha detto – la maggior parte degli attuali paesi africani erano ancora sotto dominio coloniale e non avevano voce negli affari internazionali. Non possiamo accettare che il principale organismo mondiale per la pace e la sicurezza non abbia una voce permanente per un continente di oltre un miliardo di persone, né possiamo accettare che le opinioni dell’Africa siano sottovalutate sulle questioni di pace e sicurezza sia nel continente che nel resto del mondo». È tanto più inaccettabile, ha spiegato, perché, sottorappresentata nel Consiglio di Sicurezza e peraltro anche nelle istituzioni finanziarie internazionali, l’Africa invece è «sovrarappresentata nelle stesse sfide che queste strutture hanno il compito di affrontare». Si riferiva evidentemente al fatto che sono impegnate in Africa 5 delle 11 attuali missioni di peacekeeping Onu perché – ha voluto precisare – «l’Africa è stata spesso al centro di conflitti alimentati dall’avidità per le sue risorse, necessarie all’economia globale», e che le agenzie finanziarie Onu, Banca Mondiale e Fondo monetario internazionale, riversano sul continente ogni anno miliardi di dollari. Dare un seggio permanente all’Africa, ha aggiunto, non è solo una questione etica e di giustizia, «è anche un imperativo strategico che può aumentare l'accettazione globale delle decisioni del Consiglio, a vantaggio dell'Africa e del mondo».

L’Unione Africana da tempo reclama non uno, ma due seggi permanenti per l’Africa e altri due non permanenti oltre ai tre attuali. Il presidente dell’Assemblea generale Onu, Dennis Francis, e altri funzionari Onu hanno accolto con favore le parole di Guterres e la sua proposta, senza fermarsi a riflettere sulle sue premesse e sulle sue conseguenze. Però, se parliamo di continenti, allora anche l’America del Sud non ha un seggio permanente e nemmeno l’Oceania. Ne ha uno l’Asia, ma i 47 stati asiatici è escluso che si ritengano adeguatamente rappresentati al Consiglio di Sicurezza perché il 48°, la Cina, ne è membro permanente. Quanto all’Africa, dando per certo che i suoi 54 paesi non riescano a concordare sull’individuazione di uno che li rappresenti tutti, la scelta potrebbe cadere sull’Unione Africana. Quindi anche l’Unione Europea potrebbe a sua volta reclamare un seggio permanente, cosa che Italia e Paesi Bassi in effetti avevano in passato suggerito.

Ma il punto è che nessun continente è composto da paesi affini, uniti e alleati tanto da ritenersi rappresentati in Consiglio di Sicurezza o in altri organi internazionali dalla presenza di uno di essi. È una finzione priva di reale fondamento. Avrebbe più senso allora tenere conto delle diverse aree geopolitiche. Il politologo Samuel P. Huntington, autore del saggio Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale (1996), aveva ad esempio suggerito di assegnare un seggio permanente a ognuna delle nove civiltà da lui individuate: occidentale, latinoamericana, africana, islamica, sinica, indù, ortodossa, buddista e giapponese.

Tuttavia se, per riequilibrare il Consiglio di Sicurezza, l’unica soluzione contemplata è aumentare il numero dei seggi permanenti il risultato, tanto più se si mantiene il loro diritto di veto, può soltanto essere una maggiore difficoltà ad approvare delle risoluzioni, fino alla paralisi. Un’ulteriore considerazione, non secondaria, è che, in questa fase storica caratterizzata da una rivolta contro l’Occidente resa più minacciosa dall’esistenza di un potente fronte interno antioccidentale, aumentare i seggi permanenti significa indebolire l’Occidente che già in Assemblea Generale fa sempre più fatica a difendere i suoi principi e le sue conquiste materiali e morali, dei quali tutto il mondo finora ha beneficiato.