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L'EDITORIALE

Un pontificato che continua

La commozione con cui Benedetto XVI ha parlato di Giovanni Paolo II, e la letizia davanti ai pellegrini, mostrano nei fatti la continuità tra i due pontificati, come ha ben colto il popolo di Giovanni Paolo II che oggi segue il suo successore.

Editoriali 02_05_2011

Chi ieri ha potuto seguire da piazza San Pietro la cerimonia di beatificazione di Giovanni Paolo II, ha provato una grande emozione. Dopo che il Papa ha pronunciato la formula, ed è stato scoperto il grande arazzo che pende dalla loggia centrale della basilica con l’effigie del nuovo beato, la folla dei fedeli che riempiava la piazza, via della Conciliazione e le zone limitrofe, ha applaudito a lungo, per quasi dieci minuti.

Tante, troppe volte Karol Wojtyla è stato presentato come il Papa «mediatico», ed è stato contrapposto al suo successore, sia da chi lo rimpiange, sia da chi vuole sottolineare come sia migliore il pontificato del suo successore. Il fatto che dopo sei anni dalla morte il ricordo di questo grande testimone della fede, protagonista per quasi trent’anni della vita della Chiesa e del mondo, sia ancora così vivo, sta a indicare come non si sia trattato di un’emozione passeggera, «mediatica», giovanilistica…

La grandezza del nuovo beato e della sua testimonianza straordinaria lo si è letto nelle parole convinte e commosse del suo successore, Benedetto. Il quale ha voluto accelerare i tempi per arrivare alla beatificazione e ieri ha convintantamente elevato Giovanni Paolo II all’onore degli altari. Uno dei passaggi più significativi dell’omelia di Papa Ratzinger è stato quello in cui ha ricordato: «Con la sua testimonianza di fede, di amore e di coraggio apostolico, accompagnata da una grande carica umana, questo esemplare figlio della Nazione polacca ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani, di appartenere alla Chiesa, di parlare del Vangelo. In una parola: ci ha aiutato a non avere paura della verità, perché la verità è garanzia di libertà».

Benedetto XVI ha concluso la sua omelia con queste parole: «L’esempio della sua preghiera mi ha sempre colpito ed edificato: egli si immergeva nell’incontro con Dio, pur in mezzo alle molteplici incombenze del suo ministero. E poi la sua testimonianza nella sofferenza: il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una “roccia”, come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno. Così egli ha realizzato in modo straordinario la vocazione di ogni sacerdote e vescovo: diventare un tutt’uno con quel Gesù, che quotidianamente riceve e offre nell’eucaristia».

Papa Ratzinger ha conosciuto in profondità il suo predecessore, ed è sempre stato convinto della sua santità. La commozione con cui ieri ha parlato di lui, e la letizia che ha mostrato davanti ai pellegrini venuti a Roma per il nuovo beato, mostrano nei fatti la continuità tra i due pontificati, come ha ben colto il popolo di Giovanni Paolo II che oggi segue il suo successore Benedetto XVI, perché stare con Pietro è il modo più sicuro per stare con Colui di cui Pietro e i suoi successori sono vicari in terra.