Un pensiero integralmente cattolico
L'eredità culturale che Mario Palmaro ci ha lasciato è quanto mai attuale: una fedeltà al Magistero che gli impediva di tacere davanti ai compromessi con il male che molti cattolici fanno nella speranza di arginare il peggio. E l'impossibilità di scindere la dottrina dalla prassi.
Il 9 marzo di un anno fa si spegneva Mario Palmaro, bioeticista, docente universitario, giornalista (anche per questa testata), conferenziere, ma soprattutto marito e padre di quattro bambini. Si spense a 45 anni attorniato da parenti e da molti amici che con le loro preghiere bussavano alle porte del cielo, quel cielo che con speranza cristiana ci auguriamo che Mario si sia meritato qui in terra.
Quale eredità culturale ha lasciato Mario? Il suo lavoro di intellettuale si è rivolto per la gran parte ad intra del mondo cattolico. Comprese che se una squadra di calcio pervicacemente considera giusto far goal nella propria porta e non in quella degli avversari, qualcosa non va. E’ bene allora tornare il prima possibile negli spogliatoi e chiarire le regole di base del calcio. Perché fa più danni un calciatore della propria squadra che, seppur animato da buona fede, tenta l’autogol ad ogni giocata, che undici giocatori della squadra avversaria i quali, come è normale che sia, fanno di tutto per gonfiare la tua di rete.
Insomma è assai più letale un cattolico adulto, piccolo piccolo nella sua insipienza culturale, che cento Pannella. Perché il primo, a motivo del suo mimetismo, si fa passare come cattolico, ma non lo è, ed invece il secondo è ben individuabile nella sua uniforme di nemico. Il primo lo accogliamo a braccia aperte, perché lo consideriamo amico, il secondo gli puntiamo il fucile contro (forse). Il primo è quindi nella posizione di propalare gli errori dottrinali negli ambienti cattolici come se fossero verità rivelate, di inoculare il virus dell’eterodossia sui giornali cattolici, nelle università di ispirazione religiosa, nei seminari, etc. Ma poi, come spesso Mario non mancava di sottolineare, il pensiero del primo alla fine non può che collimare alla perfezione con quello del secondo.
Palmaro esprimeva questo concetto con la seguente adamantina argomentazione. Se tu difendi la legge 194 e l’aborto chirurgico perché hai paura delle pillole abortive, la legge 40 e la fecondazione omologa perché non vuoi quella eterologa, le Dichiarazioni anticipate di trattamento perché desideri evitare l’eutanasia, la legge sull’omofobia per dribblare il “matrimonio” omo, dopo poco tempo ti entreranno in casa proprio tutte quelle sciagure che avrai tentato di scacciare, per un semplice motivo. Perché avrai abbracciato il male che è alla radice di tutte queste pratiche.
Mario usava l’espressione “peccato originale”. Accettato il peccato originale dell’aborto insito nella 194, cioè l’idea soggiacente a questa legge che la madre può uccidere il figlio, disperarsi poi per arginare il male ponendogli dei paletti normativi non servirà a nulla. Ingoiato il rospo della Fivet omologa e cioè della possibilità di cosificare il figlio, che poi venga introdotta l’eterologa o l’utero in affitto, nulla o quasi cambia, perché saranno semplicemente delle variazioni su un tema che anche tu cattolico avrai contribuito a comporre e a cantare. Fatto proprio il principio che l’omosessualità è un bene giuridico da tutelare, come potrai arrestare il treno espresso delle “nozze” gay?
Mario lo ripeteva spesso. Il problema in casa cattolica non verteva, e non verte, su questioni sì di un certo rilievo teologico o etico, ma alla fin fine non fondamentali. Il problema sta nell’ABC della dottrina cattolica su fede e morale. Le sbavature dei cattolici non riguardano la dormizione della Santa Vergine – l’esempio è suo - ma l’appoggio a leggi mortifere come quelle su aborto, fecondazione artificiale ed eutanasia.
A questo problema poi se ne aggiungeva un altro. Il sedicente cattolico pensa che tutte queste battaglie sono state perse per sempre e che quindi è bene scendere a patti con il nemico perché se non cedi, perdi. Ed invece Mario continuava ad insistere che cedere anche di un micron sulla vita nascente o morente è già non una sconfitta, ma la sconfitta. Che accettare il male minore è come accettare di aprire una piccola falla nello scafo della nave della Chiesa, illudendosi che quella falla non comprometterà la stabilità dell’imbarcazione e il suo galleggiamento. Che non esiste uno iato tra dottrina – pratica buona per i cattolici bambini – e prassi, vita reale – gioco adatto solo ai cattolici adulti – ma che se pensi male non potrai che agire male. Gli diedero per questo dell’intransigente, del pazzo, dell’integralista, dell’amante dei panorami dell’Aventino, del miope, del deficiente di senso pratico e del tradizionalista orbo di prudente realismo.
Ma Mario non barattò mai la fedeltà al Magistero con la fedeltà al compromesso - coniuge che di suo è portato sempre al tradimento - consapevole che l’amore ai principi non negoziabili è amore delle persone in carne ed ossa, un amore che a vista umana a volte può essere perdente – Cristo in croce ne è un esempio – ma agli occhi di Dio è sempre una vittoria.