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APPELLO

Un paese smarrito, la speranza di un popolo

Un appello dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân mira a risvegliare la coscienza del popolo italiano per uscire da questa situazione di crisi. C’è bisogno della rivoluzione politica della libertà di educazione, che sprigionerebbe innumerevoli energie.

Politica 16_04_2014
Copertina Appello

Ancora un Appello? Un altro? Data la frequenza con cui si firmano e si licenziano appelli, quello preparato dall’Osservatorio Cardinale Van Thuân e pubblicato da Cantagalli - 86 pagine stringate, linguaggio tagliente, nessuna concessione alla retorica - può essere considerato con fastidio. Sarebbe però un peccato. Già il titolo ne mette in evidenza la novità e l’importanza: “Un Paese smarrito e la speranza di un popolo. Appello politico agli italiani”.

La storia ci ha finora detto che nei grandi momenti di difficoltà, nelle fasi di passaggio in cui per accidia non ci si stacca dal passato anche se percepito ormai come troppo stretto e per stanchezza non si ha la forza di progettare il futuro, i cattolici hanno sempre dato il meglio di sé, animando la rinascita della nazione. Che oggi l’Italia sia un “Paese smarrito” è sotto gli occhi di tutti. Non è tanto la crisi economica, quanto la stanchezza morale e spirituale e l’oblio della propria identità. Che però ci sia ancora un “popolo” a cui dare speranza è altrettanto vero. E soprattutto è vero che la fede cattolica può sprigionare una nuova tensione costruttiva nel Paese.

L’”Appello politico agli italiani” dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân ha il coraggio di assumere nuovamente l’ottica del tutto, del vero bene comune. Non per cercare il consenso di tutti – l’Appello è rivolto a tutti, ma non è su misura per tutti – perché in questo caso ci si accorderebbe su un minimo comun denominatore insufficiente in una situazione di crisi profonda come è la nostra. Si assume la responsabilità di fare una proposta netta e organica attorno alla quale è possibile poi aggregare un consenso allargato.

Nella società italiana bisogna creare spazi di sussidiarietà moralmente qualificata, non spazi privatistici, ma spazi pubblici caratterizzati dai doveri prima che dai diritti. Bisogna ridare spazio e vitalità alla  società civile, considerandola finalmente maggiorenne. Occorre ricostruire un patto costituzionale sostanziale: mentre si cambia la  lettera della Costituzione si perde il consenso sui valori pre-costituzionali.

C’è bisogno della rivoluzione politica della libertà di educazione, che sprigionerebbe innumerevoli energie finora sopite: “Nulla in Italia sarebbe come prima se fosse attuata questa rivoluzione educativa”. La macchina statale va riformata, ma in senso orizzontale: “lo Stato deve liberare spazi, deve retrocedere da ambiti, deve delegare sussidiariamente in orizzontale, deve dimagrire”. E va cercata una nuova solidarietà del lavoro e della produzione: “l’articolo 18 va rivisto in cambio di maggiore flessibilità in uscita”.

L’Italia ha anche bisogno di riscoprire il proprio volto di nazione: “La nazione italiana non deve morire sotto le invadenze dell’Unione europea né può essere frammentata in un localismo folcloristico” e “l’integrazione economica europea non può essere scambiata con una ideologia contraria alla vita e alla famiglia. Questo scambio non può essere accettato”. C’è bisogno del coraggio pubblico e politico di difendere la famiglia e la vita e “va ripensato l’ossequio nazionale al tabù culturale del diritto all’aborto” e di attuare delle politiche dell’immigrazione non prive di volto, perché un popolo che si è liquefatto nell’individualismo non riesce ad accogliere nessuno. L’Italia ha infine bisogno di non rassegnarsi all’inverno demografico.

L’Appello dell’Osservatorio presieduto dall’arcivescovo Gianpaolo Crepaldi è scritto in tono asciutto, non cerca il consenso di maniera, chiama le cose con il loro nome. Sa che “i cattolici da tempo non sanno fare una proposta organica, coerente, unitaria, lungimirante e, soprattutto, chiaramente ispirata alla propria tradizione, alla propria dottrina, alla propria fede”. Sa anche che “non l’hanno saputa fare perché troppi tra di loro pensano che non si possa fare e che non si debba fare”. E così va al cuore delle stesse divisioni interne al mondo cattolico ed ecclesiale. Nella consapevolezza, però, che “l’Italia ha bisogno dei cattolici, e i cattolici hanno bisogno dell’Italia”e che il Paese si trova in una situazione bloccata, fa alcune proposte di cammino, appellandosi ad un “Paese sotterraneo, vivo e promettente che non trova le fessure per emergere adeguatamente”. 

L’Italia può ripartire, secondo l’Appello dell’Osservatorio, se vince “l’indebolimento morale, il ripiegamento malinconico su se stessi e l’adattamento acritico al nuovo che avanza”. Purtroppo “non sempre si è avuto coraggio, un coraggio di popolo, per porre il proprio sigillo sulle novità, per esaminarle con discernimento alla luce dei valori che ci hanno resi, finora, “italiani”. 

C’è del realismo in quel “finora”, ma non disfattismo. “L’incontro tra fede e ragione appartiene alla storia del nostro Paese e questo incontro ha fatto del bene in profondità. Esso deve appartenere anche al futuro. Non ci sono garanzie per nessuno, né per la ragione né per la fede, né per i laici né per i cattolici. Ci sono responsabilità vere da assumere insieme”.