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ROMA

Un ghetto chiamato Tor Sapienza

A Roma, a un chilometro e mezzo dalla stazione Tiburtina, si è venuto a creare un vero e proprio ghetto, dove si concentrano tutti i problemi sociali: prostituzione, occupazione abusiva delle case, droga, rifiuti tossici, immigrazione. E l'ordine pubblico non è presente sul territorio. Mentre la politica latita, scoppia la rivolta.

Politica 17_11_2014
Tor Sapienza

Anche l’Italia ha le sue zone impenetrabili, come i ghetti che sorgono come funghi in tutta Europa, nelle periferie delle grandi città. Quartieri dove l’immigrazione si concentra, la polizia si ritira, gli abitanti autoctoni si fanno giustizia da sé e inizia a prevalere la legge del più forte.

Il Bel Paese se n’è accorto seriamente solo questa settimana, quando è esplosa la rabbia degli abitanti romani del quartiere di Tor Sapienza, nell’Est romano. Dopo giorni di scontri, 14 feriti e un vero assedio a un centro di accoglienza per immigrati minorenni (per ironia della sorte chiamato “Un Sorriso”) Si trova ad appena un chilometro e mezzo dalla stazione Tiburtina, collegata con le maggiori città d’Italia e, tramite metropolitana, col centro storico e istituzionale. Ma sembra già un’altra dimensione rispetto alla capitale: casermoni popolari, lascito dell’edilizia di stampo sovietico degli anni 70, ai bordi di strade degradate, trasformate in centri di spaccio e prostituzione, un campo nomadi, quattro centri d’accoglienza e un reddito medio dei cittadini che è la metà di quello dei connazionali. Nemmeno a farlo apposta, è stato miscelato pazientemente un cocktail di problemi sociali esplosivi. Il Papa, in veste di vescovo di Roma, si è fatto sentire, gettando acqua sul fuoco, invitando residenti e immigrati a parlarsi, nelle sale parrocchiali, faccia a faccia, per conoscersi e non per demonizzarsi. Quella di Francesco è un’esortazione morale, va seguita se non si vuole arrivare allo scontro fra poveri.

Il problema politico è capire, prima di tutto, come si sia arrivati allo scontro fra poveri. Il sindaco Marino si è, praticamente, auto-assolto. Nella sua intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero spiega: «Non giudico se Alemanno abbia fatto bene o male ad aprire un centro di accoglienza in un luogo già di grande disagio. Ma sono stati compiuti errori strategici. Non è possibile che negli ultimi anni i centri siano stati aperti soltanto nell’area orientale della città. (…) A Roma, secondo i dati del Viminale, ospitiamo il 20% dei rifugiati accolti in tutti Italia. Molto più della Lombardia, che ha il doppio degli abitanti del Lazio».

Tutto comprensibile. Ma quel che chiedono gli abitanti di Tor Sapienza è una maggior tutela dell’ordine pubblico. Che, a quanto risulta, non esiste più. È abbastanza facile ridurre il problema al solo dilemma “gli immigrati dove li mettiamo?”, perché non è solo quello. Solo ascoltando le numerose dichiarazioni spontanee rilasciate dalla gente che protesta, “scopriamo” anche lo spaccio di droga su Via Prenestina e un grande giro di trans di fronte al mercato delle carni (solo una coincidenza), un fenomeno talmente invadente che la popolazione locale ha chiesto di trasferire in un’altra zona una fermata dell’autobus 508, perché si era trasformata in zona di approcci pesanti. E la polizia, con tutto questo, cosa faceva? «Siccome il 508 era rallentato dalle macchine che si fermavano per i trans, hanno spostato la linea, capisci?, non i trans!» dice un certo Alessio al Corriere romano. Un esponente del comitato di quartiere denuncia che non c'è più un vigile di quartiere.

Nella completa assenza di ordine pubblico, si moltiplicano le occupazioni abusive delle case popolari. Un’altra “torre” di Roma, (Tor Bella Monaca), è balzata in questi giorni agli onori della cronaca: un uomo, legittimo assegnatario di un appartamento, è stato gambizzato e suo figlio ferito alla testa dopo che aveva scacciato due immigrate che gli avevano occupato la casa. E che, evidentemente, erano protette dalla malavita. A Tor Sapienza, se ne parla meno, ma il problema delle occupazioni abusive, sia per racket che per motivazioni politiche (quelle dei collettivi antagonisti, per il “diritto alla casa”) è quotidiano e si diffonde a macchia d’olio. Come a Milano, d’altra parte, e in altre grandi città italiane. Gli abitanti più indifesi non hanno paura di uscire in strada solo perché possono fare brutti incontri, ma anche perché, tornando nel loro appartamento, possono trovare la porta forzata e sconosciuti quanto indesiderati inquilini che vogliono occupare le loro quattro mura. Gli insediamenti di nomadi aggiungono degrado al degrado e creano anche un problema chimico: riciclo abusivo di metalli, con roghi tossici. «Questa è diventata la nuova terra dei fuochi - dice un esponente del comitato di quartiere al quotidiano Linkiesta - In tutta l’area di Roma Est il traffico di rifiuti è ormai fuori controllo. Nei campi rom i roghi tossici non si contano. E mentre i vigili del fuoco ormai si rifiutano di intervenire senza scorta, le centraline del Comune non sono nemmeno in grado di calcolare la diossina che respiriamo». E la polizia, anche in questo caso, dove era?

In questo alveare di problemi mai risolti dalle forze dell’ordine si è sovrapposta un’improvvisa quanto imponente immigrazione. Ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. A pagare sono stati quelli che c’entrano meno in assoluto, i ragazzi accolti dal centro di “Un Sorriso”. Gli abitanti che vivono di fronte al centro di accoglienza lamentano schiamazzi notturni, furti, micro-criminalità. Cose meno pericolose del racket delle occupazioni, dello spaccio e del giro di prostituzione, ma abbastanza per far saltare nervi già tesi. E così si è arrivati all’assedio del centro di accoglienza, quello che tutti abbiamo visto nei telegiornali. Ma qual è la risposta politica, adesso che il problema è emerso in tutta evidenza? Il sindaco Marino parla di “illuminazione pubblica”, «pulizia delle strade, raccolta rifiuti, pulizia del verde» e poi anche «È chiaro che servono anche infrastrutture di altro tipo: centri culturali, librerie, spazi teatrali e sociali». La pulizia del verde sgominerà il racket delle occupazioni? I centri culturali faranno finire lo spaccio a cielo aperto sulla Prenestina? Di fronte alla rabbia popolare, i ragazzi immigrati accolti da “Un Sorriso” sono stati trasferiti in un’altra periferia, a Infernetto, dove è puntualmente scoppiata la protesta della popolazione locale. Di fatto, hanno spostato il problema. Marino, probabilmente convinto dalla politica dello “zoning”, dopo aver accarezzato l’idea di un quartiere da destinare alle prostitute, sta pensando di riservare altri quartieri agli immigrati? Il tutto senza chiedere il permesso agli abitanti?

Di fronte all’inerzia della politica cittadina, l’opposizione di destra ci guadagna. L'eurodeputato leghista Mario Borghezio, che pure è detestato dai romani (accusati dallo stesso Borghezio, per un ventennio, di essere la fonte di ogni corruzione), ora dichiara che vorrebbe la residenza romana per candidarsi a mini-sindaco di Tor Sapienza e far piazza pulita della delinquenza. La destra estrema, Casa Pound, è con lui. La destra istituzionale, Fratelli d’Italia, manifesta solidarietà con gli abitanti italiani del quartiere di periferia. Subito, per tutti loro, è pronta l’accusa di “razzismo”, già rivolta, da quasi tutti i media, agli abitanti del quartiere in rivolta. Eppure non occorrono rivoluzioni politiche, o approfonditi studi sociologici. L’importante è impedire la nascita di ghetti. L’importante è non abbandonare un quartiere alla legge della giungla. Nessuno vuole che la periferia Est di Roma, diventi, nel prossimo futuro, come la periferia Est di Londra, di cui ora, di analogo, ha solo il fatto di essere a Est della capitale e di avere all’incirca lo stesso nome (Tower Hamlets). Basterebbe solo applicare la legge.