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IL COMMENTO

Un brutto modo per dare seguito ai Family Day

La scelta di Amato e Adinolfi di dar vita a un nuovo partito ha creato divisione nel Comitato Difendiamo i Nostri Figli, preso alla sprovvista. È una scelta azzardata, che danneggerà il movimento nato con i Family Day.

Famiglia 04_03_2016
Il Popolo della Famiglia

Data l’accelerazione del “partito della dissoluzione” e la mancanza di interlocutori politici affidabili, la tentazione di creare un nuovo partito è ben comprensibile. Ed è pur vero che quella di entrare direttamente in politica è una opzione pienamente legittima. Eppure…. 

Eppure c’è modo e modo. E non solo il modo. Sicuramente quello di fare una “sorpresa” agli amici con cui si è condivisa la convocazione dei due Family Day del 20 giugno e del 30 gennaio non è un bell’inizio. Gandolfini e gli altri sono stati presi alla sprovvista: basti pensare che mercoledì mattina a Roma si è svolta una conferenza pubblica cui dovevano partecipare i principali esponenti del Comitato Difendiamo i Nostri Figli proprio per parlare del futuro, di come rendere stabile e incisiva la presenza del popolo delle famiglie.

All’ultimo minuto non si sono presentati Amato e Adinolfi, i tre superstiti – Costanza Miriano, Simone Pillon e Toni Brandi – hanno parlato di ipotesi possibili, di scenari prossimi venturi, nulla di deciso, tutto da discutere insieme. Perché qualsiasi sia la scelta, l’importante è camminare insieme. Niente che facesse presagire la svolta clamorosa. E invece la mattina dopo due protagonisti di questa battaglia presentano nome e simbolo di un nuovo partito (Il popolo della famiglia) con tanto di manifesto-appello: primo obiettivo le elezioni amministrative. Per quanto Gandolfini e gli altri non vogliano esasperare i toni, il dato di fatto è chiaro: è stato compiuto un atto di forza che non va certo nella direzione dell’unità. E questo, aldilà delle intenzioni, non potrà non avere un effetto anche su tutto il popolo dei Family Day.

Nel fine settimana è prevista una riunione del Comitato proprio per parlare del futuro, ma rischia di essere un incontro fuori tempo, perché qualcuno ha già messo tutti gli altri davanti al fatto compiuto. E se Gandolfini e soci decideranno di seguire o assecondare questa scelta, vorrà dire che comunque saranno cambiate le gerarchie nel Comitato.

Più probabile la coesistenza tra il Comitato Difendiamo i Nostri Figli, chiamato a rafforzare la presenza capillare nella società, e il partito “Il popolo della famiglia” come una delle tante possibili espressioni politiche che nascono dai Family Day. Ma anche così significherà che – per certi versi – le strade si separano. A danno del movimento delle famiglie.

Ma oltre al modo in cui si è arrivati a questa situazione, è discutibile anche il contenuto. Non si vuole certo negare la possibilità dell’avventura parlamentare a chi vi si sente “chiamato”, ma quello di voler tradurre immediatamente in consenso politico quel che si ottiene al primo successo nella società, lo reputo proprio un brutto vizio. Indica, tra l’altro, una indebita riduzione della presenza politica ad attività di partito. Le centinaia di migliaia di persone che si sono riversate a Roma lo scorso 30 gennaio si sono mosse per un ideale, per una testimonianza che non può essere ridotta alla formazione di un partito. Certo che è anche importante una presenza qualificata in Parlamento, e perfino nei consigli comunali, ma non può essere a scapito del movimento nella società. 

Purtroppo di esperienze negative di questo tipo ne abbiamo già viste molte in Italia. Dopo il Family Day del 2007, tutti i laici che ne erano stati protagonisti sono entrati in Parlamento, in diversi partiti. Risultato: il movimento delle famiglie è stato decapitato, è rimasto senza una guida e nella società tutto si è fermato; mentre in Parlamento quella presenza qualificata si è praticamente dissolta (e oggi alcuni di quelli che si erano battuti contro i Di.Co. sono diventati favorevoli alle ben peggiori unioni civili). Altre realtà, come il Movimento per la Vita, poste sotto la guida di un parlamentare sono state soffocate dalle esigenze politiche di chi le guidava. In ogni caso, la confusione o la commistione tra presenza nella società e attività parlamentare, non porta al bene, né è giusto sottostimare l’importanza di un movimento popolare. In questo caso il Comitato Difendiamo i Nostri Figli perde due – forse tre – esponenti di primo piano che più degli altri in questi mesi hanno battuto ogni angolo d’Italia. E non è poco.

Un’altra questione mi sembra giusto rilevare: il nome della formazione politica. “Il popolo della famiglia” non solo dà l’impressione di un partito monotematico – che è già garanzia di insuccesso, vedi Giuliano Ferrara -, ma si appropria indebitamente di una realtà che è ben più grande del partito stesso. Significa far coincidere il Family Day con questa particolare espressione politica, identificazione che non solo non è corretta, ma è certamente dannosa. Un eventuale insuccesso politico del partito verrebbe immediatamente letto dai media come la sconfitta dell’intero popolo dei Family Day, con tutte le conseguenze del caso.

Detto tutto questo, non sarebbe male se Amato e Adinolfi decidessero di sospendere questa loro iniziativa, magari riportando la loro legittima aspirazione politica all’interno di un cammino unitario con il resto del Comitato. In ogni caso, e malgrado l’iniziativa avventata, dovrà essere rafforzata l'unità del movimento delle famiglie, dando una linea chiara al Comitato che marchi la differenza dalla formula-partito senza per questo sconfessarlo.