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IL FILM

Un bambino non può essere felice senza famiglia

È davvero una bella notizia che il cinema si dedichi con vera attenzione e tenerezza al rapporto di un padre con il suo bambino. Il film “Nowhere Special - Una storia d’amore” ci propone con leggerezza, ma anche serietà, una vicenda difficile e commovente. Per scoprire che la vita è ricca e varia e sa aprirsi sempre a nuove possibilità, accompagnate dalla speranza.

Cinema e tv 04_01_2022
James Norton e Daniel Lamont, protagonisti di "Nowhere special"

Comincia in punta di piedi la storia di un padre, John (un ottimo, dignitosissimo James Norton), coscienzioso genitore single, che cerca con impegno una nuova famiglia per il suo figlioletto Michael di 4 anni (interpretato in modo prodigioso dal piccolo Daniel Lamont), dal momento che purtroppo dovrà lasciarlo a breve per una malattia incurabile. Lo spettatore si trova immediatamente immerso nel piccolo mondo modesto, ma ricco di sincera comprensione reciproca, dei due protagonisti, fatto dei semplici gesti quotidiani di un papà che accudisce amorevolmente il suo figlioletto.
Lo porta all’asilo tutti i giorni, per poi andare puntualmente a lavare i vetri delle case del paesino anglosassone in cui abitano. Parlano poco ma si intendono molto. Sia quando vedono uno scarabeo morto che suscita le domande del ragazzino, sia quando si gustano un gelato con cui impiastricciano allegramente i loro visi. Insieme affrontano con coraggio e determinazione il compito più importante dell’avventura umana del lavavetri: trovare una famiglia adottiva per il piccolo Michael, perché non rimanga solo, come è accaduto a John stesso da bambino e anche da adulto, quando è stato abbandonato dalla moglie ed è rimasto l’unico a occuparsi del loro figlio.

Ma come trovare una famiglia adatta, perfetta per Michael, che gli assicuri l’amore e la felicità di cui ha bisogno per crescere sereno? Pressato dalle diligenti assistenti sociali che vogliono “chiudere una pratica” così imbarazzante e complessa, John comincia a visitare con Mike un variegato assortimento  di  nuclei familiari, a dire il vero piuttosto strampalati: dalla coppia facoltosa desiderosa di elargire con ostentazione la sua ricchezza, ai coniugi problematici che in realtà vorrebbero un neonato, alla famiglia allargata confusamente generosa, alla donna single che ha dovuto abbandonare il suo bambino da ragazzina e ora vorrebbe solo donare tutto l’amore che ha dentro di sé.

Padre e figlio faticano e si interrogano in questo arduo percorso, ma misteriosamente riescono a sostenersi a vicenda. John d’altra parte, lavando i vetri di edifici diversissimi,  ha modo di affacciarsi alle finestre di altri mondi, di cui intravede dolcezze e malinconie. Da ragazzo-padre realista comprende che la famiglia perfetta non esiste, e neppure è assicurata per il suo piccolo  la scelta migliore, che alla fine sarà un sorprendente atto di fiducia. Intanto il tempo stringe e anche se John vorrebbe risparmiare al figlio la tristezza della memoria dei pochi anni felici passati insieme, decide infine di preparare con amore e semplicità la cosiddetta “scatola dei ricordi”  (che include anche il piccolo scarabeo) per il momento in cui Michael vorrà sapere del suo passato.

La storia dei due protagonisti è vera: il regista Uberto Pasolini ne è venuto a conoscenza leggendo un articolo del 2017 del quotidiano popolare inglese Daily Mail. Lui che vive in Inghilterra ci presenta un modo di vivere che a noi italiani, così abituati all’affettuosa e avvolgente presenza di zii e nonni, appare davvero improbabile e persino di un vago squallore. Anche se a dir la verità qualche vicino mostra sensibilità per John e il suo bambino. Possibile che il lavavetri sia così solo e che di lui si occupino solo due assistenti sociali? Allo spettatore di Nowhere Special devono comunque piacere molto i bambini (e l’interprete del film è davvero bravissimo e anche molto carino, con i suoi splendidi occhioni spalancati), né si deve scandalizzare del mondo scombinato delle famiglie di oggi.

A queste condizioni il terzo film di Uberto Pasolini (cineasta di nobili origini, suo  padre era cugino di Pier Paolo Pasolini ed è pronipote per parte di madre di Luchino Visconti) racconta un’esperienza profonda e commovente e vale  la pena andarlo a vedere prima che scompaia dalle sale. I ritmi sono pacati, gli sguardi dolci e indagatori, ma non mancano i sorrisi e le lacrime per il pubblico, sempre più coinvolto dalla tenera storia dei due protagonisti. 
Nowhere Special affronta indirettamente il tema della morte (pur non  soffermandosi mai sulle angosce suscitate dalla malattia), ma considerandola come una parte della nostra esistenza, come in realtà è. Il coraggioso regista aveva ben chiaro lo scopo del suo film: “L’idea iniziale era quella di fare un film sulla vita e raccontarla nelle sue piccole cose quotidiane che ci accomunano”. Ma  ha anche aggiunto che “è impossibile parlare della vita senza la morte”.

In definitiva Pasolini ha voluto  rappresentare con sguardi e gesti delicati la vita interiore di un adulto e di un bambino, dove dominano l’amore e la tenerezza. E forse i nostri tempi difficili e confusi chiedono al cinema proprio di parlarci di ciò che ci accade senza escludere la morte. Sarà per questo che contemporaneamente a Nowhere Special è uscito nelle sale anche Supereroi, il nuovo film di Paolo Genovese, anche lui cosciente del “tempo che passa”, e in cui si affacciano i momenti belli e drammatici dell’inizio e della fine dell’esistenza? Nella pellicola di Genovese è protagonista una coppia inquieta eppure eccezionalmente duratura. Ma… questo è un altro film.