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il caso legnano

Un altro sindaco assolto dopo la gogna: e ora chi paga?

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L'ex sindaco di Legnano Fratus è stato assolto, ma è stato letteralmente massacrato dai media, che lo hanno subito trattato da colpevole. Una patologia che calpesta la dignità della persona. 

Editoriali 24_01_2024

La vicenda è stata abbondantemente commentata nei giorni scorsi. C’è ben poco da aggiungere sul piano strettamente giudiziario. La Corte d’Appello di Milano ha assolto «per non aver commesso il fatto» l’ex sindaco di Legnano, Gianbattista Fratus (Lega), l’ex vicesindaco, Maurizio Cozzi e l’allora assessore alle opere pubbliche, Chiara Lazzarini. In primo grado erano stati condannati nell’ambito dell’inchiesta “Piazza Pulita” per aver manipolato gare, guidato nomine, aver compiuto pratiche di corruzione elettorale e, nel caso dell’ex primo cittadino, per essere stati indicati come “a capo” di un sistema.

L’inchiesta "Piazza Pulita" coordinata dal sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Busto Arsizio, Nadia Calcaterra, era diventata di pubblico dominio nel maggio del 2019 con l’arresto dei tre amministratori legnanesi, poi condannati alla fine del processo di primo grado conclusosi nell’aprile del 2020. L’ex sindaco Fratus era stato condannato a due anni e due mesi, Cozzi a due anni (Cozzi aveva anche trascorso oltre un mese di custodia cautelare in carcere a Busto Arsizio) e Lazzarini a un anno e tre mesi. A conclusione del primo grado i tre avevano deciso di impugnare la sentenza e a giugno del 2023 in Appello il procedimento aveva preso il via subito con un colpo di scena: la Procura Generale presso la Corte d’Appello di Milano, infatti, aveva chiesto l’assoluzione per l’ex sindaco Gianbattista Fratus, l’ex vice sindaco della sua giunta Maurizio Cozzi e l’ex assessore alle opere pubbliche Chiara Lazzarini. Nei giorni scorsi è arrivata la conclusione della vicenda che contraddice in toto l’esito del processo di primo grado e chiude un capitolo doloroso per la città di Legnano e per i protagonisti della vicenda.

Fratus era diventato sindaco di Legnano nell’estate 2017, ma meno di due anni dopo era finito agli arresti domiciliari per sette mesi. Inoltre, al termine dei domiciliari, gli era stato imposto il divieto di dimora a Legnano. La sua carriera politica è stata dunque stroncata da quell’inchiesta.

Che cosa c’è di patologico in tutta questa vicenda? Dopo tutto la giustizia si regge su tre gradi di giudizio proprio perché può succedere che in secondo grado o davanti alla Cassazione si smontino le accuse mosse in primo grado e dunque si ribalti una sentenza di condanna. Fin qui tutto fisiologico, quindi. Se non fosse che Fratus e gli altri due, all’indomani della sentenza di condanna, sono stati letteralmente massacrati dai media, che li hanno subito trattati da colpevoli, calpestando la presunzione di innocenza sancita dalla Costituzione. Alle elezioni successive ha prevalso la sinistra, che governa tuttora Legnano. Un cambio di colore politico probabilmente provocato dalla gogna mediatica alla quale l’esponente leghista locale è stato sottoposto per mesi e che lo ha fortemente screditato agli occhi dei suoi cittadini.

Ora è un uomo libero ma come politico è finito. Lo ammette lui stesso in varie interviste contrassegnate da una comprensibile amarezza per il clima giustizialista che si era creato in quei giorni concitati del suo arresto e per gli attacchi politici e mediatici ricevuti. In un’intervista rilasciata al Foglio auspica una riforma della giustizia per migliorarne il funzionamento e un uso più sobrio e rispettoso delle intercettazioni, che sono sì importanti per le indagini ma non possono diventare uno strumento per distruggere la vita delle persone coinvolte.

All’epoca del suo arresto imperava il giustizialismo grillino. L’allora ministro della giustizia. Alfonso Bonafede commentò la vicenda definendola il sintomo di una “emergenza corruzione” e il vicepremier Luigi Di Maio parlò di “una nuova Tangentopoli”. Fratus venne considerato un delinquente pericoloso e i giornali lo dipinsero come un appestato. Il danno di immagine per lui è stato incalcolabile e nessuno potrà risarcirlo. Nessun mezzo d’informazione gli ha sin qui chiesto scusa per un processo mediatico orchestrato sapientemente, anche per danneggiare la Lega, partito al quale Fratus apparteneva e sente ancora di appartenere, come ha fatto sapere.

La riforma della giustizia non servirebbe, quindi, se non fosse accompagnata dal superamento dell’attuale sciacallaggio mediatico che si scatena in vicende come questa. Oltre che mettere dei freni allo strapotere di alcune toghe, è necessario ristabilire un corretto rapporto tra giustizia e informazione, evitando che vicende giudiziarie ancora tutte da chiarire possano essere giudicate in modo alterato da giornalisti in cerca di scoop e di visibilità, a scapito della dignità delle persone. E’ ora di mettere un freno alla mediatizzazione della giustizia e il caso Fratus rappresenta l’ennesimo esempio di questa degenerazione ormai divenuta intollerabile.