Un accordo per il rimpatrio volontario di 295.000 centrafricani rifugiati in Camerun
Mentre prosegue il processo di stabilizzazione del paese dopo l’accordo di pace di febbraio, è stato firmato un accordo per il rimpatrio volontario di decine di migliaia di rifugiati centrafricani
I governi di Camerun e Repubblica Centrafricana e l’Alto commissariato Onu per i rifugiati hanno firmato il 29 giugno un accordo per il rimpatrio di oltre 295.000 centrafricani rifugiati in Camerun a causa della guerra iniziata nel 2013 con il colpo di stato della Seleka, una coalizione di milizie antigovernative in prevalenza musulmane. Un accordo di pace firmato a febbraio tra governo e gruppi armati, l’ultimo di una serie, fa sì che l’Unhcr ritenga la situazione del paese definitivamente stabilizzata: “tutte e tre le parti hanno ritenuto che i rifugiati possano tornare a casa – ha detto il rappresentante dell’Unhcr nella capitale centrafricana Bangui – sono state prese delle misure per il loro accompagnamento e il loro reinserimento sociale”. Solo pochi giorni prima, il 20 giugno, il capo della missione di pace Onu nel paese, Minusca, ha tuttavia espresso al Consiglio di Sicurezza le proprie riserve spiegando che i civili continuano a subire ogni giorno atti di violenza. Ha fatto l’esempio del massacro il 21 maggio di 39 persone compiuto dagli uomini del “3R” (uno dei gruppi armati che hanno firmato l’accordo) in seguito al quale circa 12.000 persone hanno lasciato case e villaggi e sono tuttora sfollate. L’accordo tra Camerun, Centrafrica e Unhcr, firmato a Bangui, prevede che il ritorno a casa sia volontario e definisce il quadro legale delle modalità di rimpatrio “in sicurezza e dignità”. Il ministro camerunese dell’Amministrazione territoriale, Paul Atanga Njia, ha ricordato al momento della firma – riferisce l’agenzia Fides – che “il Camerun ha aperto le sue porte a più di 400.000 rifugiati centrafricani che vivono principalmente nei campi”. Ha quindi ringraziato l’Unhcr “per l’aiuto offerto al suo paese nel sostenere i rifugiati e gli stessi rifugiati per aver mantenuto la propria dignità nonostante le difficoltà da loro vissute”.