UK: lei partorisce, ma vuole essere un "Lui"

Siamo in Gran Bretagna. Una donna vuole diventare anagraficamente un uomo e quindi inizia l’iter clinico e burocratico di rettificazione sessuale. Nel mentre rimane incinta e partorisce. Dopo che il bebè è nato la donna, ormai per lo Stato inglese “uomo”, vuole che sull’atto di nascita lei appaia come un “Lui”. Ma l’ordinamento giuridico inglese ovviamente non lo permette perché solo le donne posso partorire.

Lei non ci sta e va a processo sostenendo che essere stata registrata come “madre” ha “violato il suo diritto umano al rispetto per la vita umana e familiare” e si tratta di una “interferenza sproporzionata e non necessaria alla luce dei cambiamenti avvenuti nella società”. All’obiezione che solo le donne possono concepire e partorire, l’avvocato difensore della transessuale ha replicato che è ormai prassi che i transgender possano anche conservare alcune funzioni riproduttive del vecchio sesso. Quindi anche i maschi trans possono partorire.

In questa vicenda d’oltremanica c’è un po’ la sintesi degli umori contemporanei: la realtà non va riconosciuta ma è prodotto della volontà, volontà che non deve conoscere limiti (delirio di onnipotenza), la regole naturali sono state sovvertite (disordine morale), ogni desiderio è elevato a diritto (ipertrofia dei diritti), se è vero tutto e il contrario di tutto allora la verità non esiste (nichilismo), la persona è al centro dell’universo ed è lei l’artefice della propria verità (soggettivismo), ma solo quella persona che ha un potere decisionale forte (i già nati, i sani, coloro che il politicamente corretto protegge, etc.), lo Stato è suddito delle voglie dei cittadini ma non di tutti i cittadini (vedi parentesi precedente), sono i costumi che indicano la verità (storicismo e fenomenologia), Dio e le sue leggi sono state bandite (ateismo).

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