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IL DOCUMENTO

UE, nel segno Lgbt il semestre di presidenza della Spagna

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I ministri di 15 Paesi europei hanno firmato un documento per estendere i diritti Lgbt. A capo dell’iniziativa la spagnola Irene Montero. E la Commissione assicura che tratterrà i fondi dovuti a Ungheria e Polonia.

Attualità 13_07_2023
Charles Michel (presidente Consiglio europeo) e Pedro Sanchez (premier Spagna)

Sono stati 15 i ministri europei, responsabili dei diritti e della protezione delle persone Lgbt, che hanno firmato, mercoledì 5 luglio, una dichiarazione con l'obiettivo di promuovere i diritti delle persone Lgbt nel continente. Il governo spagnolo, di Socialisti e Podemos, appoggiati da indipendentisti e sinistre, ha voluto così marcare la sua presidenza di turno sin nel primo mese del suo insediamento, pur consapevole di come tutte le previsioni elettorali ne vedano la sconfitta certa.

Con la sconfitta e la nuova probabile coalizione di centrodestra a Madrid, la presidenza di turno spagnola vedrà certamente delle modifiche nel programma e nelle iniziative europee semestrali. Ben consapevoli della situazione e in aperto spregio della stessa funzione istituzionale nel Consiglio europeo, le autorità spagnole in carica hanno promosso la firma di un documento pro-Lgbt sostenuto dalla Commissione e da Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lituania, Malta, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Svezia.

A capo dell’iniziativa il ministro per l’Uguaglianza del governo spagnolo, Irene Montero (Podemos), che ha dichiarato che il protocollo sottoscritto serve a «garantire il diritto all'autodeterminazione di genere di tutte le persone transessuali, senza criteri patologizzanti, e a proibire la riassegnazione chirurgica dei genitali dei bambini intersessuali e a promuovere la depenalizzazione della realtà Lgtbiq in tutto il contesto internazionale (...) anche attraverso una procedura basata sul principio di autodeterminazione».

Il ministro spagnolo, entrata nella storia patria per le sue incivili proposte e legislazioni a favore di aborto, transessualismo, educazione all’ideologia gender e rapporti consensuali con i bambini, ha inoltre sottolineato che i Paesi firmatari si impegnano a «promuovere, attraverso il dialogo internazionale e lo sviluppo di politiche pubbliche specifiche, il progresso dei diritti Lgtbiq in tutta l'UE, rendendola un territorio sicuro, libero e con diritti garantiti per tutti».

Non è mancata, durante la presentazione del documento, la sottolineatura di Irene Montero a favore del cosiddetto diritto alla filiazione delle donne lesbiche o bisessuali. Il documento riconosce inoltre la possibilità di rafforzare il sostegno finanziario alle organizzazioni internazionali della società civile che difendono i diritti Lgbt e di monitorare realmente il diritto alla non discriminazione; e chiede che si incoraggi «la cooperazione degli Stati membri e per una Commissione che integri e promuova l'uguaglianza e la non discriminazione sulla base dell'orientamento sessuale, dell'identità o dell'espressione di genere e delle caratteristiche sessuali attraverso politiche europee trasversali».

L'appello agli Stati membri dell'UE, secondo il documento, si concentra, tra l'altro, sull'offerta di un'educazione sessuale e relazionale completa per tutti i giovani, basata su una prospettiva di uguaglianza di genere e sulla diversità sessuale, di genere e familiare. Nel testo sottoscritto dai ministri dei 15 Paesi europei c’è anche la previsione di proibire e perseguire le cosiddette «pratiche di conversione» dell'orientamento sessuale o dell'identità di genere, che in alcuni casi, si legge nel testo, «possono costituire tortura».

Co-promotrice dell’iniziativa la commissaria all’Eguaglianza e alle minoranze, Helena Dalli, notissima alle cronache solo per la sua determinazione a promuovere privilegi e imporre l’omologazione Lgbt a tutti i Paesi europei. La politica maltese ha affidato ai social media la sua soddisfazione, prendendosi i meriti delle proposte contenute nel documento: «Alla tavola rotonda ministeriale dei ministri Lgbtiq dell’UE, ho chiesto un'azione decisa per: combattere i discorsi d'odio e le violenze subite dalle persone Lgbtiq; adottare la Direttiva orizzontale antidiscriminazione (…). Leggi forti contro la discriminazione ci permettono di progredire verso un'economia di mercato».

Negli stessi giorni dell’iniziativa di Madrid e della presidenza di turno spagnola, la Commissione europea, attraverso le dichiarazioni dei commissari Vera Jourová (Valori e Trasparenza) e Didier Reynders (Giustizia), riprese da Deutsche Welle, ha assicurato che tratterrà i fondi europei dovuti a Polonia e Ungheria come punizione per le violazioni ribadite nel nuovo Rapporto annuale sullo stato di diritto, pubblicato proprio lo stesso 5 luglio. Coincidenze? Non proprio. Sono gesti che dimostrano come a Bruxelles e nel campo socialista e liberale sia diffuso il terrore delle prossime vittorie elettorali in Spagna, il 23 luglio, e molto probabilmente in Polonia, nel prossimo autunno, delle coalizioni dove i conservatori cristiani saranno determinanti. In ogni caso, questi abusi dei ruoli istituzionali dimostrano ancora di più quanto l’Europa abbia bisogno di cambiare radicalmente.

 



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