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BIG TECH

Ue, la megamulta a Meta è un modo per fare cassa

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Meta, l'azienda proprietaria di Facebook, è stata multata dall'Ue. Deve pagare 800 milioni di euro per abuso di posizione dominante. Fosse per la tutela della concorrenza andrebbe bene. Ma pare che l'Ue sia interessata solo a far cassa.

Economia 23_11_2024
Mark Zuckerberg e l'UE (La Presse)

È recente la notizia dell’ennesima multa inflitta dall’Europa a uno dei giganti delle Big Tech di oltre oceano. Questa volta a essere colpita è la creatura di Mark Zuckerberg, Meta: la Commissione Europea le ha inflitto una multa di 800 milioni di euro per pratiche anticoncorrenziali legate a Facebook Marketplace, la piattaforma di rivendita tra privati integrata nel social network. L’indagine, avviata nel 2019, ha portato alla conclusione che Meta avrebbe abusato della sua posizione dominante, integrando Marketplace nella piattaforma in modo tale da limitare la concorrenza e favorire la propria offerta, senza tra l’altro chiedere il consenso ai propri iscritti.

Le accuse della Commissione Europea. Secondo la Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva UE per le politiche sulla libera competizione, Meta avrebbe violato le regole UE sulla concorrenza adottando una politica di “tying” (ovvero “vincolo”), che obbliga gli utenti di Facebook ad accedere automaticamente a Marketplace, impedendo una scelta libera tra i servizi disponibili. Inoltre, Meta è accusata di utilizzare dati raccolti dagli inserzionisti di Facebook per trarne vantaggi competitivi sleali sul proprio mercato interno.

Questi comportamenti, secondo Bruxelles, limitano lo sviluppo di alternative valide, rafforzando la posizione dominante di Meta e riducendo le opportunità per gli altri operatori. (Cosa non nuova per gli storici dei social: l’allora Facebook aveva già adottato la stessa politica includendo le Stories su Instagram, scalzando di fatto un potenziale competitor come Snapchat).

La vicepresidente esecutiva della Commissione ha inoltre dichiarato che tali pratiche compromettono il corretto funzionamento del mercato digitale, limitando l’innovazione e danneggiando i consumatori europei.

Meta non rimane in silenzio. Meta ha annunciato che presenterà ricorso contro la decisione. In un comunicato ufficiale, l’azienda ha dichiarato che Facebook Marketplace rappresenta una naturale estensione del servizio offerto ai consumatori, sostenendo che la piattaforma sia nata in risposta a una domanda diretta degli utenti, che desideravano maggiori tutele negli scambi commerciali che avvenivano tramite il media sociale.

Meta contesta inoltre l’interpretazione della Commissione riguardo all’integrazione di Marketplace con Facebook, definendola un’innovazione progettata per migliorare l’esperienza utente, non per ostacolare la concorrenza. L’azienda insiste sul fatto che l’esistenza di numerosi concorrenti sul mercato – tra cui piattaforme come Vinted ed Ebay – dimostri che la competizione rimane vivace e non soffocata dalle politiche di Meta.

Non è un caso che le azioni di Ebay, infatti, siano cresciute del 51,58% sul mercato americano nel corso dell’ultimo anno, attestando un sempre maggior interesse per la rivendita di prodotti usati da parte di un’utenza sempre più affascinata dai ricavi sostenibili dovute al flipping, cioè alla rivendita di oggetti usati in buone condizioni.

Implicazioni della multa. La decisione della Commissione rappresenta un segnale forte verso le grandi piattaforme digitali, indicando un approccio sempre più rigido nell’applicazione delle normative antitrust. La multa da 800 milioni di euro non è solo una sanzione pecuniaria, ma un messaggio politico e regolatorio volto a frenare pratiche che potrebbero consolidare monopoli nei mercati digitali.

Per Meta, l’impatto della decisione va oltre il semplice aspetto economico. Il caso potrebbe infatti influenzare le future strategie aziendali in Europa, obbligando la società a separare le funzionalità di Facebook e Marketplace o a modificare il trattamento dei dati degli utenti per conformarsi alle normative UE.

Questo provvedimento rischia di fungere da pesante precedente nelle politiche antimonopolistiche europee, e si inserisce in un contesto di crescente attenzione da parte delle autorità UE verso i tech giants. La Digital Markets Act (DMA), recentemente entrata in vigore, mira a prevenire abusi di potere da parte delle “gatekeeper” del mercato digitale, ovvero le aziende che grazie al loro strapotere economico possono velocemente impossessarsi di qualunque innovazione promossa dalle startup. Si parla di Meta, ovviamente, ma anche di Apple, Google e Amazon. Nel frattempo, i consumatori e le piccole imprese europee potrebbero beneficiare di una maggiore concorrenza e trasparenza nei servizi digitali.

Monopolio o concorrenza: è questo il dilemma? La vicenda di Meta e Facebook Marketplace sottolinea la complessità del rapporto tra innovazione, potere di mercato e regolamentazione. Ma sarebbe errato sostenere che questa diatriba sia esplosa all’improvviso. Già nel 2022 Meta aveva iniziato a togliere, in Europa, la funzionalità shopping da Instagram, l’altro social network che gestisce insieme a WhatsApp. Al tempo, la scelta era stata giustificata da motivi di semplice user experience, tanto che l’utente, dalle impostazioni, poteva ristabilire la funzionalità quando voleva. Oggi, forse, si potrebbe ipotizzare che le motivazioni fossero diverse.

Se da un lato le aziende tecnologiche sostengono di rispondere alle esigenze degli utenti, dall’altro devono confrontarsi con regole sempre più stringenti per garantire mercati equi e competitivi. Il tema si affaccia soprattutto per il Vecchio Continente ben più che in America, dove lo strapotere delle Big Tech rimane ad oggi illimitato e quasi impunito.

Resta da vedere come si evolverà il caso e quale impatto avrà sulla strategia globale di Meta e sul futuro della regolamentazione digitale in Europa. Quel che si può affermare però è questo: quanto l’Europa è disposta ad abbandonare la “comodità” di un servizio integrato, customizzato e pervasivo, piuttosto che doversi abbandonare alla burocratica e lenta pratica della correzione delle pratiche monopolistiche. E quanto, invece, la cura di un ambiente adatto alla crescita di startup indipendenti può invece “rallentare” l’evoluzione tecnologica ben più veloce dei giganti della tecnologia?

Il tema, da qui in poi, dovrebbe ampliarsi? L’Europa è sì luogo del mondo dove è facile aprire startup e innovare, ma i capitali destinati alle imprese tecnologiche sono più che dimezzati rispetto a quelli americani. Se la decisione europea sul sanzionamento di Meta portasse a una revisione dell’intero sistema di startup, con un potenziamento degli investimenti e una deburocratizzazione degli iter, allora si potrebbe vedere la proiezione di un progetto nel medio periodo. Ad oggi, invece, pare che l’UE abbia adottato una pratica da guerra corsara: multa, fa cassa e tutto torna come prima. Concorrenza o monopolio? A quanto pare nemmeno l’Unione Europea ha capito l’importanza di dare una risposta a questa domanda.