UE in confusione sull'allargamento a Est
Sull'adesione dell'Ucraina scontro tra il presidente della Commisione Ursula von der Leyen e il governo francese, mentre la Germania spinge per i paesi musulmani e minaccia gli ortodossi Bulgaria e Serbia, interpretando creativamente i protocolli di adesione. Segnali preoccupanti di una situazione che promette solo di peggiorare.
L’Europa sta perdendo la ‘bussola’ anche in vista del suo possibile allegamento ad est. La Germania spinge per i paesi musulmani (Nord Macedonia, Kosovo e Albania) e minaccia gli ortodossi Bulgaria e Serbia. Ursula Von der Leyen non finisce di stupire e, a poche settimane dalle dichiarazioni del Ministro francese per gli Affari europei Clément Beaune - nel quale si confermava la disponibilità ad avviare una procedura di adesione e che però solo tra 15-20 anni l’Ucraina sarebbe potuta entrare a pieno titolo nella EU -, è volata a Kiev sabato 11 giugno per promettere una procedura velocissima. La Presidente della Commissione si è spinta oltre dicendo che “le discussioni di oggi ci permetteranno di finalizzare la nostra valutazione entro la fine della prossima settimana... un percorso basato sul merito", perché l’Ucraina "ha fatto molto per rafforzare lo Stato di diritto”.
Non è dato sapere a cosa ci si riferisca: uno stato che vieta la chiesa ortodossa russa o bandisce i partiti di opposizione e ne incarcera uno dei leaders, ha fatto solo passi indietro nel rispetto dello stato di diritto. Non è inseguendo il sentimentalismo di una parte della opinione pubblica europea che si rafforza il futuro dell’Europa, ma forse la Von der Leyen sta semplicemente interpretando il ruolo di portavoce degli interessi della Amministrazione Biden, dei filantropi e dei Dems USA. D’altro canto la Fondazione di Soros International Renaissance in 29 anni di attività in Ucraina ha investito più di 230 milioni di dollari...
Oltre allo sbandamento della tedesca Von der Leyen, lo stesso Cancelliere tedesco Olaf Scholz, come già descritto su La Bussola, pare sempre più in balia di una politica balcanica irrazionale. Nella sua visita di Stato in Kosovo e Serbia, ha dapprima rassicurato il Kosovo sul pieno sostegno tedesco sia per il riconoscimento al Consiglio di Europa, sia in seguito alla prossima domanda di entrare nella Unione Europea (di fine anno); poi ha minacciato la Serbia che “non potrà entrare in Europa, senza il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo”. Questa condizione/ricatto non fa parte di nessun protocollo europeo. Scholz si è poi recato a Belgrado, non senza aver chiesto alla Serbia di seguire con urgenza l’Europa nelle sanzioni alla Russia, nel tentativo sin troppo ovvio di rompere l’amicizia serbo-russa.
Ebbene la risposta alle pressioni tedesche sull’intero scacchiere balcanico non è tardata. Il Presidente serbo Aleksandar Vučić, nella conferenza stampa congiunta con il Cancelliere Scholz ha chiaramente riaffermato la propria autonomia:”Ho sottolineato tutto ciò che non è stato rispettato dall'accordo di Bruxelles. Ho compreso il messaggio del Cancelliere, secondo cui è importante fare una serie di piccoli passi e faremo del nostro meglio per progredire nelle relazioni con Pristina”. Nulla da fare sul riconoscimento del Kosovo come stato indipendente.
Ultima tappa del viaggio di Scholz è stata in Nord Macedonia e Bulgaria, paesi che hanno aperto un forte contenzioso. Scholz ha dichiarato che "i Balcani occidentali sono di importanza strategica" per la Germania e che il suo Paese è "seriamente intenzionato" a sostenere l'integrazione europea anche della Macedonia del Nord e dell'Albania, che “meritano di avviare i colloqui di adesione". La risposta del Primo Ministro bulgaro Kiril Petkov da Sofia è stata altrettanto chiara:”Voglio chiarire che la Bulgaria ha tre condizioni per compiere progressi sul tema della Macedonia del Nord. Primo: il rispetto della posizione quadro adottata dal Parlamento bulgaro. Secondo: l'inclusione dei bulgari nella costituzione della Macedonia del Nord, in modo che i loro diritti possano essere tutelati. Terzo: l'attuazione dell'Accordo di vicinato. Ora stiamo lavorando per vedere se è possibile che l'UE sia garante del rispetto di queste tre condizioni".
Sì, molti nei Balcani vogliono che siano l’Europa ed il suo Commissario per l’allargamento Oliver Varhelyi ad essere garanti degli accordi e i risolutori dei veti che stanno bloccando gli accessi di molti paesi. Tuttavia, a conferma della voglia di protagonismo sconsiderato tedesco, il quotidiano on-line Deutsche Welle, proprio in questi giorni, ha frontalmente attaccato il Commissario europeo perché è ungherese ed è stato indicato dal governo Orban, reo in realtà di non assecondare le mire espansionistiche tedesche.
In tutto ciò, nei prossimi giorni il Parlamento Europeo discute tre relazioni su paesi importanti dei Balcani, (Bosnia Erzegovina, Serbia e Kosovo) alla Commissione Affari Esteri. In quella sulla Bosnia Erzegovina (relatore Paulo Rangel del PPE), si “deplora il fallimento nei negoziati sulla riforma della legge elettorale e la mancanza di volontà politica per superarlo...si denuncia con forza il mancato rispetto delle norme e degli obblighi internazionali e nazionali” e si ricorda che il “futuro nell'UE della Bosnia-Erzegovina dipende da una pace sostenibile e da un'autentica riconciliazione, che ne garantisca il carattere democratico, inclusivo e multietnico”.
Politicamente motivata invece la relazione sul Kosovo: la relatrice è la deputata tedesca dei Verdi Viola Von Cramon-Taubadel, che propone di “accogliere con favore l'impegno del Kosovo a portare avanti le riforme relative all'UE e il vasto sostegno popolare all'integrazione europea... l'adozione del piano d'azione del secondo programma di riforma europeo e del programma nazionale per l'attuazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione alla EU”. Nella relazione sulla Serbia (RelatoreVladimír Bilčík del PPE), pur deplorando la scelta del paese di non adeguarsi alle sanzioni europee, si prende atto dell’impegno di Belgrado, non si fà cenno ad alcuna ‘condizionalità di riconoscimento del Kosovo’, anzi si deplorano alcune scelte di Pristina contro le popolazioni serbe, mentre “si esprime sostegno alla futura adesione della Serbia all'UE”. La Germania getta benzina sul fuoco, Bruxelles gioca alla guerra e la situazione non potrà che peggiorare.