Ucraina, un voto locale per tornare alla normalità
Il 25 ottobre si è votato per il rinnovo delle amministrazioni locali in Ucraina, anche se i media internazionali quasi hanno ignorato l’evento. Si tratta di elezioni “solo” locali, ma la guerra in Ucraina è soprattutto una lotta per il controllo di regioni. Dunque sono fondamentali per comprendere il futuro del conflitto.
Il 25 ottobre, oltre che in Polonia e in Argentina, si è votato anche per il rinnovo delle amministrazioni locali in Ucraina, anche se i media internazionali quasi hanno ignorato l’evento. Si tratta di elezioni “solo” locali, si potrebbe pensare. Ma la guerra in Ucraina è soprattutto una lotta per il controllo di regioni. Dunque le ultime elezioni sono della massima importanza per poter prevedere quale sarà il futuro del conflitto alle porte dell’Europa.
I risultati definitivi del voto del 25 ottobre arriveranno a rilento, entro il prossimo 4 novembre, per i ballottaggi (fra cui quello per il sindaco di Kiev) si dovrà attendere il 15 novembre. Lo spoglio nei vari livelli di governo, fra villaggi, insediamenti, città piccole, città grandi, regioni, è molto complesso e reso difficile da guerra e crisi economica. Per ora sono comunque significativi i dati sull’affluenza, gli exit polls e le proiezioni sui risultati finali. La notizia più importante, però, è che le elezioni si sono tenute nella data stabilita nel gennaio del 2014. In quel gennaio di un anno fa, la rivolta pro-europeista del Maidan, a Kiev, era ancora in corso e i suoi esiti incerti. C’era ancora il presidente filo-russo Viktor Yanukovich al potere, sostenuto da un governo del suo stesso Partito delle Regioni. Non c’era la guerra. Da allora ad oggi la situazione è drammaticamente mutata: Yanukovich è in esilio in Russia e al suo posto è stato eletto Petro Poroshenko, espressione di una coalizione filo-occidentale; il governo non è più in mano al Partito delle Regioni, ma alla coalizione di centro-destra di Arseny Yatseniuk, uno dei leader liberali della rivolta del Maidan; la Crimea è stata annessa alla Federazione Russa e non è più parte del paese; le regioni di Donetsk e Luhansk sono tuttora in gran parte sotto il controllo militare di giunte che vorrebbero l’annessione alla Russia e sono già (almeno da un punto di vista amministrativo) fuori dal controllo del governo di Kiev. Nelle cittadine più vicine alla linea del fronte del Donbass, come Avdiivka, Marinka, Artemivsk e Kostiantynivka, non si è votato perché troppo alti sono i rischi corsi dagli elettori. A Mariupol, il principale centro urbano del Donbass più vicino alle linee dei pro-russi, il voto è stato annullato, invece, per la denuncia di frodi. Per la stessa ragione, anche le commissioni elettorali di Krasnoarmiisk e Svatove hanno sospeso le operazioni di voto. Rispetto alle dimensioni e alla drammaticità di un conflitto che ha già provocato, in un anno e mezzo, circa 7000 morti, si tratta di piccoli inciampi. In tutto il resto del paese si è regolarmente votato, come era stato deciso nel 2014.
Le elezioni ucraine sono una delle migliori dimostrazioni della tenuta della tregua di Minsk, concordata lo scorso febbraio. La “mina vagante” di possibili elezioni separate nelle aree controllate dai pro-russi, è stata disinnescata dall’ultimo incontro del “gruppo Normandia” (Francia, Germania, Ucraina e Russia). A Donetsk e a Luhansk si sarebbe dovuto votare rispettivamente il 18 ottobre e il 1 novembre, per sottolineare la piena separazione da Kiev anche nella scelta dell’election day. Quattro giorni dopo l’incontro del Gruppo Normandia, i due leader pro-russi hanno invece deciso di rimandare il voto a febbraio. Un rinvio che, nell’imprevedibilità del conflitto ucraino, potrebbe anche significare un annullamento. I termini della tregua di Minsk prevedono, infatti, che le regioni separatiste di Donetsk e Luhansk rientrino a far parte del territorio nazionale ucraino, anche se dotate di ampia autonomia. E’ ancora troppo presto per definire queste elezioni locali ucraine come una “parola fine” sulla guerra, ma di sicuro sono un segnale ulteriore di de-escalation in un conflitto in cui si combatte sempre meno, il numero e la frequenza dei caduti diminuisce, le armi pesanti sono gradualmente ritirate da entrambe le parti dalla prima linea (anche se i separatisti continuano ad accumularne, immediatamente dietro le linee).
I dati sull’affluenza, gli exit polls e le proiezioni, pur con tutti i loro limiti, dimostrano anche un notevole ritorno alla normalità pre-guerra. Come prevedibile, l’affluenza si è attestata sul 47%, nella media delle precedenti elezioni amministrative e sostanzialmente nella media delle elezioni locali in tutta Europa (Italia inclusa). Questo dato risulta da un 51% di affluenza nelle regioni occidentali, quelle maggiormente coinvolte dalla rivolta del Maidan, contro un 41-43% nelle regioni orientali, più direttamente colpite dal conflitto. Prevedibile e nella norma anche la geografia dei vincitori: il Blocco Poroshenko e i partiti che sostengono l’attuale governo europeista prevalgono nelle regioni occidentali e centrali; nelle amministrazioni orientali vince, invece, il Blocco delle Opposizioni, costituito dall’ex Partito delle Regioni e dai suoi alleati di sinistra. Torna la dialettica politica Est-Ovest, insomma: non il conflitto, ma il confronto alle urne per decidere il futuro dell’Ucraina.
Tornano anche la goliardia e la voglia di stupire e provocare: l’unica foto di queste elezioni che ha fatto il giro del mondo è quella di Chewbacca (sì, proprio la creatura pelosa di Guerre Stellari) arrestato. Non dalle Truppe Imperiali, ma dalla polizia ucraina, per disturbo alla quiete pubblica. L’uomo vestito da Chewbacca è un supporter del Partito di Internet, formato da giovani che vestono come i personaggi di Guerre Stellari per proporre provocatoriamente un programma di modernizzazione, trasparenza e lotta alla corruzione. Non hanno chance di arrivare al governo, neppure a livello locale, ma sono un colpo d’occhio notevole. Anche perché a Odessa, città drammaticamente nota per uno dei primi massacri di questa guerra, è stata abbattuta la statua di Lenin e al suo posto è sorta quella di Darth Vader. La nuova legge contro l’apologia del comunismo lo consente: meglio, molto meglio l’Impero del Male nato dalla fantasia di George Lucas che non il vero impero rosso (e i suoi 60 milioni di morti) fondato da Lenin nel 1917.