Uccidete Bolsonaro: è l'uomo nero, "omofobo e razzista"
Brasile, in vista delle prossime elezioni presidenziali, i due maggiori candidati sono stati messi fuori gioco con metodi “non politici”: il socialista Lula non può candidarsi perché condannato (per corruzione), il suo diretto rivale conservatore, Jair Bolsonaro, ieri è stato pugnalato ed è ferito grave. L’attentato a Bolsonaro, compiuto da un fanatico sostenitore di Lula, è anche un esempio di quali effetti possa provocare l’incitazione all’odio contro la destra e contro i valori tradizionali.
Brasile, in vista delle prossime elezioni presidenziali, i due maggiori candidati sono stati messi fuori gioco con metodi “non politici”: il socialista Lula non può candidarsi perché condannato (per corruzione), il suo diretto rivale conservatore, Jair Bolsonaro, ieri è stato pugnalato ed è sospeso fra la vita e la morte. L’attentato a Bolsonaro, compiuto da un fanatico sostenitore di Lula, è anche un esempio di quali effetti possa provocare l’incitazione all’odio contro la destra e contro i valori tradizionali che difende. Un odio da cui l’altra America, quella del Nord, e l’Europa, non sono affatto esenti.
Jair Bolsonaro, dopo l’esclusione per via giudiziaria di Lula, è diventato il candidato più favorito nei sondaggi. La stampa l’ha subito preso di mira per le sue idee di destra, non solo in Brasile, ma in tutto il mondo. Esemplare il primo servizio che gli ha dedicato la Bbc, appena dopo la sua discesa in campo. Descrivendolo come il “Trump brasiliano”, di lui riporta subito tre cose: la sua intervista a Playboy del 2011, in cui si dice “incapace di amare un (eventuale, ndr) figlio gay” e una condanna a pagare una multa nel 2015 per una battuta sessista contro una rivale politica (“tanto brutta che non merita neppure di essere violentata”), infine un’indagine in corso per una presunta battuta sugli afro-brasiliani. Quindi di lui sappiamo da subito tre cose, dai media: che è sessista, omofobo e razzista. E bastano queste per squalificare chiunque. La Repubblica dice sinteticamente di lui: “Definito il Donald Trump del Brasile, Bolsonaro, ex capitano dell'esercito, è un ammiratore della dittatura militare del 1964-1985 e sono abituali le sue uscite razziste, misogine e omofobe”. Il Corriere della Sera non è da meno: “Omofobo e sessista, è il candidato alle presidenziali più popolare”, leggiamo nel catenaccio dell’articolo (di Rocco Cotroneo) che lo ritrae. “Sostiene ed esalta, quasi fosse una parodia dell’ultrà di destra, l’intero armamentario dell’impresentabile: armi libere per tutti i cittadini, pena di morte, cure mediche ai gay, voglia di militari al potere, donne zitte e al loro posto, torture agli spacciatori e quanto d’altro gli passa per la testa”. The Economist, sempre pronto a dar pagelle per i politici di destra, titola il suo speciale sul Brasile: “Il pericolo posto da Jair Bolsonaro”.
Stranamente, però, i brasiliani lo vorrebbero votare in massa. Sempre la Bbc descrive con toni macchiettistici una sua supporter, l’ex femminista Sara Winter, convertitasi al cattolicesimo dopo un aborto e dopo essere rimasta incinta una seconda volta, “una seconda opportunità che Dio mi ha dato”. Della sua campagna dice: “io penso di poter aiutare le donne molto di più come attivista conservatrice che non come femminista”. Perché il candidato di destra promette più ordine pubblico e protezione dagli stupri, anche con una maggior liberalizzazione delle armi, dunque una maggior possibilità di legittima difesa dall’aggressore. Ma soprattutto, fra le battaglie più importanti di Bolsonaro, troviamo: opposizione alle nozze omosessuali, opposizione senza compromessi all’aborto, alla discriminazione positiva per le minoranze e all’immigrazione non regolata. In sintesi: difende la famiglia naturale e protegge i confini. Sono temi cari alla destra, che hanno attratto sia l’elettorato cattolico che quello evangelico. Ma non solo: tutte le costituzioni democratiche, così come la Dichiarazione dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, riconoscono la famiglia naturale quale comunità da tutelare e proteggere, il diritto alla vita, la libertà dalla paura (di essere derubato e ucciso), l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge (contro la discriminazione positiva) e la difesa dei confini nazionali quale primo diritto di ogni Stato. E’ dunque difficile, se non ci si cala in una mentalità ideologica, definire questo programma come “eversivo”. Contro un quindicennio di socialismo, che ha ridotto il Brasile a una condizione di crisi economica cronica, la classe media e i giovani sono più orientati a votare Bolsonaro. Per il suo programma di privatizzazioni delle aziende statali e ri-privatizzazione delle terre che sono state collettivizzate e redistribuite, gli viene appiccicata addosso anche l’etichetta di “neoliberista”, un fattore di odio in più.
Piace o non piace? E’ troppo volgare per essere votato? Non manterrebbe le sue promesse? Fatto sta che, nel Brasile democratico da 33 anni (fino al 1985 era sotto una giunta militare), forse non lo si potrà nemmeno votare perché un folle estremista di sinistra, che si dice “mandato da Dio”, ha provato a ucciderlo. La politica brasiliana, unanime, condanna l’attentato. Però, in tutti gli articoli leggiamo, in sintesi, il profilo dell’“estremista di destra” vittima dell’attacco. Come minimo viene definito “controverso”. Un po’ come suggerire che: se l’è cercata. Nella democrazia del XXI Secolo non c’è posto per uno come lui: Trump, Salvini, Orban, Kurz e Akesson sono avvertiti.