"Uccidere Trump", a Berkeley comandano i black bloc
Milo Yiannopoulos è uno strano fenomeno. Gay dichiarato, ebreo, greco, cittadinanza britannica, appoggia Trump e scherza pesante sul politically correct. All'università di Berkeley i black bloc hanno scatenato una piccola guerra contro di lui, spaccando, incendiando e ferendo gente. Perché doveva parlare di immigrazione e città-santuario.
Milo Yiannopoulos è uno strano fenomeno della cosiddetta Alt-Right americana. Gay dichiarato, ebreo, greco, cittadinanza britannica, sfida la platea vestito secondo gli stereotipi del tipico militante Lgbt, ma poi inizia a sparare a zero su tutte le categorie protette: i gay stessi, le femministe, gli anti-razzisti e i movimenti neri, le minoranze e gli immigrati. Lo fa senza prendersi sul serio. E nessuno lo considera un politologo. Troll su Internet reo confesso, si è fatto bannare da Twitter per attacchi contro la protagonista del nuovo Ghostbuster. Una "faccia da Web", insomma, ma con una caratteristica che lo ha fatto condannare: appoggia Donald Trump sin dalle elezioni primarie. E scrive su Breitbart. E allora, poche ore prima che prendesse la parola all’Università di Berkeley, in California, studenti, militanti “antifascisti” e black bloc hanno devastato tutta l’area, picchiato chiunque fosse sospettato di appoggiare Trump o di assistere all’evento, sfasciato vetrine di banche e altri esercizi commerciali e appiccato un incendio. L’evento è stato annullato e Yiannopoulos è stato portato in un luogo sicuro dalla polizia.
Le scritte comparse per ogni dove sul luogo della manifestazione non possono essere fraintese. Milo diventa un “frocio pericoloso” (perché i black bloc lo possono dire), e il presidente deve essere “ucciso”: “kill Trump” è una delle scritte comparse, una delle più frequenti. Con gran sprezzo della legge, i post che inneggiano alla "rivolta" recitano "noi controlliamo le strade". Inquietanti i manifesti "Questa è guerra". Il discorso/spettacolo di un personaggio come Yiannopoulos, valeva tutta questa violenza da guerra civile imminente? Il tema era di quelli caldi, anzi caldissimi. L’evento, chiesto dal club repubblicano di Berkeley e sponsorizzato dal David Horowitz Freedom Center, era una denuncia contro la politica dei “campus-santuario”, dove vengono ospitati, contro la legge federale, anche immigrati clandestini. Uno di questi è proprio nell’università di Berkeley.
“Il cosiddetto movimento delle città-santuario – spiega David Horowitz, organizzatore dell’evento – è uno sforzo coordinato delle amministrazioni di sinistra nelle maggiori città (soprattutto negli Stati del Sud, ndr) per violare di proposito il Patriot Act, minare la legge federale sull’immigrazione e gli sforzi del Dipartimento della Sicurezza Interna volti a proteggere i cittadini americani dalla minaccia terroristica”. La politica delle città-santuario, in cui vengono ospitati immigrati senza regolari documenti, si è estesa per osmosi anche alle università amministrate da progressisti. Prima fra tutte Berkeley, luogo di origine del Sessantotto americano. L’attuale presidente dell’università californiano è Janet Napolitano, ex segretaria della Sicurezza Interna. Adesso è sotto accusa per aver deliberatamente ospitato centinaia di immigrati irregolari nei campus e all’ateneo e, come denuncia il Freedom Center “di aver vietato alla polizia locale di implementare la legge e aver destinato 5 milioni di dollari del contribuente agli aiuti destinati a persone immigrate illegalmente”.
C’è abbastanza materiale per scriverci una commedia, in effetti. Di sicuro Yiannopoulos avrebbe commentato a modo suo. Se lo avessero lasciato parlare e non ci fosse stata la sollevazione di studenti e militanti “antifascisti”. “Io non voglio fare la parte del complottista pazzo o puntare il dito contro qualcuno – spiega il diretto interessato dopo il boicottaggio – ma è stato notato da parecchi, compreso Tucker Carlson di Fox News, che la polizia presente non sembrasse troppo aggressiva quella sera ed è una cosa che ho potuto constatare anch’io, così come l’ha notato la mia sicurezza. Era come un approccio: stiamo a guardare, lasciamo che accada”. Il sindaco di Berkeley, Jesse Arreguin, prima dei disordini, aveva anche scritto sul suo profilo Twitter: “Usare la libertà di espressione per zittire e discriminare le minoranze e promuovere il bigottismo è inaccettabile” e “Il linguaggio di odio non è il benvenuto nella nostra comunità”. Dopo i disordini aggiungeva: “La violenza e la distruzione non sono una risposta”. Le autorità dell’università, all’inizio della giornata si erano limitate a emettere l’avviso: “Sappiamo che ci sarà una protesta/dimostrazione di grandi dimensioni prima e durante questo evento” e poi invitava chiunque non partecipasse all’evento ad abbandonare l’area.
Il leit motiv, insomma, è quello di un’illegalità accettata, quando non promossa. E di una violenza tollerata, quando non promossa. Anche questo è un lascito dell’amministrazione Obama e della sua rivoluzione istituzionalizzata. Ora Trump propone di tagliare i fondi federali per i campus che ospitano immigrati clandestini. Diranno che lo fa per razzismo o perché è contrario alle università?