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REGIME SANITARIO

Twitter censurava il dibattito sul Covid, ecco le prove

Se nei tre anni di Covid vi siete sentiti censurati, avete constatato che una mano invisibile nascondeva i vostri post... avete ragione. I nuovi Twitter Files, dissotterrati da Elon Musk, dimostrano come il grande social network abbia censurato anche medici e scienziati, se non erano allineati alle politiche pandemiche del governo. 

Vita e bioetica 30_12_2022
Twitter

Se nei tre anni di pandemia vi siete sentiti censurati, avete constatato che una mano invisibile nascondeva i vostri post o rimuoveva del tutto il vostro account perché quel che scrivevate non era allineato al parere delle autorità sanitarie… non siete complottisti. Avete perfettamente ragione. Per quasi tre anni, infatti, Twitter e gli altri grandi social network hanno sistematicamente censurato tutti i pareri sul Covid e sui vaccini che non erano conformi con i dettami delle autorità sanitarie. Ora le prove sono state pubblicate, assieme agli altri “Twitter files” grazie agli archivi aperti dal nuovo proprietario Elon Musk.

Ad occuparsi del caso Twitter-Covid è il giornalista David Zweig che ha pubblicato i risultati della sua inchiesta su The Free Press, il giornale fondato da Bari Weiss (giornalista licenziatasi dal New York Times perché troppo poco “woke” progressista). Zweig ha seguito il tema Covid per tre anni e aveva la netta sensazione, non solo che la stampa fosse diventata un megafono dei governi, ma che anche i social network agissero sulla base di forti pregiudizi governativi contro una parte consistente dei loro utenti. Ora ha avuto la conferma di tutto quel che temeva. Dalle comunicazioni interne allo stato maggiore di Twitter a San Francisco emerge come le amministrazioni Trump e poi Biden abbiano fatto pressione sul social network perché agisse da censore contro la vera e presunta disinformazione sul Covid.  

Scagli la prima pietra chi è senza peccato… anche l’amministrazione Trump, vittima di Twitter come si è visto nei precedenti Twitter files, ha fatto pressione sui social network per bloccare la disinformazione. Si era agli inizi del Covid e a Trump interessava soprattutto che non si diffondesse il panico. A Twitter è stato dunque chiesto di frenare la diffusione di notizie sugli accaparramenti: non era disinformazione, erano notizie vere, ma sono state trattate come delle fake news.

L’amministrazione Biden, invece, si è concentrata nella repressione del dissenso scientifico e soprattutto delle tesi scettiche sui vaccini (non solo no vax). In uno dei primi incontri dell’amministrazione democratica con i vertici dei social network, il governo ha chiesto di porre maggiore attenzione agli account dei no vax e in particolar modo ha chiesto la testa del giornalista Alex Berenson, già contrario alla politica di lockdown e poi scettico sui vaccini. Insoddisfatto dalla lentezza con cui Twitter stava rispondendo alle sue richieste, il nuovo presidente americano ha lanciato il suo avvertimento, quando affermò che i social media stessero “uccidendo la gente” perché continuavano a permettere ai no vax di scrivere liberamente. Poche ore dopo, Berenson è stato sospeso.

Martin Kulldorff, epidemiologo alla Harvard Medical School è stato giudicato colpevole di aver diffuso informazioni “fuorvianti” perché, rispondendo a un utente, aveva scritto di ritenere anti-scientifica e non necessaria la vaccinazione di tutta la popolazione, inclusi i giovani e i guariti. Per questo tweet, dopo un dibattito interno (in cui l’ultima parola l’ha avuta il rispetto delle direttive della Sanità), Twitter ha deciso di limitare la sua diffusione e visibilità. «Ho trovato numerosi casi di tweet sui vaccini e sulle politiche contro le pandemie etichettati come "fuorvianti" o eliminati del tutto – scrive Zweig - a volte con la sospensione dell'account, semplicemente perché si discostavano dalle indicazioni del CDC (Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie) o dalle opinioni dell'establishment».

In un altro caso eclatante, i censori di Twitter sono andati addirittura oltre le indicazioni del CDC. L’utente chiamata KelleyKga, una fact checker sanitaria, ha subìto la marcatura di “informazione fuorviante” in un tweet in cui spiegava, dati del CDC alla mano, come il Covid non fosse la principale causa di morte nei bambini. La scure censoria si è abbattuta anche su Jay Bhattacharya, uno dei firmatari della Great Barrington Declaration, con cui medici e professori chiedevano di porre fine alle politiche di lockdown per concentrarsi sulla protezione dei fragili. Per questo è stato inserito in una lista nera e la diffusione dei suoi post limitata. L’account di “Infectious Disease Ethics Twitter” ha subito la marcatura di “informazione fuorviante” sulla pubblicazione di uno studio scientifico sull’incidenza di malattie cardiache nei vaccinati giovani in Israele.

Le comunicazioni interne dimostrano come vi sia stato dibattito per ogni caso di persona da censurare, sospendere o bannare. I dipendenti erano ben consapevoli di violare la libertà di espressione. Ci sono stati casi di utenti bannati e poi riammessi dopo un esame più attento. Ma la censura ha continuato ad essere applicata per tutto il periodo della pandemia, fino al cambio di proprietà di Twitter. Il problema è anche come venisse applicata. Il social network ha usato programmi di intelligenza artificiale per individuare contenuti da segnalare. Per quanto raffinati siano i nuovi “bot”, non si può pretendere che comprendano l’importanza di argomenti scientifici, l’ironia, le sfumature di certi post. Sono state impiegate anche aziende all’estero, sotto contratto, con eserciti di revisori spesso impreparati che si muovevano solo sulla base di questionari già tendenziosi di loro (cosa scrive l’utente, cosa pensa l’utente, dove vuole andare a parare). Infine, il tutto diretto da una dirigenza che era chiaramente di parte, al 90% e più filo-democratica, a giudicare dalle donazioni ai partiti.

La vicenda di Twitter è un duro colpo per la fiducia nel governo, nei media e nella scienza. Il governo di un Paese libero ha chiesto di imporre la censura in un momento di emergenza. I media hanno smesso di fare i media e sono diventati portavoce governativi, più ancora che in tempo di guerra (nelle ultime guerre, almeno dal Vietnam in poi, i media sono stati anche liberi di contestare il governo). Infine la scienza che, a questo punto, diventa politica e censura il parere di minoranza. Se è grave sempre, lo è a maggior ragione durante una pandemia di una malattia nuova, proprio quando il dibattito fra scienziati e medici deve essere più aperto che mai. Elon Musk afferma che i nuovi Twitter Files dimostrano come tutte le teorie del complotto sui social media siano vere. Social media al plurale, perché non solo Twitter è stato coinvolto in questo sistema. Ma dimostra anche quanta poca libertà sia rimasta nel nostro mondo libero. Negli Usa almeno se ne discute. In Italia, invece, quanto si deve aspettare?