Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
SCHEGGE DI VANGELO

Tutto in uno sguardo

Di fronte a Cristo bisogna decidersi. In fondo, si tratta di uno sguardo, di una mossa del cuore, di una virata della vita.

Vangelo 17_03_2012
Gesè e Nicodemo
Domenica Quarta di Quaresima


In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Gv 3,14-21


Nel viaggio di queste domeniche quaresimali, il Vangelo ci ha condotto a percorrere alcuni tratti della geografia della Palestina: il deserto di Giuda, il monte Tabor, Gerusalemme con il suo tempio. Ora insieme con Nicodemo entriamo nella casa dove è ospitato Gesù. Vi entriamo di notte, perché forse Nicodemo teme di farsi riconoscere come troppo interessato a Gesù. Tuttavia egli è mosso da grande curiosità e interesse verso quest’uomo, un maestro evidentemente mandato da Dio. Gesù spiazza Nicodemo, come farà poco dopo con la samaritana.

In un dialogo sorprendente Gesù afferma che il  destino dell’uomo è deciso dalla posizione che si prende davanti a lui: chi crede è salvo; chi non crede è già stato condannato. Cristo infatti è il serpente che Mosè aveva innalzato affinché quanti venivano morsi dai serpenti velenosi, guardandolo, trovassero salvezza. Gesù invita Nicodemo a volgersi verso la luce, che è  lui stesso.

Di fronte a Cristo bisogna decidersi. In fondo, si tratta di uno sguardo, di una mossa del cuore, di una virata della vita; ci si concede a Lui, ci si affida, ci si confida come con un amico, come un figlio con il padre, come un peccatore con chi gli concede il perdono. Ogni domanda umana, ogni dramma, ogni circostanza felice o dolorosa può essere condotta in faccia a Cristo, di giorno e di notte, nelle chiese e nelle case, imbattendosi in un amico o in una comunità. Tutto quel che accade diventa occasione di domanda e di ricerca, come una ferita che si riapre e provoca un grido, una invocazione.


Noi non sappiamo come si sia concluso l’incontro di Nicodemo con Gesù. Certamente dev’essere nata in lui una profonda simpatia, dev’essere rimasto un vero attaccamento, se lo ritroviamo insieme con Giuseppe d’Arimatea nel giorno più drammatico della storia: tutti e due calano dalla croce il corpo di Gesù, lo avvolgono in un lenzuolo e lo depongono in un sepolcro nuovo.