Tutti vogliono riformare l'Onu, anche Meloni. Ciclone Milei
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La 79ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata caratterizzata da una comune voglia di riformare il sistema Onu. La Meloni vuole più democrazia, Milei attacca direttamente la sua ideologia.
La 79ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite è stata caratterizzata da una comune voglia di riformare il sistema Onu. Anche se non c’è alcun accordo su come riformarlo. Un tempo, a fare scandalo, erano leader rivoluzionari, come Fidel Castro, intervenuto in divisa per pronunciare il discorso che tuttora è il più lungo della storia dell’Onu: ben quattro ore e mezzo. O Yasser Arafat, il leader dell’Olp celebre per aver portato la sua pistola all’interno del Palazzo di Vetro. Oggi a fare scandalo è il presidente liberale dell’Argentina, Javier Milei, che per la prima volta ha introdotto nel Palazzo di Vetro una parolaccia (“carajo!”). il suo discorso, comunque, è potenzialmente rivoluzionario perché mette in discussione la missione delle agenzie delle Nazioni Unite e soprattutto la loro ideologia di base.
Meno rivoluzionario è stato il discorso di Giorgia Meloni, che si distingue per il suo conservatorismo equilibrato: «Se questi due elementi, la Nazione e la Ragione, sono ancora il fondamento di ciò che ci muove, allora dobbiamo respingere il racconto interessato e utopico di chi dice che un mondo senza Nazioni, senza confini e senza identità, sarebbe anche un mondo senza conflitti, e con altrettanta determinazione dobbiamo impedire il ritorno della forza come strumento di risoluzione delle controversie internazionali».
La Meloni propone una riforma dell’Onu di stampo democratico: «Per questo l’Italia sostiene la necessità di una riforma del Consiglio di Sicurezza che lo renda più rappresentativo, trasparente ed efficace. Che garantisca una distribuzione geografica dei seggi più equa e rafforzi anche la rappresentanza regionale. Che esca dall’assetto cristallizzato all’esito di un conflitto che si è concluso ottant’anni fa, in un altro secolo, un altro millennio, per dare a tutti la possibilità di dimostrare il proprio valore nel presente».
La composizione dell’Assemblea, comunque, è essa stessa la dimostrazione dei limiti di questa concezione democratica dell’Onu. Se la rappresentanza deve garantire una distribuzione geografica dei seggi più equa, quante dittature siederanno ai vertici dell’Onu? Attualmente, più della metà dei paesi membri dell’Assemblea Generale sono dittature che violano, in modo plateale, la Dichiarazione Universale per i Diritti Umani. Soltanto 84 dei 193 stati membri dell’Onu sono democrazie e, fra queste, non tutte sono pienamente rispettose dei diritti umani. Ci sono poi tristi paradossi che continuano a ripetersi: la Cina si è assicurata il sesto mandato come membro del Consiglio per i diritti umani; l’Iran si è assicurato la presidenza della Commissione dell’Onu sul disarmo; l’Arabia Saudita si è assicurata la presidenza del Forum dell’Onu sulla condizione delle donne. Sembrano barzellette, ma sono questi gli effetti della rappresentanza per area geografica, dunque gli effetti della maggior democratizzazione dell’Onu.
Per questo, è molto più coerente (e nei contenuti anche rivoluzionario) il discorso di Javier Milei. Il presidente argentino non punta a cambiare i meccanismi, ma l’ideologia. Il vero problema dell’Onu, sostiene, è la nuova missione che si è dato negli ultimi decenni: «A un certo punto - come accade per la maggior parte delle strutture burocratiche che noi uomini creiamo - questa organizzazione ha smesso di sostenere i principi delineati nella sua dichiarazione di fondazione e ha iniziato a mutare. Un’organizzazione che era stata concepita - essenzialmente - come uno scudo per proteggere il Regno dell'Uomo è diventata un Leviatano multi-tentacolare, intenzionato a decidere non solo ciò che ogni Stato nazionale deve fare, ma anche come tutti i cittadini del mondo devono vivere. È così che siamo passati da un’organizzazione che perseguiva la pace a un'organizzazione che impone ai suoi membri un'agenda ideologica su una miriade di questioni che riguardano la vita dell'uomo nella società».
L’Onu, insomma, sta diventando uno Stato etico universale, «un modello di governo sovranazionale da parte di burocrati internazionali che cercano di imporre un particolare stile di vita ai cittadini del mondo. Ciò che si sta discutendo - questa settimana qui a New York, in occasione del Vertice sul Futuro - non è altro che l'approfondimento di questo tragico percorso che questa istituzione ha adottato. Quindi, l'approfondimento di un modello che - secondo le parole dello stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite - richiede la definizione di un nuovo contratto sociale su scala globale, raddoppiando gli impegni dell'Agenda 2030». Milei la boccia senza esitare: «L’Agenda 2030, sebbene abbia buone intenzioni, non è altro che un programma governativo sovranazionale, di natura socialista, che mira a risolvere i problemi della modernità con soluzioni che violano la sovranità degli Stati nazionali e violano il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà delle persone. È un'agenda che cerca di risolvere la povertà, la disuguaglianza e la discriminazione con una legislazione che non fa che aggravarle».
Lanciando un’accusa che nessuno aveva finora osato pronunciare dal palco delle Nazioni Unite, il presidente argentino dichiara: «Così, abbiamo visto come un'organizzazione, nata per difendere i diritti umani, sia stata una delle principali fautrici della violazione sistematica della libertà, come - ad esempio - con le quarantene globali durante l'anno 2020, che dovrebbero essere considerate un crimine contro l'umanità». E non solo l’Onu, ma anche il Forum di Davos è responsabile di questa degenerazione: «Non ha aiutato nemmeno la tutela del Forum Economico Mondiale, che promuove politiche ridicole con paraocchi malthusiani - come le politiche “a emissioni zero” - che danneggiano soprattutto i Paesi poveri. O le politiche legate ai diritti sessuali e riproduttivi, quando il tasso di natalità nei Paesi occidentali sta crollando, preannunciando un futuro cupo per tutti».
A questa ideologia, Milei contrappone quelle che definisce le “idee della libertà”, cioè: «quelle idee che dicono che tutti i cittadini nascono liberi e uguali davanti alla legge, che abbiamo diritti inalienabili concessi dal Creatore, tra cui il diritto alla vita, alla libertà e alla proprietà». E che sono all’origine del progetto dell’Onu, nato all’indomani della peggior guerra dell’umanità, non solo per riportare la pace, ma anche la libertà delle persone dal potere arbitrario e assoluto degli Stati totalitari che avevano causato la guerra.