«Tutti siamo chiamati a essere santi, ogni giorno»
All'udienza generale del mercoledì, Papa Francesco ha lanciato un appello perché a Gerusalemme e in Medio Oriente «si ponga fine alla spirale di odio e di violenza». Il Pontefice ha proseguito la sua catechesi sulla Chiesa proponendo una meditazione su un'altra sua nota distintiva dell'essere cristiano: la santità.
All'udienza generale del 19 novembre 2014, in cui ha pure lanciato un appello perché a Gerusalemme e in Medio Oriente «si ponga fine alla spirale di odio e di violenza», Papa Francesco ha proseguito la sua catechesi sulla Chiesa proponendo una meditazione su un'altra sua nota distintiva che si aggiunge a quelle trattate nelle settimane precedenti, la santità. La Chiesa è santa, ha detto il Papa, non perché tutti i suoi membri siano santi, ma perché tutti sono chiamati alla santità. L'idea della chiamata universale alla santità ha avuto una lunga elaborazione teologica e ha trovato la sua consacrazione nel Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale ha sottolineato che «tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42)». Questa affermazione teologica però spesso fatica a essere compresa e tradotta in domande concrete: «in che cosa consiste questa vocazione universale ad essere santi? E come possiamo realizzarla?».
La risposta comporta due passaggi. Il primo è che «la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù, quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui». È quanto ci fa comprendere San Paolo nella Lettera agli Efesini, quando afferma che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-26). Il secondo passaggio è che la santità «non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano». Questo è il passaggio difficile da capire, perché pensiamo spesso che per essere santi occorra possedere caratteristiche eccezionali o almeno scegliere la via del sacerdozio o della vita religiosa. Non è così: «per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi, ... No. Tutti siamo chiamati a diventare santi!». Neppure dobbiamo pensare che la santità «sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così! Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia da immaginetta, tutta così… No! Non è quella la santità!».
Qualunque sia il nostro stato e la nostra vocazione, «è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. E ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova». In qualunque stato: «Ma tu sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli». Benché questo fosse un punto centrale del messaggio del Concilio, ha ancora difficoltà a penetrare nella mentalità quotidiana dei cristiani. «“Ma padre, io lavoro in una fabbrica… Io lavoro da ragioniere, sempre con i numeri, ma lì non si può essere santo…” – “Sì, si può! Lì dove tu lavori tu puoi diventare santo”». Dobbiamo riflettere su esempi di santità tratti dalla vita quotidiana, da un'esperienza aperta a tutti noi, «Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù.
E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna, ci vuole tanta pazienza e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza.». «Una signora va al mercato a fare la spesa e trova un’altra vicina e incominciano a parlare e poi, eh, vengono le chiacchiere e questa signora dice: “No, no, no io non sparlerò di nessuno”. Quello è un passo verso la santità, questo ti aiuta a diventare più santo. Poi, a casa tua, il figlio ti chiede di parlare un po’ delle sue cose fantasiose: “Oh, sono tanto stanco, ho lavorato tanto oggi…” –“Ma tu accomodati e ascolta tuo figlio, che ha bisogno!”. E tu ti accomodi, lo ascolti con pazienza… Questo è un passo verso la santità». «Piccole cose», piccoli passi verso la santità, che però non si improvvisano, ma si preparano con la preghiera quotidiana, la confessione, il Rosario, i gesti di carità verso i poveri. «Facciamo la preghiera! Quello è un passo verso la santità. Poi arriva la domenica e andiamo alla Messa a fare la Comunione, delle volte, una bella confessione che ci pulisca un po’. Questo è un passo verso la santità. Poi, la Madonna, tanto buona, tanto bella, prendo il Rosario e la prego. Questo è un passo verso la santità».
Il Papa conclude spesso le sue catechesi proponendo un «esame di coscienza». E qui invita a chiederci «come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ma ho voglio di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità». Una strada gioiosa. «Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste… Tutt’altro! È l’invito a condividere la sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto. Se comprendiamo questo, tutto cambia e acquista un significato nuovo, un significato bello, un significato a cominciare dalle piccole cose di ogni giorno».
Nella Prima Lettera di san Pietro troviamo questo «invito alla santità»: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo» (4,10-11). Accogliamo questo invito, esorta il Papa, e «sosteniamoci gli uni gli altri, perché il cammino verso la santità non si percorre da soli, eh, no, ognuno per conto proprio, ma si percorre insieme, in quell’unico corpo che è la Chiesa, amata e resa santa dal Signore Gesù Cristo. Andiamo avanti con coraggio, in questa strada della santità».