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NO AL BAVAGLIO “OMOFOBIA”

Tutti in piazza l’11 luglio, per difendere la verità sull’uomo

Si avvicina sabato 11 luglio, giorno culmine della manifestazione Restiamo Liberi che si terrà in molte città italiane contro il Ddl Zan sulla cosiddetta “omotransfobia”. La gravità del testo depositato in commissione alla Camera, unita all’annuncio di calendarizzarlo già per il 27 luglio, sta rinserrando i ranghi del movimento pro-famiglia circa l’urgenza di manifestare subito. Anche Gandolfini torna sui suoi passi ed esorta a partecipare. Ora più che mai c’è bisogno di essere uniti per difendere il bene e la libertà di tutti.
- 12 DOMANDE E RISPOSTE SVELANO L'INGANNO DEL DDL ZAN, di Gianfranco Amato

Attualità 07_07_2020

L’11 luglio si avvicina. Siamo dentro la settimana che culminerà nella manifestazione di sabato, Restiamo Liberi, prevista nelle piazze di molte città italiane da Nord a Sud (qui date ed elenco aggiornati), per dire no al Ddl Zan sulla cosiddetta “omotransfobia”. Il prologo lo si è avuto con la veglia a Bari domenica 5 luglio e, prima ancora, a Bolzano, il 27 giugno.

La gravità del testo depositato il 30 giugno alla Commissione Giustizia della Camera, ben illustrata su queste colonne dal giudice Giacomo Rocchi (vedi qui), sta pian piano avendo l’effetto di rinserrare i ranghi all’interno dell’ampio ed eterogeneo movimento pro-famiglia italiano. Soprattutto durante l’ultima settimana di giugno, un po’ per le conseguenze del Coronavirus un po’ per considerazioni di tipo politico (vedi qui), si era assistito al cambiamento di linea di alcuni esponenti - con Massimo Gandolfini in testa - rispetto all’urgenza della mobilitazione di luglio e, in particolare, della manifestazione romana di Piazza del Popolo, rinviata a settembre nella convinzione che il Parlamento non si sarebbe pronunciato prima di allora.

Poi, appunto, i contenuti liberticidi (perfino peggiori del previsto) del Ddl Zan hanno contribuito, quasi per un’eterogenesi dei fini, a ricompattare il fronte dei difensori della famiglia naturale riguardo alla strategia da seguire nell’immediato.

Già l’1 luglio, Pro Vita & Famiglia ha diffuso un comunicato per confermare la propria partecipazione a Restiamo Liberi, richiamando alcuni dei punti più totalitari del disegno di legge, in primis il rischio di galera (fino a sei anni) per chi difende pubblicamente la complementarità sessuale tra uomo e donna e tutto ciò che ne deriva.

Il giorno seguente è arrivata l’altra doccia fredda dal fronte filo-Lgbt, con l’annunciata calendarizzazione del testo nell’Aula di Montecitorio per il 27 luglio. A stretto giro, sabato 4 luglio c’è stata la reazione dell’Associazione Family Day e quindi di Gandolfini, che in un comunicato ha espresso preoccupazione per i più recenti sviluppi riguardanti il Ddl Zan e, tornando sui suoi passi, ha ribadito il sostegno all’iniziativa di Restiamo Liberi. A convincerlo, quella che giustamente ha definito «una deriva ideologica liberticida di stampo dittatoriale che viene fatta avanzare con determinazione e forza inaudite e che abbiamo il dovere di cercare di contrastare con ogni mezzo».

A seguito di quanto successo negli ultimissimi giorni, dunque, si sta ritrovando quella necessaria comunione d’intenti rispetto al punto principale attualmente in ballo: manifestare subito, senza rinvii, contro una proposta di legge che è un pericolo per la libertà di tutti, così da mantenere accesa la fiammella della verità e mettere in guardia la massa di persone che nulla sa di questo Ddl, a parte le mistificazioni propagate dal sistema mediatico mainstream. Una linea, questa del manifestare comunque, che è stata da subito seguita e difesa con costanza dalle Sentinelle in Piedi.

Com’è noto, alla Camera la maggioranza a trazione 5 Stelle-PD gode di un margine netto che dovrebbe rendere relativamente agevole l’approvazione del testo, mentre più complicato - lo si spera - appare il successivo iter al Senato, dove il divario con l’opposizione (ma sarà compatta?) è meno ampio. Palazzo Madama dovrebbe essere perciò il vero campo di battaglia. Eppure, è chiaro che non si può escludere lo spauracchio di un “sì” definitivo al Ddl Zan prima della pausa agostana, come tante volte è successo nella storia repubblicana.

In questa battaglia i cattolici, confidando in Colui che tutto può, dovranno dare fondo a tutte le loro risorse nella consapevolezza che è un dovere cristiano, al di là dell’esito, combatterla. Per l’11 luglio è prevista anche la partecipazione di alcuni gruppi di evangelici, che condividono i motivi dell’iniziativa. Motivi così riassunti dai promotori di Restiamo Liberi: «In caso di approvazione del testo, sarà possibile per chi gestisce una palestra vietare ai maschi transgender (che si “sentono” donne) l’ingresso nello spogliatoio delle donne? Sarà possibile per un genitore chiedere che il figlio non partecipi ad attività scolastiche inerenti temi sensibili sulla sessualità e la famiglia? Sarà ancora possibile per un sacerdote spiegare la visione cristiana del matrimonio? Sarà possibile dire pubblicamente che la pratica dell’utero in affitto è un abominio o dirsi contrari alla legge sulle unioni civili? Per tutte queste domande il ddl sull’omofobia ha una sola risposta, NO».

Ricordiamo che il Ddl Zan non piace nemmeno a femministe storiche e questo nonostante l’inserimento in extremis, a mo’ di specchietto per le allodole, della norma contro la misoginia: norma che fa a pugni, alla luce della ragione, con la pretesa “identità di genere” propugnata dal testo, come ha efficacemente spiegato al Timone la giornalista Monica Ricci Sargentini, firma del Corriere e femminista radicale subissata di insulti per aver criticato il Ddl.

Che il clima sia pesante, e ben lontano dalle ‘rassicurazioni’ date da Zan nell’(inconsueta) intervista ad Avvenire, lo conferma anche il fresco annuncio della contromanifestazione gay friendly “Spazza l’odio”. Proprio per l’11 luglio. È l’ulteriore riprova che il movimentismo Lgbt considera “odio” - leggi, reato di “omotransfobia” - il fatto di dire che il matrimonio è solo tra uomo e donna e che i figli hanno bisogno di crescere con la loro mamma e il loro papà. Perché questo è in gioco. Ed è per questo che l’11 luglio, e nei giorni che seguiranno, bisognerà scendere in piazza.