Tutti assolti, ma già sottoposti alla gogna mediatica
Chi risarcirà Salvini, Uggetti, Raggi e tanti politici assolti dopo un’odissea processuale e massacrati per anni dai media? Non basta la conquista della libertà, non è sufficiente la riabilitazione pubblica quando c’è stato un vero e proprio processo sui mezzi di informazione fondato su insinuazioni, dicerie, montagne di accuse non dimostrate, bassezze figlie di rivalità politica.
Una lungimirante riforma della giustizia non può non muoversi in due direzioni: responsabilizzare maggiormente le toghe e disciplinare in maniera più puntuale e rigorosa il rapporto tra magistratura e informazione. Sono questi gli insegnamenti che si ricavano da una analisi onesta e imparziale di alcune vicende giudiziarie che hanno riguardato esponenti della classe politica, ad ogni livello istituzionale.
E’ vero che ci vogliono indagini e processi prima di poter condannare o assolvere qualcuno, ma è altrettanto innegabile che c’è modo e modo di accertare la verità dei fatti e di raccontarla nel suo evolversi. L’imperativo imprescindibile è quello di rispettare la Costituzione, applicando il principio di presunzione di innocenza e quello dell’equilibrio tra i poteri, senza prevaricazioni e invasioni di campo.
Lasciando sullo sfondo per un attimo i processi siciliani per la questione immigrazione, Matteo Salvini è stato più volte attenzionato dalle Procure, ma in almeno due occasioni negli ultimi tempi è stata dimostrata l’inconsistenza delle accuse mosse nei suoi confronti. La Procura di Roma ha archiviato l’inchiesta sui voli di Stato utilizzati dall’allora Ministro dell’Interno: nessun abuso è stato commesso, quei voli sono stati utilizzati nell’esclusivo esercizio delle funzioni istituzionali. Anche la Procura di Bologna, mesi fa, ha deciso di archiviare l’inchiesta sulla citofonata di Salvini al presunto spacciatore di droga durante la campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia Romagna. Entrambe le notizie hanno ricevuto una evidenziazione mediatica di gran lunga inferiore a quella delle accuse iniziali. Molti giornali hanno subito trattato da colpevole il Capitano, senza aspettare la chiusura delle indagini. Le sentenze definitive spesso le scrivono le testate giornalistiche, cavalcando l’emotività popolare e contribuendo ad inasprire lo scontro ideologico.
La piaga dei processi mediatici non risparmia neppure gli amministratori locali. Da qualche ora è finito l’incubo di Simone Uggetti, ex sindaco di Lodi del Pd arrestato cinque anni fa per presunte irregolarità nel bando di alcune piscine comunali. La sentenza della Corte d’Appello ha ribaltato quella di primo grado e lo ha assolto “per non aver commesso il fatto”. Uggetti fece undici giorni di detenzione a San Vittore e un mese ai domiciliari prima delle dimissioni da sindaco della cittadina lombarda. E, particolare non di secondo piano, fu massacrato dal giustizialismo grillino della prima ora e dai mezzi d’informazione, che lo trattarono già da corrotto, senza minimamente applicare la presunzione di innocenza. Fanno rabbrividire ancora oggi alcune dichiarazioni pronunciate a caldo da Luigi Di Maio e altri esponenti della galassia pentastellata all’indomani dell’arresto di Uggetti. Non può non far riflettere la apparente piena sintonia tra Pd e Cinque Stelle, che oggi puntano addirittura a siglare un’alleanza organica mentre all’epoca rivendicavano patenti di onestà e moralità l’uno contro l’altro.
Garantismo, questo sconosciuto…soprattutto quando si tenta di lucrare elettoralmente sulle disgrazie altrui, semplicemente avvelenando i pozzi e giocando sulla leggerezza popolare.
Ma la storia si diverte alle spalle degli opportunisti e, a parti invertite, si potrebbe dire la stessa cosa a proposito della assoluzione del sindaco grillino di Roma. Virginia Raggi è stata assolta in via definitiva nell’ambito del processo sulle nomine del Comune di Roma. La Procura generale non ha infatti presentato ricorso in Cassazione per la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte di Appello nel dicembre 2020, verdetto che aveva confermato quello di primo grado del novembre 2018, con cui il giudice monocratico aveva assolto Raggi ”perché il fatto non costituisce reato”.
Raggi era finita a processo con l’accusa di falso in atto pubblico nell’ambito dell’inchiesta sulla nomina (poi ritirata) di Renato Marra a capo del Dipartimento Turismo del Campidoglio, fatti accaduti nell’autunno del 2016. Marra è il fratello di Raffaele, ai tempi a capo del Personale del Campidoglio.
Giustamente il primo cittadino romano, peraltro in corsa per la riconferma, esulta. E si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa con gli avversari politici, dem compresi, che l’avevano dileggiata con la complicità di molti mezzi d’informazione all’epoca del rinvio a giudizio. Peccato, però, che la Raggi appartenga a una forza politica che ha costruito le sue fortune politiche proprio sulla criminalizzazione aprioristica della “casta”, della quale, però, i suoi esponenti fanno oggi parte a pieno titolo. Nella buona e nella cattiva sorte.
Ma oltre alla rivincita della politica sulla magistratura c’è, come detto, il cortocircuito giustizia-informazione, che continua a produrre frutti nefasti. Chi risarcirà Salvini, Uggetti, Raggi e tanti politici assolti dopo un’odissea processuale e massacrati per anni dai media? Non basta la conquista della libertà, non è sufficiente la riabilitazione pubblica quando c’è stato un vero e proprio processo sui mezzi di informazione fondato su insinuazioni, dicerie, montagne di accuse non dimostrate, bassezze figlie di rivalità politica. Chi paga in questi casi? Non si è mai visto, purtroppo, un procedimento disciplinare nei confronti di cronisti giudiziari che, anziché limitarsi a raccontare l’andamento di indagini e processi, ci hanno messo sistematicamente del loro, anticipando in chiave colpevolista le conclusioni di quel caso. Nel post-pandemia, nel mondo nuovo che nascerà sulle ceneri del Covid è lecito sperare in una rinascita della civiltà giuridica e in un recupero della corretta rappresentazione mediatica delle vicende giudiziarie?