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NATO, UE, G7

Trump spariglia le carte in Europa

"Pagate voi per le vostre scelte". E' questo il messaggio chiaro che Trump rivolge agli europei, in occasione del vertice Nato, dell'incontro con i leader europei a Bruxelles e poi a Taormina. Su difesa, commercio, immigrazione e soprattutto sul clima, Trump privilegia gli interessi dei contribuenti americani, minando alla radice l'idea, rassicurante e inquietante al tempo stesso, di una "governance" globale.

Editoriali 28_05_2017
Donald e Melania Trump a Taormina

Fra strette di mani e mani scansate, spallate per farsi largo, la first lady davanti o dietro al presidente, veli e non veli, il gossip politico ha avuto molto lavoro da fare nel corso del primo viaggio all’estero di Donald Trump. Tanto da eclissare quasi del tutto il contenuto di questa visita al Medio Oriente e all’Europa e consegnare al pubblico un prodotto caricaturale già confezionato: quello di un presidente ritratto come un elefante nella cristalleria. A guardare ai contenuti, invece, non esce nulla di rassicurante e nulla di particolarmente gratificante per l’Europa: gli Usa non si impegneranno più incondizionatamente al fianco del Vecchio Continente. E questo vale sia per la mutua difesa (summit Nato a Bruxelles), sia per la politica del clima (G7 a Taormina), motivo, quest’ultimo, della grande arrabbiatura di Angela Merkel.

Il vertice della Nato, riunito a Bruxelles in occasione dell’inaugurazione della nuova sede del quartier generale, ha deluso le speranze di tutti coloro che aspettavano un “mea culpa” del presidente Usa. In campagna elettorale aveva definito “obsoleta” l’Alleanza Atlantica, accusato gli alleati di non pagare la loro parte, messo in discussione il rispetto dell’articolo 5 (reciproca difesa in caso di attacco a un membro dell’Alleanza). La visita a Bruxelles, secondo le anticipazioni, poteva essere il momento di ribadire l’impegno degli Usa a rispettare l’articolo 5 senza condizioni. Ebbene, quel momento non è mai arrivato. E’ stata un’omissione che tutto il mondo diplomatico ha notato, tanto da dominare Twitter. Trump ha pronunciato, piuttosto, un discorso durissimo, in cui ha attaccato i 23 membri su 28 dell’Alleanza che non pagano il 2% del loro Pil per le spese della difesa: il minimo sindacale per appartenere alla Nato. Ha ricordato che sono gli Usa a pagare il 70% delle spese comuni del patto transatlantico. Il messaggio è chiaro: basta formalità, fate anche voi europei la vostra parte. L’appoggio degli Usa non deve essere più dato per scontato.

Già nel corso della tappa a Bruxelles, con la sua breve tappa alla sede della Commissione Europea, Trump aveva incontrato i leader dell’Ue, i suoi interlocutori più difficili, fra cui Jean Claude Juncker che lo aveva platealmente insultato in più occasioni. Secondo i primi resoconti, si sarebbe trattato di un incontro molto amichevole. Nonostante tutto, già trapelavano (per bocca del presidente del parlamento Donald Tusk) le prime difficoltà di intesa. Sul clima soprattutto. Ma c’era di più. Il presidente americano ha infatti ribadito che “I tedeschi sono cattivi, molto cattivi”. Perché: “Guardate quanti milioni di auto vendono negli Usa. Spaventoso. Questo lo fermeremo”. Jean Claude Juncker, un po’ arrampicandosi sugli specchi, un po’ appellandosi alla forza dei dettagli, ha parlato di “fraintendimento” e di “errore di traduzione”. Ma il significato è chiaro. Esattamente come aveva fatto in campagna elettorale e come aveva ribadito nei primissimi tempi della sua amministrazione, Trump accusa la Merkel di fare concorrenza sleale. E promette dazi, se non cambiano le condizioni.

Ma il contrasto con l’Ue è emerso in tutta la sua magnitudine nel corso del successivo G7 di Taormina. Nello scenario incantato della città d’arte siciliana (trasformata per l’occasione in una fortezza, impenetrabile per chiunque, tranne che per la manifestazione di Greenpeace contro Trump), non c’è stata alcuna intesa sul clima. Trump, che ha licenziato la prima proposta di budget, promette di tagliare i fondi alla maggior parte dei programmi per la lotta al cambiamento climatico. E in occasione del G7, non ha annunciato il ritiro degli Usa dagli Accordi di Parigi (sulla riduzione delle emissioni di Co2), ma ha detto che ci rifletterà la prossima settimana. Su questo risultato si è pronunciata Angela Merkel, affermando che si tratta di colloqui “molto insoddisfacenti”. Sull’immigrazione prevale la formula spinta da Trump: “riaffermano il diritto sovrano degli Stati, individualmente e collettivamente, a controllare i loro confini e a stabilire politiche nel loro interesse nazionale e per la sicurezza nazionale”. E anche in questo caso ne esce sconfitta la linea sia Angela Merkel che del premier italiano Gentiloni. Infine, tutti i 7 Grandi accettano il libero mercato e la lotta al protezionismo, ma “rifiutando anche le pratiche commerciali scorrette”.

I reportage che parlano di una Angela Merkel indignata sono coerenti con questi risultati. Trump difende gli interessi dei contribuenti americani, su tutta la linea. Non si considera più vincolato dai legami con l’Europa in modo incondizionato. Contrariamente ai suoi predecessori, non sente più, neppure nell'atteggiamento, quel senso di inferiorità che gli americani solitamente avvertono quando si rivolgono all’altra sponda dell’Atlantico, all’origine della loro cultura. L’atteggiamento dell’imprenditore divenuto presidente è un “se vi vanno bene queste condizioni, siamo amici, se no addio”. “Alleanze vincolanti con nessuno”, recita l’antica massima isolazionista degli Stati Uniti e Trump pare la stia mettendo in pratica.

Questo atteggiamento provoca indignazione in Europa, ma perché, a questo punto, sono gli europei a sentirsi in debito. Da un punto di vista militare, le democrazie europee dovranno imparare a stare maggiormente sulle loro gambe, convincere le loro riluttanti opinioni pubbliche a pagare di più per la difesa, un settore sempre meno spendibile nel mercato dei voti. Per quanto riguarda il commercio, il monito di Trump alla Germania è un invito a riflettere per tutti i membri dell’Ue: giusta o ingiusta che sia l'accusa (a livello politico, quel che conta è che l'accusa è stata ormai lanciata), se il discorso della concorrenza sleale vale per gli Usa, perché non dovrebbe valere anche per l’Italia, o per qualunque altro paese che compete con i tedeschi? Terzo: sul clima Trump contribuisce a spezzare quella sorta di unanimismo che Obama aveva creato. Se con l’Accordo di Parigi ci si poteva cullare nell’illusione che “tutto il mondo” lotta contro il cambiamento climatico, ora questa politica verde appare più come una scelta nazionale. Che ha i suoi costi e i suoi benefici. Sta al singolo paese scegliere. Un eventuale ritiro degli Usa dagli Accordi di Parigi, ostacolerebbe anche la formazione di una “governance globale” sul clima, che, partendo dalla lotta al riscaldamento globale, si potrebbe estendere a tanti altri campi direttamente connessi: l’industrializzazione del mondo in via di sviluppo, il controllo delle nascite, la gestione dell’emigrazione, tanto per citare i tre aspetti più importanti.