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SPRECHI MILITARI

Trump attacca l'F35. Ora piace ai pacifisti

Chi l’avrebbe mai detto che Donald Trump avrebbe trovato estimatori nella sinistra pacifista italiana? Il suo tweet contro i costi esagerati del programma F-35 ha subito riscosso consensi nella sinistra del Partito Democratico. Che ora cita Trump per tagliare il programma in Italia.

Esteri 15_12_2016
Donald Trump

Chi l’avrebbe mai detto che appena un mese dopo aver vinto le elezioni presidenziali Donald Trump avrebbe trovato estimatori nella sinistra pacifista anche italiana? 

E’ bastato un tweet contro il cacciabombardiere F-35 prodotto da Lockheed Martin per far sbocciare l’amore tra il neo presidente fino a pochi giorni or sono considerato persino un razzista, e la sinistra pacifista. Trump ha definito il costo del velivolo “fuori controllo” aggiungendo che “miliardi di dollari sulle spese militari e altre forniture possono e saranno risparmiati dopo il 20 gennaio”, cioè dopo il suo insediamento alla Casa Bianca. L’F-35 rappresenta il programma militare più costoso nella storia, caratterizzato da anni di ritardi, guai tecnici finora irrisolti e costi in continua ascesa. E per le stesse ragioni una vera “icona negativa” per i pacifisti.

L’aereo è previsto venga prodotto in oltre 3mila esemplari dei quali 2.400 per le forze aeree Usa e gli altri per 12 forze alleate, inclusa quella italiana. Numeri per ora teorici perché non è ancora chiaro neppure quanto costeranno questi aerei da combattimento, i primi nella storia a entrare in produzione a basso rateo prima che ne venga completato lo sviluppo e risolti i numerosi problemi tecnici. Nemico giurato dei pacifisti che in Italia hanno scatenato da anni una dura campagna contro un programma che ottimisticamente ci costerà 13 miliardi di euro in 30 anni, l’F-35 ha creato un’imprevista comunanza tra le valutazioni Trump e della sinistra italiana.

L’onorevole del PD Gian Piero Scanu, primo firmatario della mozione che il 24 settembre 2014 chiese una revisione critica del programma e il dimezzamento del budget, sottolinea come “quello che Donald Trump dice oggi sugli F35, il PD lo ha già messo nero su bianco due anni fa con un voto alla Camera” esortando il governo a “muoversi di conseguenza”. Secondo Scanu “le dichiarazioni di Donald Trump costituiscono una autorevole certificazione della bontà delle posizioni espresse a suo tempo dal PD e successivamente rese cogenti da un voto della Camera dei Deputati. Sono sicuro che il nuovo governo, anche alla luce di queste significative puntualizzazioni, vorrà rispettare fedelmente le decisioni assunte dal Parlamento su proposta dei deputati democratici”.

Di ben altro parere il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, anch’essa del PD, che ritiene l’aereo necessario per rinnovare le flotte di Aeronautica e Marina e ricorda che per il jet americano abbiamo già speso tre miliardi. L’Italia si è impegnata a dotare Aeronautica e Marina di 90 velivoli, 60 in versione A e 30 in versione B a decollo corto e atterraggio verticale, di cui 10 già contrattualizzati, 6 in meno del previsto per limitare i cisti che, per i primi esemplari sono intorno ai 150 milioni ad aereo. 

Se le dichiarazioni di Trump dovessero portare alla riduzione della commessa delle forze statunitensi, i costi per ogni singolo velivolo crescerebbero, ricadendo anche sui jet prodotti per gli alleati. Il tweet è stato sufficiente a far crollare in Borsa il titolo di Lockheed Martin, che lunedì è sceso di oltre il 4% trascinando e tutto il comparto industrial militare con le più importanti aziende partner del programma quali Northrop Grumman, BAE Systems e United Technology. Lockheed Martin ha prontamente replicato al tweet di Trump in cui sottolinea gli sforzi effettuati per ridurre i costi dell’F-35. “La proiezione del costo dell’aereo al 2019-2020 è di 85 milioni di dollari. A quel prezzo l’F-35 sarà meno costoso di qualsiasi aereo di quarta generazione al mondo. E sarà invece di quinta generazione, che è un enorme vantaggio tecnologico per tutti coloro che utilizzeranno l’aereo”.

Il Pentagono lamenta da anni i riardi e le carenze dell’F-35: software inadeguato, difficoltà di integrazione dei diversi sistemi, limitato carico bellico e scarse capacità di sopravvivenza. Il rapporto firmato nell’agosto scorso da Micheal Gilmore, direttore dell’Operational Test and Evaluation Directorate del Pentagono, sostiene che” il programma non è sulla strada del successo ma invece su quella di un fallimento" nel raggiungere la piena e totale operatività.

Alcuni osservatori sono rimasti colpiti dall’aggressivo tweet di Trump, considerato un “militarista”, non solo perché intende rafforzare lo strumento bellico di Washington ma anche perché ha già messo tre generali nel suo staff. Eppure appena una settimana prima Trump aveva lanciato, sempre con un tweet, un siluro anche a Boeing liquidando i due nuovi velivoli B-747 da impiegare come aerei presidenziali (Air Force One) che dovrebbero entrare in servizio nel 2024. Il programma d’acquisto è stato definito “completamente fuori controllo” e con “costi ridicoli”. Difficile interpretare da un tweet le reali volontà di Trump tenuto conto che il programma F-35 è “tropo grande per poter fallire” come sostengono in molti al Pentagono perché il suo crollo travolgerebbe molte aziende e lascerebbe le forze armate senza un moderno sostituto per le flotte di ormai vecchi F-16, F-15 e F/A-18.

Probabile quindi che l’obiettivo di Trump sia indurre Lockheed Martin e in generale il comparto industriale della Difesa a ridurre i costi almeno delle commesse interne facilitando così i programmi di riarmo promessi in campagna elettorale per “creare un’America ancora grande”.