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MEDIO ORIENTE

Trump accolto in Israele da vincitore. Speranze per una pace duratura

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Donald Trump sarà accolto oggi come un vincitore in Israele, come l'unico uomo che ha saputo porre fine alla guerra e far rientrare gli ostaggi. Speranze anche in Cisgiordania e nel mondo arabo. Ma a Gaza la guerra è davvero finita? Le possibilità che scoppi di nuovo sono molto alte. Iniziato stamattina il rilascio dei 20 ostaggi israeliani.
- «Per la pace bisogna disarmare i cuori», di Nico Spuntoni

Esteri 13_10_2025
Manifestazioni di giubilo per Trump a Tel Aviv (La Presse)

- Aggiornamento ore 8.00: È iniziato poco dopo le 7 (ora italiana) il rilascio dei 20 ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, che dovrebbe concludersi entro le 9. Una enorme folla a Tel Aviv segue in diretta le fasi del rilascio.

Sarà accolto come l’unico vincitore. L’uomo che ha saputo imporre il cessate il fuoco a Gaza. Questa mattina, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dopo una breve cerimonia di benvenuto all’aeroporto Ben Gurion, si recherà alla Knesset, il parlamento israeliano, dove terrà un discorso, il primo di un presidente statunitense dopo dieci anni, e incontrerà, assieme al primo ministro Benjamin Netanyahu, una rappresentanza delle famiglie degli ostaggi. Nel pomeriggio sarà in Egitto, a Sharm el-Sheikh, al vertice della pace per la firma dell’accordo tra Israele e Hamas. Trump siederà a fianco del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Ci saranno i leader di diversi Stati arabi ed europei, Italia compresa, ma alla firma saranno assenti i due attori principali: Israele e Hamas, oltre all’Autorità palestinese.

Mentre Israele attendeva con ansia il ritorno di tutti gli ostaggi, compresi quelli non più in vita, molte città israeliane sono state tappezzate con manifesti, che riportavano le foto dei prigionieri e un solo slogan: “Grazie Trump. Bentornati a casa”. Ma anche in Cisgiordania, a Betlemme, Ramallah, Jenin, Nablus e in altri centri minori, sono apparsi numerosi manifesti murali con un unico messaggio: “Vogliamo la pace. Basta occupazione. Due popoli, due Stati”. Regna, insomma, una grande euforia in entrambi i paesi, dove l’accordo per il cessate il fuoco è stato accolto favorevolmente. Ma va detto che non si possono nascondere le preoccupazioni, che quella che si sottoscriverà oggi, è un’intesa fragile, nel momento in cui verranno al pettine i nodi degli altri punti dell’ormai noto piano di Trump. E già i segnali si registrano in entrambe le parti.

Mentre l’areo presidenziale di Trump si trovava sulla pista per il decollo, il capo di Stato maggiore delle forze armate israeliane, Eyal Zamir dichiarava: «Non siamo alla fine della guerra, ma alla fine della sua prima fase» e il ministro della Difesa, Israel Katz, rincarava la dose sul suo profilo social: «La grande sfida per Israele, dopo il ritorno degli ostaggi, sarà la distruzione di tutti i tunnel di Hamas a Gaza». Ma anche da Gaza arrivano segnali preoccupanti. Hamas avrebbe già richiamato oltre settemila miliziani per riprendere il controllo del territorio, ribadendo che verrà respinta ogni richiesta di disarmo, anche se prevista dall’accordo. Il motivo? Lo chiarisce un dirigente del gruppo che risiede fuori dalla Striscia: «Impossibile lasciare Gaza in balia delle scorribande di ladri e soprattutto delle milizie create e sostenute dal governo israeliano. Per Hamas - ha concluso - governare la Striscia di Gaza è una questione chiusa. Hamas non prenderà parte alla fase di transizione, se lo facesse significa che ha rinunciato al controllo della Striscia».

È noto, infatti, che Israele abbia armato e stia tuttora finanziando dei gruppi militarizzati. In particolare, la milizia guidata da Yasser Abu Shabab. La banda, nota per attività criminali e saccheggi, si è impossessata, in più occasioni, di carichi di aiuti umanitari destinati alla popolazione, immettendoli, poi sul mercato nero a prezzi proibitivi. Ma c’è anche la milizia di Hussam al-Astal, che combatte Hamas nella regione di Khan Younis che ha dichiarato: «Combatteremo Hamas finché non sarà sconfitto. Siamo qui e non andremo da nessuna parte». Israele ha creato queste bande di jihadisti per rafforzare l’opposizione ad Hamas, fornendo armi leggere e pesanti.

Nella Striscia la popolazione vive momenti di euforia, ma anche di sgomento. Alla mente ritorna quel tragico 18 marzo di quest’anno, quando, poco dopo la firma della tregua, le truppe israeliane hanno interrotto il cessate il fuoco, riprendendo i bombardamenti a tappeto. E non può esser dimenticato nemmeno quel video, creato dall’Intelligenza artificiale, in cui si vede la Striscia di Gaza trasformata in una Las Vegas del Medio Oriente. Ma ora, tra disperazione, sconforto e angoscia si va alla ricerca dei corpi rimasti sotto le macerie, sicuramente in fase di decomposizione, per poterli seppellire. Già 155 salme sono state recuperate tra i cumuli delle rovine degli edifici distrutti, mentre le squadre di soccorso hanno riferito che circa 9.500 palestinesi risultano tuttora dispersi.

Ricerca che sta portando alla luce anche delle bombe-giocattolo o scatole di cibo piene di esplosivo che sarebbero state abbandonate dall’esercito israeliano prima del ritiro. Le autorità di Gaza, naturalmente, hanno invitato la popolazione a non raccogliere oggetti sospetti.

Migliaia di sfollati, nel frattempo, stanno facendo ritorno a Gaza City e nelle aree circostanti, a piedi o utilizzando auto, camion e carretti trainati da asini, per strade disseminate di macerie e rovine, scheletri di edifici, cumuli di detriti provocati da due anni di guerra. Una fila interminabile di superstiti si è messa in cammino in direzione della capitale, ben consapevoli di quello che troveranno. Un conflitto, che da quel tragico e orrendo 7 ottobre del 2023, ha provocato la morte di 67mila palestinesi e il ferimento di circa 170.000, la stragrande maggioranza composta da donne e bambini, mentre la carestia ha prodotto una catastrofe umanitaria che ha causato la morte di 460 persone, tra cui 154 bambini.

Nel frattempo, gli abitanti della Cisgiordania sperano che il presidente Trump possa intervenire anche a loro favore, fermando razzie e occupazioni dei coloni, che sanno di poter contare sul sostegno del governo guidato da Benjamin Netanyahu. Ieri mattina, hanno dato fuoco a un veicolo nel villaggio cristiano di Taybeh, a est di Ramallah e hanno rubato pecore e distrutto alberi di ulivo.