Trudeau vittima del suo stesso antirazzismo
Le elezioni in Canada si terranno il prossimo 21 ottobre. Il premier uscente, il liberal Justin Trudeau, è nei guai. Il Time Magazine ha scoperto un capitolo oscuro del suo passato. Non si parla né di tangenti, né di scandali sessuali. In questo caso di oscura c’era solo la tinta del suo volto: Trudeau si era travestito da nero a feste in maschera
Le elezioni in Canada si terranno il prossimo 21 ottobre. Il premier uscente, il liberal Justin Trudeau, è nei guai. Il Time Magazine ha scoperto un capitolo oscuro del suo passato. Non si parla né di tangenti, né di scandali sessuali. In questo caso di oscura c’era solo la tinta del suo volto: Trudeau è accusato di essersi vestito e truccato da nero in più occasioni
Tutto è iniziato con la pubblicazione, da parte del Time, di una foto in cui, tinto di nero e col turbante, si era vestito da Aladino alla festa Arabian Nights alla West Point Grey Academy. Poi altri organi di stampa hanno iniziato a pubblicare foto di Trudeau vestito da nero d’America in concerti e feste, al liceo e all’università. Lo scandalo è stato diffuso dai media nazionali e internazionali. Ma perché travestirsi da nero, da arabo, da indiano, o con un costume non appartenente alla propria cultura dovrebbe fare “scandalo”?
Molti di noi, a carnevale, si saranno sicuramente travestiti da indiano d’America (dizione corrente corretta: nativo americano), da indiano col turbante, da nero d’America (dizione corrente corretta: afro-americano) magari anche con parruccone di capelli finti voluminosi e ricci. Chi scrive si è travestito persino da cinese, all’età di 7 anni. Ebbene, a quanto risulta, abbiamo uno “scheletro nell’armadio” che potrebbe rovinarci la vita e un'eventuale carriera pubblica, anche se non abbiamo neppure lontanamente pensato di commettere un atto di razzismo. Non ci ha pensato nemmeno Trudeau, quando era ragazzo. Ora, però, secondo la cultura corrente, questa è una colpa, retroattiva e che non cade mai in prescrizione. La chiamano: appropriazione culturale. E viene punita come un atto di razzismo vero e proprio, come se fosse un insulto. Con la cenere sul capo Trudeau si è mostrato estremamente dispiaciuto per il suo passato, quasi coi toni derelitti di chi ammette di aver commesso crimini di guerra. Ne parla come di una colpa “sempre inaccettabile, a prescindere dal contesto e dalle circostanze”, commessa perché era “accecato dalla mia condizione di privilegio”.
I rivali politici di Trudeau, sia di destra che di sinistra, non vedevano l’ora di sfruttare un suo punto debole e (ovviamente) rincarano la dose. Il conservatore Andrew Scheer dichiara: “Come tutti i canadesi, sono estremamente colpito e deluso da quanto ho appreso sulle azioni di Justin Trudeau”. Colpito e deluso… da feste in maschera. “Tingersi il volto di nero è un atto di aperto dileggio e razzismo”, ha spiegato Scheer. Più motivato ancora è il leader del partito di sinistra Ndp (New Democratic Party) Jagmeet Singh, indiano sikh, che definisce il comportamento passato di Trudeau come “disturbante” e “insultante”: “Penso che debba risponderne. Penso che debba rispondere sul perché lo ha fatto e su cosa pensa delle persone che, per quello che sono, per il colore della loro pelle, devono incontrare ostacoli e barriere nella loro vita”. Poi: “I bambini che vedono questa immagine, le persone che vedono questa immagine, staranno pensando a tutte le volte in cui, nella loro vita, sono stati dileggiati, feriti, colpiti, insultati, trattati come inferiori per quello che erano. E io voglio rivolgermi a questa gente, proprio ora”. Ripetiamolo: tutto questo per travestimenti in feste in maschera.
Trudeau fa doppiamente scandalo anche perché ha fatto dell’anti-razzismo la sua bandiera. Nel discorso che ha tenuto al Parlamento britannico ha dichiarato che il peggior pericolo della nostra epoca è il "suprematismo bianco". La composizione del suo governo è stata studiata apposta per includere donne e membri delle minoranze. Trudeau è stato uno dei maggiori proponenti del controllo dell'informazione, nel nome della lotta al linguaggio di odio e agli stereotipi razziali e di genere. Quest’estate il governo federale ha promosso una politica anti-razzista, un piano da 45 milioni di dollari per combattere ogni forma di discriminazione, nelle scuole, sul lavoro, nello sport, nelle comunità e (naturalmente) anche nel linguaggio. Di questi 45 milioni, infatti, 5 milioni sono dedicati a un programma per contrastare “la disinformazione e il linguaggio di odio”. Fra cui anche la lotta alla “islamofobia” e ad ogni forma di razzismo nei confronti delle minoranze. Chi di antirazzismo ferisce, di antirazzismo perisce: Trudeau è ora vittima della sua stessa politica.
Antirazzismo, per altro, che non ha più nulla a che vedere con la lotta contro le discriminazioni legali, ma che sta diventando un’ideologia a sé. Qui infatti non si tratta più di rimuovere barriere legali o di liberare cittadini di etnie minoritarie da una condizione di schiavitù, segregazione o discriminazione. In questa politica è in gioco ben altro: si cambia il linguaggio, si lavora sulla società come in una gigantesca terapia di gruppo, si tenta di prevenire la sensazione di disagio di chi potrebbe sentirsi insultato, offeso o dileggiato, si lavora sui sentimenti e non sui fatti oggettivi. Non si parla più di libertà, neppure di uguaglianza di fronte alla legge, ma si parla di “inclusione”: far sentire a casa propria lo straniero, il diverso, il membro di una minoranza. Una politica che, implicitamente, ammette che certi cittadini sono stranieri, diversi e membri di minoranze, non è per caso… razzismo?